Discussione:Scauri

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copyviol inverso[modifica wikitesto]

Segnalo che pezzi di questa voce sono stati copiati su questo articolo. L'articolo è uscito nel 2017 mentre le parti copiate sono state scritte in varie fasi tra 2010 e 2011, dunque si tratta certamente di copyviol inverso.--FriniateArengo 19:11, 11 dic 2023 (CET)[rispondi]

Toponimo (inserimento da anonimo)[modifica wikitesto]

Sistemo un po'.

Toponimo

Le ipotesi, quindi, sono tre: 1 - derivazione da Marco Emilio Scauro, console e priceps senatus, che avrebbe posseduto sui luoghi una villa marittima tanto imponente da creare un ricordo incancellabile nei secoli; 2 - derivazione da "eskhara", braciere ardente, greco antico, riferendosi alle dune e alla sabbia del luogo, che scaldandosi al sole divenivano roventi; 3 - derivazione da "scaula", barca, forma greco-romana bizantina altomedievale, riferendosi alla conformazione fisica del porto naturale sul Tirreno e, per questo, nei secoli rifugio delle piccole imbarcazioni di marinai e pescatori.

Tutte molto suggestive. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 151.100.89.142 (discussioni · contributi) 12:53, 13 mag 2013 (CEST).[rispondi]
Toponimo (2)

Considerando che a Scauri di Pantelleria, le indagini archeologiche hanno portato alla luce tombe di origine bizantina, e un Villaggio di Pescatori del V - VI secolo d. C., è probabile che l'origine del toponimo sia lo stesso: scaula - scauli.

Interessante. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 151.100.89.170 (discussioni · contributi) 11:48, 2 ago 2013 (CEST).[rispondi]
Metodo di ricerca storica
Le ipotesi sono forse anche più di tre, ma queste inserite sono le più dibattute. Non conosco bene la documentazione portata nelle prime due ipotesi, ma la terza, quella che fa riferimento a "scaula", è suffragata da una documentazione rigorosamente controllata e confrontata. Ripeto: rigorosamente. In effetti nel libro che la contiene quello che colpisce di più è la pars destruens, quella in cui i documenti finora acquisiti sono vagliati uno ad uno e confrontati con le altre fonti. Da questa ricerca metodologicamente ineccepibile la teoria che Scauri derivi il suo nome da Scauro viene letteralmente smontata pietra su pietra, fino a che non ne rimangono che suggestioni personali e blandissimi richiami molto indiretti e autoreferenti. Sulla seconda, quella di Castrichino, l'impressione è che sia suggestiva e non senza ragione. Per ora non rimane dunque che aspettare che qualcun altro indaghi ancora, apportando ulteriori documenti originali e comprovati dal confronto con le altre fonti. Non c'è altra strada, alla verità, che la ricerca costante di essa mediante il confronto e la curiosità libera da pregiudizi.
Gli storici e i topografi della Campania sono concordi
Nel suo intervento del 1935 al Congresso di Studi Romani, Atti poi pubblicati nel 1938, dal titolo "Orme di di Roma nella toponomastica della Regione Gaetana", il grande storico minturnese Angelo De Santis, esaminando il toponimo Scauri, inaugurava il discorso con un essenziale "Gli storici e i topografi ( della Campania ) sono concordi nel ritenere che prese il nome dal console M. E. Scauro ..."... ma nel continuare l'intervento aggiungeva poi un appropriato " sembra che " ed ancora un consono " pare " . Criterio perfetto per uno studioso sensato, ineccepibile dal punto di vista della metodologia storica...
Domanda

La voce mette in grande evidenza solo una delle ipotesi, tra l'altro molto dubbia, viste le nuove scoperte documentarie. Si rilevano molte imprecisioni e molte forzature. Come si può inserire - almeno nella Discussione - qualche nuovo contributo?

Grazie Mille. Saluti.
Scauri

Nel 1745 con il falsario Francesco Maria Pratilli si trova per la prima volta instaurato un collegamento, peraltro sfumato e privo di qualsiasi testimonianza letteraria, epigrafica o di altra natura, tra il nome corrente del luogo: Scauri e gli antichi presunti proprietari della villa: “Quindi a un altro miglio (il XIC della via Appia) è la torre, e la spiaggia di Scauro […] e questa spiaggia, e torre di Scauro serba forse la dinominazione presa da qualche villa, colà da presso, di M. Emilio Scauro Console Romano più volte”. Nient'altro che una ingenua associazione linguistica, non dissimile dal gioco fonetico con il quale nel 1693 Luigi Tasselli attribuiva la fondazione della salentina Scorrano al medesimo Marco Emilio Scauro, inserendo la proposta nel contesto di una rete di rimandi analogici privi di altro fondamento, in base ai quali altri borghi come Squinzano sarebbero stati edificati “da Quintio Romano, Terentiano da Terentio, Portiano da Portio [...]” e via via fantasticando… Ancora sull’isola di Santorini l’allora capitale “Skaros”, in resoconti del 1600-1700 veniva spesso indicata anche con il nome di “Scauro” e girava la “tradizione” che il nome fosse dovuto al castello ivi costruito da un nobile romano Scauro … tradizione completamente falsa, visto che il castello – in realtà – venne edificato nel 1200, in pieno basso Medioevo … La connessione tra il territorio dell'odierna Scauri e la residenza degli Scauri ricompare il secolo successivo nell'opera del canonico Pasquale Cayro, antichista di fama, stimato e utilizzato da Mommsen, il quale, tuttavia, non esitava ad ascrivergli imprecisioni ed errori nell'identificazione dei centri laziali. Nel suo erudito lavoro di ricerca sulla ricostruzione storica del Lazio1, Cayro sostiene la derivazione del toponimo moderno dalla villa degli Scauri, la cui esistenza è assicurata da una lettera di Cicerone ad Attico. Nella lettera citata, tuttavia, Cicerone accenna al restauro della sua villa di Formia, senza fornire alcun indizio a presunte residenze degli Scauri nei dintorni. Da Cayro dipende Gaetano Ciuffi, canonico minturnese, che, citando a più riprese il precursore, sostiene senza alcuna esitazione che “Verso la parte occidentale … si osservano le reliquie della famosa (sic!) villa di Marco Emilio Scauro […] Dal nome di questo console prese il luogo il suo nome, ed ora corrotamente si appella Scavoli”. A sostegno della tesi anche Ciuffi apporta una incongrua testimonianza di Cicerone, tratta anch'essa dalla corrispondenza con Attico, ma anche in questa lettera, del 54 a.C., non si riscontra alcun collegamento congruo. Le parole di Cicerone si riferiscono, infatti, al prossimo processo in cui difenderà Messio di fronte a giurati provenienti dalle tribù Pomptina, Velina e Mecia e l'accenno a Scauro (figlio) è del tutto accidentale: Cicerone si augura che Scauro sia tra i magistrati designati nelle prossime elezioni consolari per le conseguenze positive che la candidatura potrebbe avere sul processo per corruzione che lo attende. Eppure il medesimo Ciuffi, prima di aderire, con falsi indizi, alla impostazione originata da Pratilli, qualche anno addietro, nel proporre l'identificazione sul territorio del centro di Pirae, non faceva menzione alcuna di una villa di Scauro e definiva il luogo come “promontorio di Scavoli”, senza sottolinearne, come farà in seguito, la corruzione popolare. Ne’ il Cayro né il Ciuffi identificavano i resti della presunta villa e le cosiddette mura megalitiche con Pirae: il Cayro localizzava Pirae sul Monte d’ Oro , Ciuffi in località Faraone, verso l’attuale S. Albina vecchia. Siamo a Pasquale Mattej, che rivolgendosi poeticamente al promontorio di Gianola, a cui dedica un denso articolo sul periodico napoletano di informazione culturale Poliorama Pittoresco, ricorda “il romano villaggio di Pire sulle cui rovine il tuo Scauri si edificava, ricordando il nome di un famoso consolare” (1846) . Da notare la frase : “ … si avrà finalmente un nome non oscuro …” come a dire che fino ad allora il nome della cittadina aveva una paternità oscura … Nel 1873 Francescantonio Riccardelli, altro canonico traettese, riprende acriticamente le affermazioni di Corcia e Ciuffi, accostandovi la notizia tratta da “Campania sacra e civilis” di tale Alessandro Draccarielli, secondo la quale il primo Scauro avrebbe acquistato la villa nel 112 a.C. dai Catulla di Minturno1. L'informazione, peraltro non sostenuta da alcuna fonte, si dissolve sotto i colpi dell'erudizione di Mommsen, che dimostra la falsità sia dell'opera, sia dell'autore, creato dalla fantasia invero scarsa di Riccardelli che ha evidentemente fatto ricorso all'anagramma del proprio nome2. Un altro mistificatore, i cui falsi al limite della cialtroneria suscitarono il riso, prima ancora che l'ira, di Mommsen. Con l’avvento dell’ era Fascista, e del mito della Romanità, la “favoletta” prende rapidamente piede. G. De Santis (Congresso Studi Romani) nel 1935 afferma che “sembra che” Marco Emilio Scauro avesse costruito una villa sulle mura di Pirae … Trent’anni dopo il “sembra che” diventa “sicuramente” in un articolo dello stesso De Santis che riprende il precedente… Cosa è cambiato in trent’anni? Niente … Nessuna nuova scoperta nè documentaria né archeologica … Il De Santis si associa all’idea oramai corrente supportata dal nulla. Col Fascismo la vecchia “Piazza dei Commestibili” a Scauri vecchia, diviene Piazza Marco Emilio Scauro. Nel 1942 Tommasino, storico apprezzabile ma ancora permeato di miti “fascistissimi”, scrive a proposito di Marco Emilio: “…l'acquisto od il possesso di una prima villa nel golfo di Gaeta e di una seconda nel piccolo porto di Pirae, i cui avanzi restano addossati alla cinta megalitica della scomparsa città, a pie' del colle che dal nome di questo console romano fu detto appunto Scauri…”... Siamo pressochè alle comiche visto che - secondo il Tommasino - le ville diventano due (nessuna prova documentaria, come al solito, e richiami sempre incongrui a Cicerone…): una a Gaeta e una sulle mura megalitiche della presunta Pirae … Da notare una cosa: secondo le indagini moderne le mura megalitiche sarebbero coeve alla Minturnae romana (296 a. C.) e quindi l’unico reperto pre-romano sarebbe la porta d’ingresso ogivale, che viene datata tra il VII sec. a. C. e il 350 a. C. Nell’Archivio Caetani , la famiglia Caetani che pure domina sui luoghi per due secoli (da fine 1200 a fine 1400) accenna alle mura megalitiche e non fa alcun cenno alla presenza degli Scauri … Molto molto strano, a dimostrazione che non esisteva – prima di Pratilli – una tradizione locale che legasse i luoghi agli Emili Scauri … Un’altra considerazione: prima dell’invenzione “colta” del Pratilli i viaggiatori Cinquecenteschi e Seicenteschi quando arrivavano sui luoghi scauresi non trovavano niente di meglio che parlare della coltivazione della canna da zucchero a "Scauli" per delinearne la caratteristica … eppure accennavano senza indugi alle ville di Mamurra e Cicerone a Mola di Formia … Dopo l’invenzione del Pratilli la “balla” si diffonde immediatamente nel mondo erudito, tutti cominciano a citarla e – guarda caso – i viaggiatori Ottocenteschi citano ora la villa di Scauro arrivando sui luoghi … E’ pura illazione affermare che “tutti gli storici sono concordi” … I ricercatori moderni (Coarelli, Rosi, etc.) trovano la “tradizione” oramai citata e consolidata, e la riportano, senza nulla approfondire … senza nulla verificare. Perché se approfondissero … In realtà importanti voci, di studiosi eccellenti, difformi alla solita “vulgata”, sono ben presenti, mai citate, probabilmente sfuggite: V. De Bartholomaeis che identifica il toponimo Scauri quale forma dialettale medievale, e non classica romana, nel suo meritorio spoglio del Codex Diplomaticus Cajetanus (1905), il grande glottologo e linguista G. D. Serra che afferma, riferendosi sia allo Scauri sudpontino che a quello di Pantelleria, senza indugi: “Non è possibile tuttavia un etimo da Scaurus…” (1954), X. Lafon, grande studioso delle ville marittime romane del Lazio, che esprime parecchi dubbi sull’attribuzione a Emilio Scauro o sulla datazione della presunta Pirae (2001), S. Del Lungo, archeologo del CNR, che riconosce il toponimo Scauri o Scavoli (nome del luogo ancora nel ‘700) quale “pienamente medievale”, nel suo bel libro sulla toponomastica nella provincia di Latina (2001), L. Chiappinelli, professore all’Orientale di Napoli, che al toponimo scaurese riconosce la derivazione da "escharion", approdo o luogo dove le imbarcazioni vengono tirate in secca (2006). Un ultima considerazione sulla “possessio scauriana” in territurio Gazitano… Come al solito non dimostra nulla. Il termine e cognomen Scauriano può essere additato anche agli Aureli, ai Terenzi, agli Umbrici, e a molte altre famiglie Romane minori, come gli Attili. E quindi non dimostra certo automaticamente la presenza degli Emili sui luoghi … Inoltre in altri codici essa è indicata come “Scariana” o anche “Sauriana” ... il che darebbe una valenza totalmente diversa al lemma ... Ancora: il termine "Gazitano" è un "unicum" … Non si è mai ritrovato - oltre a questo caso - riferito forse a Gaeta (in altri codici si trova anche quale Gacitano e Gitano ). In altre pagine del Liber Pontificalis inoltre il termine per Gaeta è sempre quello più congruo: Gajtano...Ancora: in un codice altomedievale dell'inizio 800, in cui gli imperatori Franchi ribadiscono la territorialità dei possessi della Chiesa si ritrova un termine simile : Gauzitano o Cusitano ... Termine che però sembrerebbe potersi localizzare nella zona del Velletrano , dove - guarda caso - esistono un Colle Scarano e - verso Carpineto - una località Scarano ... Il primo che associa la possessio scauriana alla zona di Gaeta, e a un Emilio, è un altro storico mediocre ed inaffidabile: Giovanni Tarcagnota, inserito dal Manzoni nella biblioteca di Don Ferrante … Il che è tutto dire. Il termine scauritano - inoltre - è pienamente medievale, e mai si è trovato nè mai si troverà in età Classica riferito agli Scauri. Come ha sottolineato Castrichino sembra un termine legato ad una cittadinanza come - ad es- Neapolitano, Salernitano o Amalfitano.

La tradizione documentaria ci tramanda che l’ultimo degli Emili Scauri, Mamerco Emilio Scauro, muore nel 34 d. C. , per cui la presunta presenza degli Emili sui luoghi non potrebbe superare – a stento – i 100-150 anni … Tradizione documentaria che ben attesta della vendita della casa romana al Celio e dell'incendio della villa al Tuscolo sotto Emilio il giovane... e basta. Nessun accenno a presunte residenze marittime. Una villa talmente suntuosa da non lasciare però alcuna traccia, col riferimento agli Emili, in nessun documento antico, medievale o rinascimentale e che non ha alcuna tradizione popolare antica o acclarata... Una "tradizione" che prende corpo solo alla fine del Settecento con l’invenzione “colta” del Pratilli, falsario.
Considerazioni sui presunti criptoportici dei resti Romani di Scauri
Sebbene il nome sia in parte greco e significhi portico coperto, tuttavia l'applicazione di questo edificio, se non pure l'invenzione, è prettamente Romana e presuppone l'uso completo della volta in muratura. Infatti il criptoportico si costruiva per metà, o per tre quarti, sotterraneo, come sostegno di un terrapieno, con lo scopo di fornire un luogo di passeggio, fresco nell'estate e riparato nell'inverno: era illuminato per mezzo di feritoie ricavate nel fianco della vòlta e affacciate generalmente sopra un giardino. I Romani lo usarono molto per sostruzione di terrazze; specialmente nelle ville in collina (cfr. Lugli e Conticello in Enciclopedia dell'Arte Antica). Il nostro di Scauri non può essere considerato un criptoportico in senso stretto in quanto, come giustamente rilevato da alcuni acuti osservatori, non è costituito da un corridoio voltato ma da un muro cieco nel quale si aprono degli arconi come alcune foto mostrano. In questo caso si può parlare di un muro di sostruzione di ambienti soprastanti certamente successivi alle cosiddette Mura Megalitiche, in realtà forse coeve a Minturnae. Se la favoleggiata villa di Emilio Scauro avesse un fondamento scientifico si potrebbe pensare che gli ambienti potrebbero essere riferiti alla stessa. Ma di scientifico per il momento non vi è nulla, per cui inutile andare appresso a cose che non hanno agganci con il reale. Si ricorda che negli arconi dei resti Romani scauresi c'erano degli anelli in ferro che potrebbero presupporre un ormeggio di barche nel momento in cui la linea di costa era maggiormente arretrata ed il mare arrivasse sino a quel punto, buttandola lì come semplice indicazione. La cosa certa è che quelli di Scauri non sono criptoportici né per architettura né per particolari costruttivi mancando il fondamento essenziale del cryptos (coperto). Esempi di criptoportici degni di tale nome nelle nostre zone sudpontine sono quelli a Formia sotto la Villa Comunale o quelli a Villa Caposele.

--Carnby (msg) 07:36, 15 gen 2024 (CET)[rispondi]

Origini del nome[modifica wikitesto]

Sposto qui tutta la sezione pletorica sulla questione del nome e la storia del posto, non enciclopedica e ben oltre il limite della ricerca personale.

Origini del nome

Secondo quella che finora era considerata “la tesi pressoché unanime degli studiosi”, il nome della cittadina trarrebbe origine da Marco Emilio Scauro, princeps senatus, console romano nel 115 a.C., proprietario nell'antico porto di Pirae (antica città attribuita arbitrariamente a questo luogo) di una sontuosa villa marittima.

Di una "possessio scauriana" si parla nel Liber Pontificalis del 432 d.C., attraverso il quale il Papa Sisto III edificò la Basilica Liberiana di Roma grazie anche a donazioni provenienti da un possedimento sito in "territurio Gazitano". La Possessio, tuttavia, non era un possedimento territoriale ma bensì una tassazione monetaria. L'errore di considerarlo un dono territoriale si deve al Tarcagnota, poligrafo del XVI secolo dai preminenti interessi storico-antiquari e cartografici, di famiglia greca oriunda dalla Morea e stabilitasi a Gaeta. La possessio – tra l’altro – potrebbe localizzarsi molto congruamente nel territorio Sublacense, tra Tivoli e Subiaco, dove esiste una località Scorano/Scoriano possibile prediale di scauranum e facente parte di proprietà ecclesiastiche. Inoltre il territorio sarebbe completamente omogeneo agli territori citati nel Liber, quelli di Preneste ed Affile.

Si consideri che tutti i riferimenti letterari, tra il XVIII e il XIX secolo, sull'ipotesi del toponimo tratto dal Console nascono non da storici, ma da canonici locali. Gli studiosi successivi (Jotham Johnson, Angelo De Santis, G. Tommasino, F. Coarelli, G. M. De Rossi, per citarne alcuni) riprendono la suddetta tesi, citando i precedenti riferimenti. Possibile che la cittadina ausone di "Pirae", insieme a quella di Minturnae, facesse parte della Pentapoli Aurunca, anche se esistono dubbi sulla precisa localizzazione delle città della federazione anti-romana. Taluno suppone che "Pirae" non fosse altro che un castrum, un avamposto militare e commerciale della stessa Minturnae. Al di là delle certezze sulla localizzazione, l'esistenza di Pirae è attestata, in ogni caso, da quattro cippi, visibili ancora oggi presso il Museo di Minturnae. Essi, infatti, citano quattro schiavi della gens Pirana (o Peirana). Va ricordato, poi, l'enorme dolium, recipiente usato per la conservazione del vino o dell'olio, ripescato negli anni ‘80 al largo di Ventotene e custodito, tuttora, nel Museo archeologico dell'isola: la sua fabbricazione fu opera di liberti della gens dei Pirani. Plinio il Vecchio nel Naturalis historia del I sec. d.C. la dà già in rovina ("fuit oppidum"), localizzandola tra Formiae e Minturnae.

In assenza di un riscontro diretto, il collegamento con il console M. E. Scauro è suffragato da diversi indizi, tra cui la corrispondenza tra la cronologia della dimora e l'epoca in cui visse il politico (II-I secolo a.C.), la coincidenza tra il toponimo ed il cognomen del console, l'uso immemorabile degli aggettivi "scauriana" e "scauritano". Bisogna sottolineare, tuttavia, che il cognomen "scaurus" e l'aggettivo "scaurianus" si potrebbero legare almeno ad altri tre gentilizi: gli Umbrici, gli Aureli, i Terenzi e che il termine "scauritano", come segnalato dallo studioso Castrichino, è termine di origine medievale, che potrebbe riferirsi ad un popolo o cittadinanza. Il Castrichino rileva con sagacia come il lemma “Scauritano” venga impropriamente avvicinato agli Scauri, agli Emili in particolare.

Scauritano va inquadrato in altre forme altomedievali simili, quali amalfitano, neapolitano, salernitano, ischitano, atte ad indicare una comunità, un popolo o una cittadinanza.

Del resto è certezza acquisita dalla ricerca etimologica moderna in ambito europeo che i suffissi in –(i)tanus riconducano a etnici e non ad antroponimi: cfr. E. B. Ferrer, Paleosardo: le radici linguistiche della Sardegna neolitica, Parigi-New York, 2010, pag. 28, dove in nota 16 si elencano a titolo di esempio gli etnici Aquilani, Lusitani, Ausetani, Turdetani, Caralitani, Celsitani, Panormitani, ecc.

Da segnalare anche il "cippo confinario" ritrovato a Castelforte (ed ora custodito a Minturnae) che cita un certo Metello. La famiglia dei Cecili è attestata a Minturnae e Cecilia Metella era la moglie di Scauro. A considerare il termine "scaurus", si potrebbe, quindi, supporre anche un legame con gli Umbrici Scauri, ricchissimi produttori del celebre garum in Campania (piscine per l'allevamento ittico erano presenti in località Monte d'Oro)

Consideriamo ancora che inoltre il termine "scaurus" richiamava ai detriti metallici derivati dalla lavorazione dei metalli (anche in questo caso abbiamo notizie certe della lavorazione di metalli nella zona della Minturnae romana). Secondo un'altra tesi isolata l'origine del nome di Scauri sarebbe connessa con l'etimologia greca: il toponimo deriverebbe da "eskhara", che significa braciere ardente (relativamente al clima mite della cittadina o forse alle piccole dune di sabbia della spiaggia che - scaldandosi al sole - divenivano roventi). Esiste un'altra Scauri a Pantelleria, ma in questo caso al nome del luogo si attribuisce un'etimologia di origine greca (eskarion porto, attracco - scaro). Le due omonime cittadine condividerebbero quindi influenze greco - bizantine (Ducato bizantino di Gaeta nel nostro caso) e rapporti "conflittuali" e commerciali con i Saraceni.

Una recentissima ipotesi, di due ricercatori romani, vuole che il luogo derivi dal termine altomedievale "scaula" (barca). La forma lessicale, di origine bizantina, si svilupperebbe nel luogo proprio grazie al suo essere porto naturale sul Tirreno (Cfr. Salvatore Cardillo - Massimo Miranda, "Scauri, li Scauli e l'invenzione della villa di Marco Emilio Scauro", 2013). Il recente saggio storico ipotizza come la tradizione che il nome di Scauri sia da far risalire a Marco Emilio Scauro, console e senatore romano, sia probabilmente una pura invenzione. Infatti, le ipotesi che si succedono nei secoli a favore della derivazione del toponimo dal console e senatore romano, mancano puntualmente di riscontri documentali. Il primo che associa Scauri alla "gens Aemilia" è Francesco Maria Pratilli, noto falsario. Dalla forma scaula-ae, si sarebbe formato il maschile Scauli che per rotacismo avrebbe portato al toponimo del luogo. L'ipotesi è suffragata dalla opinione di Giandomenico Serra, grande linguista e glottologo, che in: Appunti di Toponomastica: Postille in margine alla “Storia di Genova” (vol. II) di Ubaldo Formentini in Rivista di Studi Liguri, XVII (1951), pp.. 225-240 avvicina l'etimo grecoromano alle cittadine di Scauri di Minturno e Scauri di Pantelleria.

Interessante la notizia, riportata alla luce dai due studiosi romani , che Ponzio Pilato potesse essere nato in quei luoghi, notizia tramandata dal teologo domenicano Tommaso Elisio. Si è teorizzato che proprio il territorio di Scauri fosse il luogo vicino al Garigliano, presso il quale i Saraceni si stanziarono (intorno all'881), per poi partire in incursioni terribili e devastanti verso l'entroterra (Montecassino stessa venne messa a ferro e a fuoco nell'883). L'insediamento saraceno sul Garigliano venne sgominato solamente intorno al 915, dopo un lungo assedio e una battaglia campale. Recenti campagne di scavo non hanno portato purtroppo a riscontri positivi. Tuttavia si continua a ipotizzare che potesse essere proprio Scauri il luogo dell'insediamento corsaro. Congettura piuttosto suggestiva: si tratterebbe - assieme alla roccaforte saracena di Fraxinetum, l'odierna La Garde-Freinet, sul Golfo di Saint-Tropez - dell'unica testimonianza di un insediamento "stanziale", seppur solo per qualche decina d'anni, dei pirati saraceni in Europa.
Approfondimenti storiografici

L’etimo Scauri (o Scauli) compare per la prima volta nell'Alto Medioevo.

Erasmo Gattola cita un documento del 789, la donazione di Grimoaldo - sovrano longobardo di Capua e Benevento - a Montecassino, in cui compare la forma Scauli. Nell'830, nel Codex diplomaticus cajetanus, compare la forma Scauri. Allo stato attuale delle ricerche storiografiche non compare nulla di scritto al riguardo in nessun documento, cippo marmoreo o altro che sia antecedente a questi due documenti medievali.

Da quel momento, nel corso del tempo, si sono succedute e talvolta sovrapposte varie ipotesi sulla derivazione del nome (toponimo) Scauri:

  1. Derivazione dal cognomen latino “Scaurus”, attraverso il capostipite della famiglia degli Emili Scauri, Marco Emilio Scauro, senatore e console romano nel 115 a.C.
  2. Derivazione dalla Possessio scauriana (Liber Pontificalis).
  3. Derivazione dal termine greco antico Eskara.
  4. Derivazione dalla forma tardoantica/altomedievale “scarium/scaria” (cantiere navale, approdo, luogo dove le barche si tirano in secca).
  5. Derivazione dal pesce “scaro”, che troviamo citato anche nella forma "scauro".
  6. Derivazione dalla forma Longobarda “scario”.
  7. Derivazione da lemmi medievali marinareschi quale "Scaula" (genitivo plurale Scaularum), imbarcazione, barca piatta.
  8. Derivazione da Giuda Iscariota (popolare Cinquecentesca).
  9. Derivazione da antica città di Pirae.

1) Derivazione da Marco Emilio Scauro:

Il lungo lasso di tempo che intercorre tra il periodo romano, in cui si inserisce l'eventuale possedimento di Marco Emilio Scauro, e quello medievale, in cui compare per la prima volta il toponimo Scauli, rappresenta una frattura storiografica molto difficile da comporre.

L'ipotesi corrente che il nome della cittadina trarrebbe origine da M. E. Scauro, princeps senatus, console romano nel 115 a.C. è stata smantellata dagli studi storiografici rigorosi di due storici laziali, Salvatore Cardillo e Massimo Miranda, che hanno posto in evidenza come questa associazione sia stata una pura invenzione del prete, archeologo e antiquario italiano Francesco Maria Pratilli, il quale nel 1745 scrive per primo che: “Quindi a un altro miglio [il XIC della via Appia] è la torre, e la spiaggia di Scauro […] e questa spiaggia, e torre di Scauro sembra forse la dinominazione presa da qualche villa, colà di presso, di M. Emilio Scauro Console Romano più volte”.

Il Pratilli, comprovato falsario, non apporta alcuna prova a suffragio di tale sua ipotesi.

Il Pratilli sarà confutato come storico attendibile dal grande studioso Theodor Mommsen, il quale fu categorico: “Viene poi colui che danneggiò e contaminò non solo l'intera epigrafia del regno di Napoli, ma soprattutto il tesoro campano delle iscrizioni, il canonico di Capua Francesco Maria Pratilli”.

La reputazione di storico falsario e inattendibile di Pratilli è ampiamente diffusa da altri autori. Herbert Bloch dice di lui che è “un morto che non è morto abbastanza” visti i notevoli danni arrecati dal falsario di Santa Maria Capua Vetere allo studio della Storia Medievale e Nicola Cilento non è da meno, definendolo senza termini per la prima volta come un falsario acclarato.

Purtroppo l'idea che qualche villa, colà di presso, fosse appartenuta al console romano e che questi avesse dato quindi – ipso facto- il suo nome nobiliare al luogo piacque ai potentati dell'epoca e fu tramandata senza che ne fosse verificata la sorgente.

Diversi sono i canonici del tempo che riprendono e riportano acriticamente la notizia della villa di Marco Emilio Scauro.

Pasquale Cayro, canonico e antichista di fama, è il primo che - un secolo dopo Pratili - fa ricomparire la connessione tra la villa di Marco Emilio Scauro e il toponimo Scauri. Stimato ma bacchettato ancora una volta da Mommsen per le sue imprecisioni, Cayro apporta come prova di tale derivazione diretta la citazione che ne avrebbe fatto addirittura Marco Tullio Cicerone in una sua lettera ad Attico. In realtà, si fa notare, Cicerone in quella lettera accenna ad un restauro della propria villa di Formia, mentre non fa menzione alcuna a quella ipotetica famiglia degli Emili Scauro, in teoria attigua alla sua.

Da quel momento in poi altri canonici riprendono questa linea di derivazione diretta tra la villa di M.E. Scauro e Scauri, tutti però riportando prove incongrue, come ancora le lettere di Cicerone, in cui, lo ripetiamo, la villa di Scauro non è mai menzionata!

Una lunga stuola di studiosi si inerpica su questa strada: dal Cayro al Romanelli a Nicola Corcia e poi a Gaetano Ciuffi e Francescantonio Riccardelli, il quale a sua volta cita un tal Alessandro Draccarielli, secondo il quale il primo Scauro avrebbe acquistato la villa nel 112 a.C. dai Catulla di Minturno, acquisto di cui ovviamente non esiste traccia documentale!

Ma qui abbiamo un'altra sorpresa: Alessandro Draccarielli è il semplice anagramma dello stesso Riccardelli. La sua ipotesi quindi è stata del tutto inventata.

Questa lunga lista di studiosi e canonici, alcuni dichiaratamente falsari altri estremamente imprecisi, sono gli unici testimoni, evidentemente concordi tra loro, dell'esistenza di una villa appartenuta alla gens degli Emili Scauri, la quale quindi avrebbe dato il nome al luogo tutto.

Anche Angelo De Santis, autorevole storico laziale, al IV Congresso Nazionale di Studi Romani affermò che: “sembra che egli [Scauro] avesse una villa presso il castrum Pirae". Quel "sembra che" sembra quindi avvalorare tutta la tradizione letteraria, più che storiografica, precedente, ma il De Santis lo fa in una maniera però che sa di presa di distanza. Egli, infatti, dice altrove che "quasi tutti gli studiosi campani sono concordi" su questa ipotesi. Il De Santis molto prudente negli anni 30 sostituisce a metà anni '60 il sembra che con un curioso “sicuramente” senza che – nel frattempo – prove archeologiche o documentarie abbiano avvalorato la pura ipotesi. Si pensi al Tommasino il quale nel 1942 cita 2 ville di M. E. Scauro nel Golfo di Gaeta senza citare fonti congrue che avvalorino tale “verità”: È chiaro che gli studiosi dando per assodata la questione non si preoccupano di approfondire né verificare la questione che – invece – al primo approfondimento serio vede sgretolarsi immediatamente l’ipotesi, come succede ai fallaci richiami Ciceroniani.

Autori anche di grande fama, come il De Rossi o il Coarelli, cadono in questo equivoco citando la falsa tradizione, dandola per acquisita, senza verificare o approfondire la questione.

Si fa notare, inoltre, che Il cognomen Scaurus non era una prerogativa degli Emili, ma era legato anche ad altri gentilizi romani. Agli Aureli, ai Terenzi, agli Umbrici, solo per citare i gentilizi più famosi ed importanti. Ugualmente priva di significato, ai nostri fini, è la presenza del nome di un Metello su un cippo prediale: non si vede come la presenza di Metelli quali proprietari terrieri nella zona possa comportare, ipso facto, anche la presenza degli Scauri, per il solo fatto che Marco Emilio Scauro si è legato in matrimonio a Cecilia Metella. Da un punto di vista dell’uso rigoroso delle fonti fonti, dirette e indirette, materiali e documentarie, si tratta di un puro esercizio di fantasia.

Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, non ci sono prove che il toponimo derivi da Marco Emilio Scauro, pur essendovi in tutta l’area numerosi resti attribuibili a costruzioni romane di cui ancora oggi, mancando un riscontro archeologico, non si conoscono le destinazioni d’uso.

2) Derivazione da Possessio scauriana (Liber Pontificalis):

Di una "possessio scauriana" si parla nel Liber Pontificalis del 432 d.C., attraverso il quale il Papa Sisto III edificò la Basilica Liberiana di Roma grazie anche a donazioni provenienti da un possedimento sito in "territurio Gazitano". Tuttavia, anche questa ipotesi è molto dubbia, in quanto la possessio scauriana deve essere correttamente intesa solo come una delle diverse possibili letture del testo, che è suscettibile di altre e più aderenti interpretazioni (“Scariana”, ad es.), le quali, in accordo con altri contesti documentali, un territorio “Gauzitano” è infatti rilevato in un documento papale dell'VIII secolo, consentirebbero una collocazione del fondo citato in zone differenti del basso Lazio, nel Velletrano o nel territorio di Sora. La difficoltà principale contro la quale si scontra la collocazione di una possessio scauriana nel territorio di Gaeta è proprio l'associazione alla diocesi di Gaeta in luogo della diocesi di Minturno, come ci si dovrebbe aspettare in un testo del 432. Inoltre la possessio potrebbe localizzarsi molto congruamente nel territorio Sublacense, tra Tivoli e Subiaco, dove esiste una località Scorano/Scoriano possibile prediale di scauranum e facente parte di proprietà ecclesiastiche. Il territorio sarebbe completamente omogeneo agli territori citati nel Liber, quelli di Preneste ed Affile, e ad esso si riconducono bolli doliari ritrovati ad Ostia dove si cita la presenza di un cognomen Scaurus: EX•OFIC•L•TVT•IANVARI. SCAVR L•T•L•P: Ex ofic(ina) L. Tut(ili) Ianuari fig(linis) Scaur(ianis) L. T(utili) L(uperci) P(ontiani), (Regesto Sublacense", p.201 e G. Silvestrelli, "Città, castelli e terre della regione romana", Roma 1940, p.534).

3) Derivazione dal termine greco antico Eskara:

Dal greco antico “Eskhara”, focolare, braciere ardente. È l’ipotesi di Raffaele Castrichino, storico e linguista locale. Il toponimo andrebbe inteso come il risultato della corruzione popolare di un toponimo indicante “la sede del fuoco”, di cui si conserverebbe ancora traccia nell'XI secolo nella forma Escauri, attestata in un atto del 1059 del CDC a Montecassino. Toponimo legato, forse, alle dune di sabbia della spiaggia scaurese che si arroventavano al caldo del sole

4) Dalla forma tardoantica/altomedievale “scarium/scaria”

Il termine deriverebbe, secondo un'ipotesi del professore universitario Luigi Chiappinelli, dalla forma tardoantica/altomedievale “scarium/scaria”, cantiere navale o luogo dove le barche vengono tirate in secca. Derivazione diretta del greco antico “escharion”, è un toponimo che ha avuto una fortuna immensa in tutto il Mediterraneo, presente dalla Provenza a Malta, dalla Catalogna alla Grecia. In Italia i toponimi costieri “Scaro/Scario/Scari” sono innumerevoli. A questa forma si associa spesso il toponimo del porto di “Scauri” a Pantelleria, visto che in dialetto siciliano si conosce una forma “scaru/scauru” deformazione di “scaro”. Una forma “scaura”, con il medesimo significato, è attestata anche a Savona. Nulla vieta che anche nel piccolo golfo sudpontino si sviluppi una forma dialettale “scauro”. Nell’area Campana il termine scaro/scario è ben attestato e se ne trovano tracce significative anche ad Ischia, Ponza e Sperlonga.

5) Derivazione dal pesce “scaro”:

Il pesce “scaro” era conosciuto anche come pesce “scauro”. Fu introdotto sotto l’imperatore Claudio in enormi quantità affinché ne fossero arricchite le tavole dell'aristocrazia romana. Claudio ordinò che venissero allevati nelle acque Tirreniche, da Ostia alla Campania, migliaia di esemplari di scari, appositamente raccolti su navi provviste di vasche, curandone la conservazione presso le coste nei cinque anni successivi. La presenza accertata di vasche di età Romana adibite all’allevamento ittico sotto il Monte d’Oro ed a Gianola (cosiddetto Porticciolo romano), potrebbe far pensare che i luoghi venissero identificati come il luogo degli scari/scauri, per la presenza abbondante di questi pesci pregiati.

6) Derivazione dalla forma Longobarda “scario”.

Dalla forma Longobarda “scario”, presente anche nelle forme “scarius” e “scaurius”. Gli scarii in lingua germanica erano gruppi di soldati, combattenti. La “scara” identificava spesso una schiera di militari a cavallo. Termine indicante anche la figura del capo delle guardie o del funzionario a capo di un'unità amministrativa. Il toponimo “Scarano”, molto diffuso, viene spesso legato a questo lemma. Come già avvenuto nell'altomedioevo, in altre zone d’Italia, per gli Slavi o i Bulgari, il toponimo potrebbe essere legato alla presenza di “scaurii” germanici sul territorio. Uno “Scauri nostri, qui nominatur Lupoaldus” è infatti attestato nel Codice Diplomatico Longobardo.

7) Derivazione da lemmi medievali marinareschi quale Scaula (genitivo plurale Scaularum).

Dal termine grecoromano, di origine Bizantina, “Scaula”, imbarcazione. Il lemma lascia proprie tracce in tutti i territori di importante influenza bizantina, soprattutto in area Adriatica. Con la caduta dell’Impero Romano e con la “reconquista” bizantina del VI sec. il luogo si ripopola. La vicina Gaeta è una delle fortezze marine bizantine più importanti. Porto naturale, l’approdo scaurese viene conosciuto e riconosciuto come il luogo delle Scaule e degli Scauli, visto che per tutto il Medioevo il toponimo “Scauli” è assolutamente predominante nei documenti ufficiali.

Ma desta notevole sospetto la forma "scaularum", genitivo plurale femminile, rilevata nell'Archivio Caetani più volte: i Caetani sono la famiglia che domina i luoghi scauresi per due secoli tra fine 1200 e fine 1400.

Le fonti parlano di un luogo che, dopo l'assoluta discontinuità e frattura con la tardo antichità testimoniata dalla “desolatio loci” di cui si lamenta papa Gregorio Magno (Epistulae I), ritrova vita a partire dai secoli VII-VIII, come centro portuale al servizio di Montecassino a cui il principe Grimoaldo I di Benevento concede in uso il porto di “Scauli” (Erasmo Gattola, op. cit., p.17).

Sono le imbarcazioni, le scaule e i loro addetti, gli scauli, che informano di sé il luogo e lo caratterizzano fin dal nome, contraddistinguendolo come centro di ancoraggio e di commercio di importanza interlocale, secondo un percorso che prosegue ininterrotto fino al XIX secolo e che consente, sporadicamente, l'uso di forme in scaur* generate per rotacismo dalla forma originaria.

A ciò si aggiunga la possibilità che alle scaule, di cui parlano molto significativamente i documenti del patrimonio archivistico della famiglia Caetani, per esempio, possano accostarsi e sovrapporsi, quali elementi generatori del toponimo, le forme scarium, scaro, scario/a, scaura, che in tutto il Mediterraneo dalla Liguria, alla Calabria, a Venezia, alla Sicilia, fino all'Egeo, identificano i cantieri navali e i luoghi in cui si tirano in secca le imbarcazioni. Si sottolinea, infine, come importanti voci, di studiosi eccellenti, difformi alla solita “vulgata”, siano ben presenti, mai citate, probabilmente sfuggite: V. De Bartholomaeis che identifica il toponimo Scauri quale forma dialettale medievale, e non classica romana, nel suo meritorio spoglio del Codex Diplomaticus Cajetanus; G. D. Serra che afferma, riferendosi sia allo Scauri sudpontino che a quello di Pantelleria, senza indugi: “Non è possibile tuttavia un etimo da Scaurus…” (1954), X. Lafon, grande studioso delle ville marittime romane del Lazio, che esprime parecchi dubbi sull’attribuzione a Emilio Scauro o sulla datazione della presunta Pirae (2001), S. Del Lungo, archeologo del CNR, che riconosce il toponimo Scauri o Scavoli (nome del luogo ancora nel 1700) quale “pienamente medievale”, nel suo bel libro sulla toponomastica nella provincia di Latina (2001).

8) Derivazione da Giuda Iscariota

Si tratta di una semplice curiosità, che riportiamo per dovere di completezza. Nella lettera che l'umanista van Winghe (Winghius) scrive ad Ortelio nel 1592 nella quale afferma di aver visto il portus scaurus (porto Iscauro) citato dal Platina, quindi dal Tarcagnota e riguardante il presunto fondo tramandato dal Liber Pontificalis, racconta che quando egli chiese ai “rustici”, ai paesani, da cosa derivasse il nome del luogo essi risposero: Giuda Iscariota!

Insomma, a fine 1500 non esisteva ancora alcuna tradizione popolare che legasse i luoghi agli Emili e i paesani, a meno che non si siano fatti beffa del Winghius, la legavano addirittura a un personaggio “negativo” quale l’Iscariota

9) Derivazione dalla antica città di Pirae.

L’identificazione di Pirae, città Ausone o Greca, con l’attuale Scauri si basa su una semplice congettura: Plinio, l’unico autore classico che cita il luogo, la descrive presente tra Formia e Minturnae. Per il resto le fonti antiche tacciono.

La presenza a Scauri di resti forse preromani ha portato ad identificare Scauri con Pirae.

Detto che non esiste il nome greco di Pirae, visto che – come abbiamo detto – ne parla solo Plinio (chi cita il nome greco di Pirae fa una semplice tanslitterizzazione, commettendo una forzatura abusata) il primo che sembra associare Pirae all’attuale Scauri è il letterato formiano Pasquale Mattej che però intorno al 1845 la definisce “città romana”.

Pasquale Cayro e Gaetano Ciuffi la localizzarono sul monte di Scauri e in località Faraone, più spostata verso il castrum Argenti, mentre il Romanelli (1819) la voleva presente presso la scafa sul Garigliano. Semplici congetture.

Poi arriva il falsario Francescantonio Riccardelli nel 1873 condendo il racconto di parecchie fantasie, compreso l’edificazione su di essa della villa di M. E. Scauro.

Nel 1923 il sopralluogo sui luoghi del Ribezzo, archeologo e glottologo, da dignità scientifica alla ipotesi che negli anni successiva viene ripetuta continuamente, seppur in assenza completa di scavi scientifici in zona.

Anche le ricognizioni di Coarelli e dei suoi allievi – nel 1989 – riprendono l’ipotesi senza tuttavia nulla aggiungere ai contributi precedenti.

Assolutamente ingiustificata la citazione della Massa Pirana a conforto dell’ipotesi.

La Massa Pirana , citata nel sopraelencato documento di papa Zaccaria, è inquadrata in un fondo Amphiteanorum mai rilevato sul territorio scaurese e che sembra riguardare più il territorio formiano: il fondo Amphiteatrum citato anche riguardo alla tomba di Sant’Erasmo. Infatti nel CDC varie volte è citato un territorio Piruli, caput Piro, Pire sorbo in loco flumitica, ecc. ecc., confinante con l’attuale località Conca, tra Gaeta Itri e Formia, dove ben si può collocare un territorio localizzato nel documento di Zaccaria “fuori dalla mura Gaetane”, non certo a qualche chilometro di distanza o a Minturno. La forma scauriis, citata in documenti afferenti papa Zaccaria e riguardanti i terreni dati in affitto al notaio Teodoro, sembra richiamare – invece – i cantieri navali, gli scauia / scauiis citati nel Codex Diplomaticus Cajetanus a indicare i cantieri navali di Gaeta. Lemma comunissimo nel Mediterraneo, dove gli scaria / scariis indicavano i cantieri navali a Genova, Amalfi e Marsiglia e dove – non a caso – troviamo la forma scaura a Savona.

Oltre a tutte queste incertezze, resterebbe poi da spiegare come da Pirae si passi a Scauri. Nessuno finora è stato in grado di abbozzare la benché minima ipotesi sul cambio di nome, se non un improbabile "acquisto" degli Emili voluto dal falsario Riccardelli e sul quale le fonti tacciono, compresi Cicerone, Livio e Plinio che ben conoscono i luoghi e hanno ottima conoscenza della gens Emilia e la loro storia.
Monumenti e luoghi d'interesse (in realtà anche qui si parla di storia e di "teorie")

Della presunta antica cittadina di Pirae, forse di origine greca o ausone, si può ammirare, oggi, un tratto della cinta poligonale (le mura megalitiche) con la porta urbana (VII-VI secolo a.C. circa). Tale insediamento era in rovina già all'epoca di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.). Alcuni studiosi hanno teorizzato che Pirae fosse un castrum, un avamposto difensivo e commerciale della città di Minturnae. Secondo J. Johnson, però, non è dimostrabile che vi sia, a Minturnae, una gens antecedente a quella dei "Pirani".

Un'altra teoria recita invece che Pirae (o Castrum Pirae) nacque da un gruppo ausonico che, staccatosi da quello originario montano di Campovivo (Spigno Saturnia), colonizzò il luogo sotto l'attuale Monte D'Oro. Pirae divenne allora importante borgo marittimo, assieme a Sinuessa e Minturnae e fu dedita ad attività marinaresche e commerciali, restando in frequente contatto con naviganti provenienti dall'oriente (Focesi), dall'Etruria, dalle coste sicule e dalla Magna Grecia, raggiungendo quindi il massimo splendore verso la fine del VI secolo a.C., quando si era consolidata in una vera e propria polis legata alle città della Pentapoli Aurunca per affinità etnica e ragioni supreme di vita e di indipendenza, di fronte alle eventuali piraterie dei naviganti greci e delle invasioni etrusche e sannitiche dell'età storica. Pirae, come detto legata alla Pentapoli Aurunca (ostinata nemica di Roma), dovette cessare di essere indipendente intorno al 314 a.C., anno in cui Roma si assicurò il definitivo dominio di tutto il Latium. Divenuta quindi colonia romana, la cittadina assolse l'importante funzione di nodo stradale nevralgico e di località commerciale. La colonia decadde rapidamente fino ad essere del tutto abbandonata, soprattutto dopo la devastazione subita ad opera dei Longobardi nel 558 d.C. (destino comune nel Lazio a tutte le località costiere, schiacciate all'interno dalle invasioni barbariche e sulla costa dalle incursioni saracene).

Nei periodi repubblicano ed imperiale a Pirae sorsero alcune ville marittime, una delle quali appartenne, secondo alcuni studiosi, al console Marco Emilio Scauro (162-90 o 89 a.C.) e di cui restano ancora alcune rovine, visibili nel vecchio rione.

A partire dall'anno 830, varie sono le citazioni della località nel Codex diplomaticus cajetanus. Ad esempio, in un atto del 993 è riportata la Chiesa di San Pietro Apostolo, sita in "porto scauritano", chiesa legata a Montecassino.

In seguito fu un centro produttivo, ma ancora soggetto a razzie. A scopo difensivo sorsero la Torre Quadrata (sul Monte d'Oro) e quella dei Molini (nel vecchio rione): furono erette rispettivamente nel XVI e nel XIV secolo a difesa del litorale. Il 21 luglio 1552, il corsaro turco Dragut sbarcò sul lido di Scauri e trasse in schiavitù 200 persone nei territori circostanti.

Tutte le menzionate testimonianze archeologiche (tranne la Torre Quadrata) sono racchiuse in proprietà private, ma ricadono nell'Area Protetta di Gianola-Monte di Scauri, che fa parte del Parco Regionale Riviera di Ulisse. La Torre Quadrata fu costruita sul Monte d'Oro, riconvertendo una fabbrica medioevale, di forma circolare. Acquisita di recente dal Comune di Minturno, è stata restaurata per favorire la creazione di un osservatorio ornitologico.
Bibliografia sul toponimo
  • Jotham Johnson, Excavations at Minturnae 2: Inscriptions, Philadelphia, 1933. Ristampa a cura dell'Archeoclub Minturnae, ed. italiana, Formia, 1995. ISBN 0-686-11906-1
  • Angelo De Santis, Di alcuni agionimi e gentilizi nella toponomastica minturnese, Roma, Palombi, 1949.
  • A. Lepone, Marco Emilio Scauro Princeps Senatus, Caramanica Editore, Scauri, 2005
  • Salvatore Cardillo - Massimo Miranda, Scauri: una terra tra Bizantini e Longobardi. Nuovi riscontri etimologici. Gaeta: Warhol Grafica, 2017.
  • Salvatore Cardillo - Massimo Miranda, Scauri. Un territorio tra Longobardi e Bizantini. Nuove prove etimologiche; in: Annali del Lazio Meridionale - Storia e Storiografia - Anno XVII, n. 33 - Giugno 2017, pp. 21–48.
  • Luigi Chiappinelli, Nomi di luogo in Campania. Percorsi storico-etimologici. Napoli : Edizioni Scientifiche Italiane, 2012.

--Carnby (msg) 07:28, 15 gen 2024 (CET)[rispondi]