Ingannapreti

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Ingannapreti
Origini
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
DiffusioneRomagna
Dettagli
Categoriaprimo piatto

Gli ingannapreti sono un tipo di pasta all'uovo, simili ai cappelletti, ma privi di ripieno[1], tipici della Romagna, in particolare della zona di Ravenna e Cervia. Tradizionalmente sono serviti come primo piatto.

Il gastronomo Graziano Pozzetto nel suo glossario dedicato alle paste romagnole[2] li identifica con la denominazione romagnola - dichiaratamente non priva di ironia- di fota-prit (inganna preti)[3]. All'origine ci sarebbe l'obiettivo delle azdore (le massaie romagnole) di fare bella figura al pranzo domenicale, nonostante le ristrettezze economiche. A questo scopo, si ingegnavano nel realizzare un tipo di pasta che richiamasse l'aspetto dei cappelletti, ma senza il ripieno, e che, quindi, ironicamente "ingannasse" il prete, che tradizionalmente era invitato come ospite a pranzo la domenica[3][4]. Il nome ingana purèt (in romagnolo, "inganna poveri")[1], anch'esso usato, indicherebbe un'alternativa al cappelletto per chi non poteva permettersi gli ingredienti del tradizionale ripieno.

Preparazione[modifica | modifica wikitesto]

Sono ricavati da una sfoglia preparata con uova e farina, che viene tagliata in riquadri di 3 cm di lato (o della dimensione desiderata) con l’apposita rotella dentata. I riquadri vengono lasciati vuoti, senza l’aggiunta di ripieno, e vengono chiusi in due fasi, secondo il procedimento adottato per i cappelletti: dapprima si piega la sfoglia a triangolo avendo cura di unire, schiacciandole con le dita, solo le due punte al vertice. Successivamente, il triangolo ottenuto viene avvolto e chiuso attorno al dito indice, facendo combaciare e unire le punte delle due estremità. In questo modo si ottiene una forma a cono, simile a quella del cappelletto[5].

Vengono lessati per pochi minuti e tradizionalmente conditi con ragù o sugo o serviti in brodo di carne[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Le paste fatte in casa- Museo della vita contadina, su vitacontadina.ra.it. URL consultato il 25 marzo 2023.
  2. ^ Graziano Pozzetto, Le minestre romagnole di ieri e di oggi, Rimini, Panozzo, 2009.
  3. ^ a b Graziano Pozzetto, Le minestre romagnole di ieri e di oggi (PDF), in La Ludla - Periodico dell’Associazione “Istituto Friedrich Schürr” per la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo, XVI, Cesena, Il Ponte Vecchio, luglio-agosto 2012, p. 6.
  4. ^ Ingannapreti, su Esperimenti in cucina: una Biologa ai fornelli, 17 marzo 2021. URL consultato il 25 marzo 2023.
  5. ^ Alessandro Molinari Pradelli, La cucina dell'Emilia-Romagna in 450 ricette tradizionali, collana La cucina regionale italiana, Roma, Newton & Compton, 2003 [1998], pp. 107-108, ISBN 88-8289-927-6.
  6. ^ Ingannapreti, su quellalucinanellacucina.it. URL consultato il 25 marzo 2023.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]