Magydaris pastinacea

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Basilisco
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseRosidae
OrdineApiales
FamigliaApiaceae
GenereMagydaris
SpecieM. pastinacea
Nomenclatura binomiale
Magydaris pastinacea
(Lam) Paol., 1900
Sinonimi

Magydaris tomentosa (Desf.) DC.

Nomi comuni

basilisco

Il basilisco (Magydaris pastinacea (Lam) Paol.) è una pianta appartenente alla famiglia delle Apiaceae.[1] Fiorisce a maggio-giugno. L'epiteto specifico deriva dal latino ‘pastinaca’ (pastinaca, carota) in riferimento alla somiglianza con queste specie; il nome generico dal greco μάγύδαρις, nome di una pianta citata da diversi autori, ma di non chiara attribuzione, per taluni il silfio[2].

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Il basilisco cresce in Sardegna, in Sicilia e in una stazione isolata nel Lazio nei pressi di Terracina[3]. Cresce fino a 800 m, nelle garighe presso i litorali, più raramente in luoghi disturbati e lungo le strade, su suoli piuttosto freschi almeno in inverno e primavera, e nella fascia mediterranea.

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]

Forma biologica: emicriptofita scaposa. Pianta perennante per mezzo di gemme poste a livello del terreno. Si presenta con fusto eretto, sottilmente striato, con midollo bianco e il diametro alla base di 1–3 cm. Le foglie basali sono lunghe 5-10 dm a contorno triangolare, incompletamente divise in 7 lobi profondi e più o meno accorciati presentano il bordo lobato e crenato con un tubercolo bianco all'apice dei nervi, la lamina è coriacea verde-scuro nella pagina superiore. Le ombrelle sono composte da 40-50 raggi (con diametro di 2–3 mm) lunghi fino a 10 cm; l'involucro è costituito da 10-15 brattee lesiniformi, bianco-membranose sul bordo, talora divise all'apice. Le bratteole sono lineari (1,5 x 25 mm), il calice pubescente e i petali bianchi hanno entrambi una lunghezza di 2 mm.[3]

Usi tradizionali[modifica | modifica wikitesto]

Nella tradizione popolare sarda la M. pastinacea trova impiego nell'artigianato: col fusto secco, si creano dei panchetti chiamati bankìtta di firrulòni.

L'ombrella, grande e vistosa, e il peduncolo che la supporta, si prestano all'essiccazione e possono essere adoperate nelle composizioni floreali.

Infine, la M. pastinacea viene utilizzata nell'alimentazione del cavallo. Da osservazioni effettuate nel territorio di Dorgali risulta infatti che tale pianta, mentre viene rifiutata da diversi tipi di bestiame, viene brucata dagli equini. Si deve comunque tenere in considerazione che la pianta è fototossica[4] a causa del contenuto in furocumarine.

Farmacognosia[modifica | modifica wikitesto]

Contiene: la cumarina Ostolo e le furocumarine: Imperatorina, Isopimpinellina, Bergaptene, Xantotossina e Heraclenolo che sono state isolate per la prima volta dal genere Magydaris[5], mentre i composti Umbelliprenina, Fellopterina e Heraclenina sono stati precedentemente isolati da altre fonti naturali.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Magydaris pastinacea, in The Plant List. URL consultato il 10 novembre 2015.
  2. ^ Acta Plantorum
  3. ^ a b Pignatti Sandro, Flora d'Italia, Ed. Agricole Bologna, 1982.
  4. ^ A. D. Atzei, Le piante nella tradizione popolare della Sardegna, C. Delfino Editore, 2003.
  5. ^ Riccardo Cerri Pintore et al., Il Farmaco, 1995; 50, 12: 841-848

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