Giorgio Wenter Marini

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Giorgio Wenter Marini (Rovereto, 8 febbraio 1890Venezia, 24 novembre 1973) è stato un architetto italiano.

Allievo di Luigi Comel presso la Scuola Reale Elisabettina di Rovereto (1901–1909), completa gli studi presso la Regia Scuola Tecnica di Monaco di Baviera (1910–1914).[1] Dopo il praticantato lavora a Bologna nello studio di Marcello Piacentini (1916–1918) e in seguito per l'arcidiocesi di Trento (1919).[1] Fra il 1920 e il 1927 è dipendente della provincia autonoma di Trento e svolge la libera professione progettando i caffè Europa e Alla speranza di Trento, il caseificio di San Michele all'Adige, casa Bresadola ad Arco e l'Istituto educativo di Sant'Ilario a Rovereto.[1] In seguito si dedica all'insegnamento, prima a Cortina d'Ampezzo (1928–1931), poi a Cantù (1931–1934), a Padova (1934–1935) e infine a Venezia, dove risiede stabilmente dal 1935 fino alla morte avvenuta nel 1973.[1]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giorgio Wenter Marini nasce a Rovereto l'8 febbraio 1890 da Giuseppe Wenter e Maria Marini.[1] Dal 1901 al 1909 studia presso la Scuola Reale Elisabettina di Rovereto, dove ha come maestro Luigi Comel.[1][2] In seguito si iscrive alla facoltà di architettura della Regia Scuola Tecnica di Monaco di Baviera, dove si laurea ingegnere-architetto nel 1914.[1] Nel 1912 è tra i fondatori del Circolo artistico trentino insieme a Luigi Bonazza, Luigi Ratini, Oddone Tomasi, Cesare Covi ed Ettore Sottsass senior.[1] Dopo la laurea svolge il praticantato lavorando alla ricostruzione di Stenico, distrutto da un incendio.[2] Allo scoppio della prima guerra mondiale fugge in Italia, proseguendo il praticantato a Roma dove collabora con Giacomo Boni e con gli archeologi Paolo Orsi e Federico Halbherr.[1][2] Nel 1916 entra nello studio di Marcello Piacentini, lavorando al progetto di restauro del centro storico di Bologna.[1]

Nel 1919 è nominato dall'arcivescovo di Trento Celestino Endrici consigliere per l’Opera di Soccorso delle chiese danneggiate dalla guerra, l'anno seguente la provincia di Trento lo assume per la manutenzione dei propri edifici.[1][2] Nel frattempo si dedica anche alla libera professione, realizzando i lavori decorativi dei caffè Europa e Alla speranza di Trento, il caseificio dell’Istituto agrario provinciale di San Michele all'Adige e casa Bresadola ad Arco.[1] Nel 1922 progetta l'ampliamento dell’Istituto educativo provinciale di Sant'Ilario a Stropparolo, vicino a Rovereto.[1] Il lavoro è però molto discusso e alla fine è bloccato a causa di una presunta eccessiva aderenza ai canoni estetici tedeschi.[1] In questo periodo realizza inoltre opere a graffito nella chiesa della Madonna del Carmelo a Rovereto, il timpano di quella di Dasindo, il tabernacolo di Montagnaga e la cappella del cimitero di Malosco.[2]

Nel 1927 Wenter Marini è licenziato dalla provincia di Trento a causa di un esubero di personale.[1] Lascia quindi la professione per dedicarsi all'insegnamento, dapprima alla Regia Scuola d’Arte Industriale di Cortina d'Ampezzo (1928–1931), poi alla Regia Scuola professionale del mobile e del merletto di Cantù (1931–1934) e in seguito a Padova, dove dirige l'Istituto d'Arte Pietro Selvatico (1934).[1][2] L’anno seguente si trasferisce a Venezia per insegnare architettura e costruzioni presso l’Istituto Statale d’Arte.[1][2] Dal 1938 è docente di architettura degli interni, arredamento e decorazione presso l’Istituto Universitario di Architettura e dal 1953 è direttore dell’Istituto Statale d’Arte.[1] Dal 1957 al 1961 è in servizio alla Soprintendenza per i monumenti della città.[1] Si spegne a Venezia il 24 novembre 1973.[1] L'archivio di Wenter Marini è conservato presso l'Università Iuav di Venezia.[3]

Pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio Wenter Marini, Avviamento alla composizione, Milano, Gorlich, 1947.
  • Giorgio Wenter Marini e Riccardo Maroni, Giorgio Wenter architetto e pittore, Trento, Saturnia, 1955.
  • Riccardo Maroni e Giorgio Wenter Marini (a cura di), Eugenio Prati pittore, Trento, Saturnia, 1956.
  • Riccardo Maroni e Giorgio Wenter Marini (a cura di), Bartolomeo Bezzi pittore, Trento, CAT, 1956.
  • Riccardo Maroni e Giorgio Wenter Marini (a cura di), Giorgio Wenter Marini. Maestro d'arte applicata, Trento, CAT, 1958.
  • Riccardo Maroni e Giorgio Wenter Marini (a cura di), Giorgio Wenter. Grafica minore, Trento, CAT, 1963.
  • Riccardo Maroni e Giorgio Wenter Marini (a cura di), Giancarlo Maroni architetto. 1893–1952, Trento, CAT, 1966.
  • Giorgio Wenter Marini (a cura di), Gigiotti Zanini architetto, Trento, CAT, 1966.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t Antonella D'Aulerio, Giorgio Wenter Marini, su siusa.archivi.beniculturali.it, SIUSA, 2012. URL consultato il 28 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2014).
  2. ^ a b c d e f g Alberto Dalpiaz, Giorgio Wenter Marini, su dalpiazalberto.it, Tecnostudio. URL consultato il 28 novembre 2014.
  3. ^ Antonella D'Aulerio, Fondo Wenter Marini, su siusa.archivi.beniculturali.it, SIUSA, 2012. URL consultato il 28 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2014).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Elisa Parisi, Giorgio Wenter Marini. L’insegnamento e gli anni veneziani, Venezia, Università Ca' Foscari, 2005.
  • Bruno Passamani (a cura di), Giorgio Wenter Marini, 1890-1973. Gli anni di Trento, Trento, Artigianelli, 2000.
  • Bruno Passamani (a cura di), Giorgio Wenter Marini, 1890-1973. La lunga strada verso l'arte decorativa, Trento, Nuove arti grafiche, 2001.
  • Massimiliano Savorra, Stile rustico e identità montane: Giorgio Wenter Marini e il dibattito su tradizione e modernità (1914-27), in Marina Docci e Maria Grazia Turco (a cura di), L'architettura dell'"altra" modernità, Atti del XXVI congresso di storia dell'architettura (Roma, 11-13 aprile 2007), Roma, Gangemi editore, 2010, pp. 280-289, ISBN 978-88-492-1901-2.
  • Maurizio Scudiero, Giorgio Wenter Marini. Pittura, architettura, grafica, Trento, L'Editore, 1991.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN47934663 · ISNI (EN0000 0000 5426 1282 · SBN SBLV030411 · BAV 495/330771 · LCCN (ENnr93015111 · GND (DE132840723