Governo ''ad interim'' iracheno

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Il Governo "ad interim" iracheno è stato istituito dalla Coalizione multinazionale in Iraq, la quale è stata costituita dagli Stati Uniti con alcuni suoi alleati come governo provvisorio per amministrare l'Iraq fino alla redazione della nuova Costituzione in base alle elezioni parlamentari del 30 gennaio 2005 che avrebbero determinato la composizione dell'Assemblea nazionale. Il Governo "ad interim" stesso aveva preso il posto dell'Autorità Provvisoria di Coalizione e del Consiglio di governo iracheno il 28 giugno del 2004, per poi essere sostituito dal Governo di transizione iracheno il 3 maggio del 2005.

Organizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Il Primo ministro iracheno "ad interim", Iyad Allawi.

Il Governo "ad interim" iracheno è stato riconosciuto da Stati Uniti, Nazioni Unite, Lega Araba e da numerosi altri Paesi, come governo sovrano dell'Iraq. Gli USA lo considerarono come significativo potere de facto nel Paese e criticarono quanti vollero invece considerarlo come un organismo creato per compiacere gli Stati Uniti e i loro alleati della Coalizione, le cui forze militari rimasero in Iraq. La Coalizione promise che le sue truppe avrebbero lasciato l'Iraq se il nuovo governo, nel pieno delle sue responsabilità, lo avesse richiesto, ma nessuna richiesta fu fatta in tal senso.

La Legge e il Capo del governo[modifica | modifica wikitesto]

Il Capo del governo fu il Primo ministro Iyad Allawi e il suo vice fu l'influente e carismatico Barham Salih. Il Presidente della Repubblica irachena fu Ghazi Mash'al Ajil al-Yawar. Tutti prestarono giuramento in una seconda cerimonia pubblica svoltasi il 28 giugno 2004, poco tempo dopo una cerimonia più ristretta e privata in cui Paul Bremer, Administrator dell'Autorità Provvisoria di Coalizione (di fatto il Governatore civile dell'Iraq, voluto dal Presidente USA George W. Bush), formalmente consegnò al responsabile della Giustizia, Midhat Mahmud, i documenti legali per il passaggio delle consegne.

In assenza di una Costituzione Permanente, il nuovo governo operò sotto la Legge d'amministrazione per lo Stato dell'Iraq nel periodo di transizione.

Allawi era stato un membro del precedente Consiglio di governo iracheno ed è stato prescelto dal Consiglio per diventare il Primo ministro ad interim dell'Iraq e governare il Paese a partire dalla riconsegna della sovranità all'Iraq da parte degli Stati Uniti (28 giugno 2004) fino alle elezioni nazionali, programmate per i primi del 2005.

Malgrado molti credessero che la decisione fosse stata raggiunta in gran parte grazie alle raccomandazioni delle Nazioni Unite ed all'opera dell'inviato speciale in Iraq Lakhdar Brahimi, il The New York Times riferì che Brahimi l'aveva appoggiata malvolentieri, dopo pressioni ricevute dalle autorità statunitensi, incluso Paul Bremer, il precedente Inviato Presidenziale degli USA in Iraq.[1] Due settimane più tardi, Brahimi annunciò le proprie dimissioni, provocate da "grandi difficoltà e frustrazioni".[2]

Allawi era spesso descritto come uno sciita "moderato", prescelto per il suo background secolare e per i suoi legami con gli Stati Uniti. Tuttavia, la sua immagine è stata in parte rovinata dai media che descrivevano Allawi come una marionetta nelle mani di Washington.[3][4]

Azioni del Governo "ad interim" iracheno[modifica | modifica wikitesto]

Dopo che il suo Governo ad interim assunse la custodia legale di Saddam Hussein ed ebbe reintrodotto la pena capitale, Allawi dette assicurazioni che non avrebbe interferito col processo e che avrebbe accettato qualsiasi decisione presa dalla Corte. In un'intervista televisiva con al Arabiya, basata a Dubai, ha dichiarato: "Per l'esecuzione, sarà compito della Corte decidere — fintanto che sia presa una decisione imparziale ed equa".[5]

"Precedenti" e accuse[modifica | modifica wikitesto]

A inizio luglio 2004, Allawi rilasciò una dichiarazione secondo cui il Governo iracheno ad interim ha fornito informazioni e intelligence per i bombardamenti aerei statunitensi con cariche esplosive da 220 e 450 chilogrammi condotti su Falluja in luglio. Successivamente annunciò nuove misure di sicurezza, tra cui il potere di imporre la legge marziale e coprifuoco, oltre alla formazione di una nuova unità intelligence di anti-terrorismo, la Direzione Generale di Sicurezza (in arabo: مديرية الامن العامة, Mudīriyyat al-Amn al-ʿĀmma).[6] Allawi dichiarò la propria intenzione di reprimere l'insurrezione irachena, affermando di avere intenzione di "annichilire quei gruppi terroristici".[7]

Il 17 luglio 2004, il quotidiano australiano The Sydney Morning Herald sostenne, citando due presunti testimoni oculari, che una settimana prima del passaggio della sovranità al Governo ad interim, Allawi abbia giustiziato di persona sei sospetti ribelli presso la stazione di polizia di Al-Amariyah, nella periferia sud-ovest di Baghdad.[8] I testimoni riferirono che nell'occasione Allawi affermò che i sospettati fossero accusati di aver ucciso 50 cittadini iracheni ciascuno e che meritassero "anche peggio della morte", inoltre parrebbe abbia affermato che l'esecuzione avesse lo scopo di lanciare un chiaro messaggio alla polizia irachena sul modus operandi da attuare nei confronti degli insorti iracheni. All'esecuzione avrebbero presenziato una decina di poliziotti iracheni e quattro agenti americani appartenenti al team di sicurezza personale di Allawi, oltre al Ministro degli Interni iracheno, Falah al-Naqib.[8] Sia l'ufficio di Allawi che al-Naqib stesso negarono il proprio coinvolgimento nella vicenda, nonostante questa narrativa sia suffragata anche da due fonti indipendenti [9]. L'Ambasciatore per gli Stati Uniti in Iraq, John Negroponte non rigetto in maniera netta le accuse.

Il 18 luglio 2004, in risposta all'episodio, i militanti iracheni offrirono una ricompensa di 285.000 dollari a chiunque avesse ucciso Iyad Allawi.[10]

Le politiche di Allawi[modifica | modifica wikitesto]

Nell'agosto 2004, il Primo Ministro Allawi fece chiudere la sede di Al Jazeera in Iraq per trenta giorni. L'allora Ministro per gli Affari esteri Hoshyar Zebari espresse critiche per la "copertura mediatica non imparziale e di parte" e dichiarò che il Governo ad interim non avrebbe permesso "a delle persone di nascondersi dietro gli slogan di liberà di stampa e dei media." Allawi nominò anche un ex-membro del partito Baath ed ex-ufficiale dell'intelligence di Saddam Hussein, Ibrahim Janabi, come Direttore del Comitato superiore per i media, l'ente regolatore dei media iracheni.[11] La messa al bando di Al Jazeera venne largamente criticata nel mondo arabo e in Occidente, ad esempio da Reporters senza frontiere che definì l'episodio come un "duro colpo alla libertà di stampa."[12][13]

Le negoziazioni, che seguirono gli scontri tra le Brigate della Pace di Muqtada al-Sadr e le forze congiunte di Stati Uniti e Iraq nei pressi di Najaf, cessarono quando Allawi ritirò il proprio emissario Mouwaffaq al-Rubaie il 14 agosto 2004. Un portavoce di al-Sadr sostenne che avessero trovato un punto di incontro con Rubaie su tutti i punti di discussione, ma Allawi lo richiamò e terminò così la questione.[14]

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

Il Primo ministro Allawi è stato criticato duramente dai membri del suo stesso governo. Il Ministro della giustizia, Malik Dohan al-Hassan rassegnò le dimissioni in seguito alla vicenda del mandato d'arresto emesso verso Ahmed Chalabi. Il Vicepresidente Ibrahim al-Jafari commentò così sugli attacchi contro al-Sadr: "La guerra è la scelta peggiore, ed è utilizzata solamente da un cattivo politico." Un altro ufficiale iracheno ha affermato: "qui ci sono dappertutto incendi che bruciano fuori dal controllo di terroristi e ribelli, e lui [ndr. Allawi] accende un nuovo falò a Najaf."

Mentre la strategia di "eliminare il movimento politico di Muqtada al-Sadr, demolendo il suo potere militare" anziché fare in modo che venisse inserito all'interno del processo politico, ricevette perlopiù apprezzamenti in Occidente,[15] la stampa araba mosse dure critiche nei confronti della gestione di Allawi della situazione di Najaf.[16]

Membri del Governo ad interim[modifica | modifica wikitesto]

Stante alle nomine del 28 giugno 2004:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Doug Lorimer, IRAQ: US still calls the shots, in Green Left Weekly, 29 giugno 2004. URL consultato il 27 giugno 2013 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2008).
  2. ^ Shlomo Shamir, Brahimi quits post as UN envoy in Iraq, in Haaretz, 13 giugno 2004. URL consultato il 27 giugno 2013.
  3. ^ Iraq's New S.O.B., in Newsweek, July 2004.
  4. ^ Maureen Dowd, Dance of the Marionettes, in The New York Times, 26 settembre 2004. URL consultato il 27 giugno 2013.
  5. ^ U.S. Airstrike on Fallujah House Kills 10, Associated Press, 6 luglio 2004. URL consultato il 27 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 20 agosto 2004).
  6. ^ Dean Yates, Allawi sets up spy agency, in The Age, 17 luglio 2004. URL consultato il 27 giugno 2013.
  7. ^ (EN) Iraqi PM vows to crush insurgents, 15 luglio 2004. URL consultato il 5 gennaio 2023.
  8. ^ a b (EN) Allawi shot prisoners in cold blood: witnesses, su The Sydney Morning Herald, 17 luglio 2004. URL consultato il 5 gennaio 2023.
  9. ^ (EN) ABC News (Australian Broadcasting Corporation), su www.abc.net.au. URL consultato il 5 gennaio 2023.
  10. ^ (EN) Fourteen killed in Falluja strike, BBC News, 18 luglio 2004. URL consultato il 5 gennaio 2023.
  11. ^ WorkingForChange-Iraq's Prime Minister suppresses media, su web.archive.org, 10 novembre 2006. URL consultato il 6 gennaio 2023 (archiviato dall'url originale il 10 novembre 2006).
  12. ^ (EN) Al-Jazeera closure 'a blow to freedom', su the Guardian, 9 agosto 2004. URL consultato il 6 gennaio 2023.
  13. ^ IHT: Banning bad news in Iraq, su web.archive.org, 15 agosto 2004. URL consultato il 6 gennaio 2023 (archiviato dall'url originale il 15 agosto 2004).
  14. ^ (EN) Talks collapse in Iraqi holy city, 14 agosto 2004. URL consultato il 6 gennaio 2023.
  15. ^ (EN) Analysis: Will Najaf strategy work?, 11 agosto 2004. URL consultato il 6 gennaio 2023.
  16. ^ (EN) Press round on Iraq's new leaders, 14 agosto 2004. URL consultato il 6 gennaio 2023.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]