Live in Seattle (John Coltrane)

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Live in Seattle
album dal vivo
ArtistaJohn Coltrane
FeaturingPharoah Sanders
Pubblicazione1971
Dischi2
Tracce4 (LP) 6 (CD)
GenereJazz
Free jazz
EtichettaImpulse! Records
AS-9202
ProduttoreBob Thiele
Registrazione30 settembre 1965
John Coltrane - cronologia
Album precedente
(1970)
Album successivo
(1971)

Live in Seattle è un doppio album live del musicista jazz John Coltrane registrato nel 1965, con la partecipazione di Pharoah Sanders, e pubblicato postumo dalla Impulse! Records nel 1971 (n. cat. AS-9202).

Il disco[modifica | modifica wikitesto]

Nel periodo dal 14 al 26 settembre 1965, il John Coltrane Quartet suonò in un ingaggio presso il Jazz Workshop di San Francisco.[1] Il sassofonista Pharoah Sanders, della cui musica Coltrane era un ammiratore, e che aveva già registrato con lui in Ascension, venne a sentire il gruppo e fu invitato a fermarsi con la band nel dopo concerto. Secondo quanto riportato da Sanders: «[Lui] mi disse che stava pensando di cambiare il gruppo e di dare una svolta alla propria musica, per provare sonorità differenti. Mi chiese di suonare con lui».[2] Anche il polistrumentista Donald Garrett, che aveva suonato nel gruppo di Coltrane nel 1961 come secondo bassista,[3] fu invitato ad unirsi alla band. Al termine delle due settimane di ingaggio, sia Sanders sia Garrett suonarono insieme a Coltrane dal 27 settembre al 2 ottobre, in occasione di un nuovo ingaggio presso il locale The Penthouse di Seattle.[1]

Durante la permanenza a Seattle, Coltrane decise di registrare a proprie spese il gruppo appena ampliato, assumendo l'ingegnere del suono Jan Kurtis per il concerto del 30 settembre.[4] Circa 3 ore e mezza di concerto furono registrate quella sera e, quattro anni dopo la morte di Coltrane, quattro pezzi, Cosmos, Out Of This World, Evolution e Tapestry In Sound, furono scelti per l'inclusione nel doppio LP originale, con Out Of This World ed Evolution divise su due facciate.[5] Due altri brani, Body and Soul e una versione incompleta di Afro Blue, che sfuma dopo circa una trentina di minuti, furono aggiunte per la ristampa in CD dell'album, e le precedentemente divise Out Of This World ed Evolution furono riunite per creare continuità.[6] (Afro Blue vede la presenza al sax contralto di un musicista non identificato ufficialmente; anche se si è spesso ipotizzato che possa trattarsi di Carlos Ward o Joe Brazil.)[7]

Il giorno seguente, il 1º ottobre, il gruppo di Coltrane, insieme a Joe Brazil, entrò nello studio di Jan Kurtis, i Camelot Sound Studios di Lynnwood, Washington, per incidere Om.[8] Il 2 ottobre, il gruppo tornò al The Penthouse e suonò la musica poi inclusa nell'album A Love Supreme: Live in Seattle.

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[9]
The Penguin Guide to Jazz[10]
The Rolling Stone Jazz Record Guide[11]

Si tratta di una delle esperienze di ascolto più "estreme" dell'intera discografia di Coltrane a causa della lunga durata dei brani e della complessità improvvisativa degli stessi.

Scott Yanow, recensore di AllMusic, mise così in guardia gli ascoltatori: "Gli esperti di Coltrane sanno che il 1965 fu l'anno nel quale la sua musica divenne atonale e, con l'aggiunta di Sanders, spesso molto violenta. Questa musica, quindi, non è per i fan del primo Coltrane o per quelli che preferiscono il jazz come musica melodica di sottofondo... Questa è musica innovativa e difficile che fa sembrare i giovani leoni del jazz odierno (per non menzionare i sassofonisti pop) molto "vecchio stile" a confronto".[12]

In un articolo del Seattle Weekly, David Stoesz scrisse che l'album è "un documento così inesorabilmente crudo e abrasivo del Coltrane del tardo periodo che può essere una sfida ascoltarlo tutto", e fece notare: "In un certo senso, segna anche l'inizio della fine per il quartetto classico di Coltrane, una band universalmente classificata tra le più grandi formazioni jazz di tutti i tempi... Coltrane stava ora entrando in un reame così lontano che i suoi fidati compagni, con i quali aveva registrato A Love Supreme, Crescent e My Favorite Things - non lo potevano più seguire. Quello che cercava ora era pura sensazione, al di là delle note, e certamente al di là di qualsiasi cosa così banale come lo swing e gli accordi."[13]

Tracce[modifica | modifica wikitesto]

Versione LP (1971)[modifica | modifica wikitesto]

Disco 1

Musiche di John Coltrane & Pharoah Sanders, eccetto dove indicato diversamente.

  1. Cosmos – 10:49
  2. Out of This World – 24:20 (Harold Arlen, Johnny Mercer)
Disco 2

Musiche di John Coltrane & Pharoah Sanders, eccetto dove indicato diversamente.

  1. Evolution – 36:10
  2. Tapestry in Sound – 6:07 (Jimmy Garrison)

Versione CD (1994)[modifica | modifica wikitesto]

CD 1

Musiche di John Coltrane & Pharoah Sanders, eccetto dove indicato diversamente.

  1. Cosmos – 10:49
  2. Out of This World – 24:20 (Harold Arlen, Johnny Mercer)
  3. Body and Soul – 21:03 (Frank Eyton, Johnny Green, Edward Heyman, Robert Sour)
  4. Tapestry in Sound – 6:07 (Jimmy Garrison)
CD 2

Musiche di John Coltrane & Pharoah Sanders, eccetto dove indicato diversamente.

  1. Evolution – 36:10
  2. Afro-Blue (incompleta) – 34:15 (Mongo Santamaría)

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Lewis Porter, Chris DeVito, Yasuhiro Fujioka, David Wild e Wolf Schmaler, The John Coltrane Reference, Routledge, 2008, pp. 330.
  2. ^ Lewis Porter, John Coltrane: His Life and Music, University of Michigan Press, 1999, pp. 264.
  3. ^ Lewis Porter, Chris DeVito, Yasuhiro Fujioka, David Wild e Wolf Schmaler, The John Coltrane Reference, Routledge, 2008, pp. 217.
  4. ^ Lewis Porter, John Coltrane: His Life and Music, University of Michigan Press, 1999, pp. 265.
    - Lewis Porter, Chris DeVito, Yasuhiro Fujioka, David Wild e Wolf Schmaler, The John Coltrane Reference, Routledge, 2008, pp. 744.
  5. ^ John Coltrane Featuring Pharoah Sanders – Live In Seattle, su Discogs. URL consultato il 1º vgiugno 2020.
  6. ^ John Coltrane – Live In Seattle, su Discogs. URL consultato il 1º giugno 2020.
  7. ^ Lewis Porter, Chris DeVito, Yasuhiro Fujioka, David Wild e Wolf Schmaler, The John Coltrane Reference, Routledge, 2008, pp. 743–744.
  8. ^ Lewis Porter, Chris DeVito, Yasuhiro Fujioka, David Wild e Wolf Schmaler, The John Coltrane Reference, Routledge, 2008, pp. 745.
  9. ^ Allmusic Review, su allmusic.com.
  10. ^ Richard Cook e Brian Morton, The Penguin Guide to Jazz Recordings, 9th, Penguin, 2008, p. 291, ISBN 978-0-14-103401-0.
  11. ^ Recensione di Rolling Stone, su rollingstone.com. URL consultato il 21 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 15 luglio 2009).
  12. ^ Yanow, S. Recensione su Allmusic - Consultato il 7 luglio 2009.
  13. ^ (EN) David Stoesz, Coltrane, Live at 45, su seattleweekly.com, Seattle Weekly, 28 settembre 2010. URL consultato il 23 novembre 2022.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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