Discussione:Sinfonia

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Sposto qui l'ex voce Musica sinfonica[modifica wikitesto]

Questa voce trattava esplicitamente, sin dall'incipit, la "sinfonia", e non l'argomento più generale della "musica sinfonica" (che include altre forme, come la suite, il poema sinfonico ecc). Perciò la sposto qui, affinché possano essere eventualmente ricavate informazioni utili ad integrare la preesistente voce "sinfonia" --Al Pereira 00:57, 15 ago 2006 (CEST)[rispondi]

La sinfonia è una forma musicale. Costruita secondo procedimenti complessi in più movimenti, articolato secondo una determinata forma e in genere dominato da un tema o da un programma, non comparve prima del secolo XVIII. Si dibatte se i primi sinfonisti della storia fossero stati concertisti italiani, tedeschi o francesi. Si può genericamente affermare che essa abbia visto la luce parallelamente allo sviluppo della forma-sonata, da cui trae alcune caratteristiche fondamentali (pluritematismo, divisione triapartita con gli stadi di esposizione, sviluppo, ripresa, pluralità e ampiamento dei tempi, ecc.).

Alcuni musicologi vedono nella sinfonia la più alta estrinsecazione dell'arte musicale, la più perfetta forma di espressione dell'animo e della visuale dell'artista, in una configurazione astratta, che esalta le qualità evocative e linguistiche proprie dell'arte musicale, anche se nei primi tempi la sinfonia si legò a forme tipiche del gusto barocco, tra ornamento e galanteria, subendo l'influsso che aveva contrassegnato un po' tutta l'arte del periodo.

In periodo neoclassico invece la sinfonia raggiunse un più alto livello di perfezionamento e di progressione, pervenendo già a un livello di impegno intellettuale cui sarebbe sempre rimasta fedele. Il maggiore contributo venne certamente da Franz Joseph Haydn, autore di oltre un centinaio di sinfonie, il cui culmine è rappresentato dalle 12 sinfonie del periodo londinese (tra il 1790 e il 1794). Ad Haydn si deve una sistemazione organica del procedimento sinfonico e una definizione dei tempi che rifugge dall'ortodossia e apre le porte ad una libertà formale più ampia. Anche il grande Wolfgang Amadeus Mozart lavorò intensamente in ambito sinfonico, sebbene appare abbastanza evidente che nel teatro lirico si trovi la sua manifestazione più autentica e vigorosa: della cinquantina di sinfonie da lui composte, molte risentono di alcuni tratti di superficialità tipici di certo suo stile e dello stile settecentesco in generale, ma specie nelle ultime (K. 385, K. 425, K. 504, K. 543, K. 550, K. 551) si trova una geniale drammatizzazione espressiva della materia tematica, che prelude in maniera sottilmente ambigua e vibrante alle tensione preromantiche e romantiche e a un'intensificazione dell'impegno della complessità sottesi al materiale sinfonico.

Sarà con Ludwig van Beethoven (1770-1827) che si perverrà ad un irrobustimento delle forme, che si fanno monumentali, si ampiano in tempi e in profondità espressiva. Con Beethoven, vero precursore del movimento romantico in musica, subentra l'atteggiamento cosiddetto titanico: l'uomo e l'artista sente la necessità di scontrarsi con forze che sente ostili, di cercare affannosamente qualcosa di superiore, una superiore felicità e una superiore essenza esistenziale.

Così la Terza Sinfonia "Eroica" esprime tensioni e ambizioni dell'epoca romantica, ricollegandosi anche all'ambito storico (la sinfonia era stata inizialmente concepita per Napoleone) ma scavando a fondo soprattutto nel merito di un idealismo romantico denso e sentitissimo: per Beethoven l'eroismo è in particolar modo l'eroismo dell'uomo virtuoso che lotta contro forze nemiche e tenta in nome della bontà e dell'umanità di superarle. La Quinta Sinfonia presenta il tema del "destino" con la gravosa e "logica" ineluttabilità di una dialettica filosofica. La Sesta (Pastorale)) è invece una riscoperta del senso classico della natura e dell'equilibrio, ripresa nella Settima e nell'Ottava, prima dell'esito ultimo della Nona, ove i fantasmagorici e rimbombanti contrasti espressivi dei primi movimenti sfociano nel celebre finale dominato dalla citazione dell'Ode alla Gioia di Schiller: manifesto di fede divina e senso della solidarietà umana, proprio mentre le circostanze personali della vita dell'autore si facevano via via più aspre. Anche Franz Schubert fu autore di sinfonie dalla netta predisposizione romantica (di particolare imponenza furono le sue ultime due, la Nona e la Decima), mentre in seguito la musica sinfonica conobbe una bipartizione tra stilistica a programma, o del <<poema sinfonico>>, e ritorno alla classicità: esponenti della prima strada sono l'irrequieto Hector Berlioz e l'appassionato Franz Liszt; la seconda via è adottata dall'elegante Felix Mendelssohn e dal fervido e romantico Robert Schumann.

Con la metà dell'Ottocento la musica sinfonica conosce un lieve allentamento per il successo di operisti come Giuseppe Verdi e Richard Wagner, autore del principio dell'<<opera totale>>, che mirava a coniugare le varie forme dell'arte nella potenza della scena musicata. Successivamente, con l'apparizione del movimento decadente, gli stessi compositori sentono invece un incalzante senso del ripiegamento individuale e della malinconia nostalgica: questa nuova sensibilità conduce ad un ritorno all'astrattezza della forma sinfonica, ed assai interessante è in ambito tedesco è il confronto cui si assiste tra l'austero Johannes Brahms e il riflessivo Anton Bruckner: il primo si autoproclama simbolicamente erede di Beethoven nel suo culto della forma e della sua aspirazione a una profondità spesso sofferta; il secondo avvia un discorso più complesso e innovativo, e, volendo, anche più seminale, guidando le forme sinfoniche verso una pronunciata interiorizzazione e una deformazione mista tra sensibilità indviduale e slancio mistico. A questi due artisti spetta pure il merito di avere definitivamente consolidato il primato formale e contenutistico della sinfonia rispetto alle altre manifestazioni della musica.

Anche per l'eclettico Piotr Ilic Čaikovskij la sinfonia ha un valore fondamentale: autore di sette sinfonie, esprime nelle prime tre creazioni una tematica fresca e dai colori slavi; poi il discorso si va ampliando, pervenendo nella Quarta all'espressione imponentissima di una sensibilità fatalistica e radicalmente inquieta; nella sinfonia <<Manfred>>, a realizzare un'appassionatissima congiunzione tra poema sinfonico e sinfonia classica; nella Quinta ad esprimere una accesissima sete di Sublime e ad innalzare un grandioso inno alla Provvidenza divina; nella Sesta <<Patetica>>, infine, a lasciarsi pervadere da un senso della fine ineluttabile in una miscela ambigua di tragicità turbolenta, di grazia eterea e straniata, di gioia visionaria e spettrale.

In generale le sinfonie di Čaikovskij sono la mirabile espressione di un'anima ipersensibile, insoddisfatta in una sorta di aspirazione estrema alla perfezione. A cavallo tra i due secoli lasceranno qualche notevole contributo alla musica sinfonica Antonin Dvorak, che nella Nona "Dal nuovo mondo" realizza una interessante miscela tra sensibilità europea o slava e "novità" americana; Nicolaj Rimskij-Korsakov; Edward Elgar; Jean Sibelius. Un posto a parte poi occuperà Gustav Mahler (1860-1911); sulle orme di Bruckner e di Čaikovskij, ampierà ulteriormente l'impiantistica e l'intensità della costruzione sinfonica, miscelando toni mistici, tetraggini sconsolate, volteggi liberty e slanci divini; il tutto in una poetica che del romanticismo in decadenza operava una sorta di trasfigurazione "surrealistica".

Col Novecento la sinfonia conoscerà minore diffusione, avendo i maggiori esponenti nel vivace Sergej Prokof'ev, nel riflessivo Dimitrij Sostakovich, intento a constringere l'inquietudine e l'irriverenza della sensibilità moderna entro i maestosi impianti del sinfonismo di Čaikovskij e Mahler, e nel neoromantico Leonard Bernstein, influenzato da una sensibilità eminentemente nordamericana mista a un retaggio europeo, e in particolare mahleriano, nell'intensità e nella sostanza. Certo è che la sinfonia ha rappresentato una manifestazione profonda, multiforme, e densamente espressiva, di tematiche complesse, spesso ai limiti (ed anche oltre) delle più intense forme di riflessione filosofica.