Discussione:Il pendolo di Foucault

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Letteratura
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Scusate, ma ho qualche dubbio sulla frase conclusiva si questa voce: È del resto abbastanza paradossale, in quest'ottica, che Eco abbia sostenuto in alcune interviste che il Pendolo è fondamentalmente un attacco alla filosofia postmoderna (in particolare contro il decostruzionismo), vista come un ritorno dell'irrazionalismo: praticamente il pensiero postmoderno verrebbe aggredito con un romanzo costruito con i materiali di risulta della letteratura postmoderna.

Credo che questa conclusione travisi un po' il senso dell'opera: esso resta una critica al decostruzionismo alla Rorty (o alla Derrida) perché, sì, costruisce la narrazione a partire da vari principi di deriva interpretativa ermeneutica, cara a questi autori, esemplificata dal processo di riscoperta del Piano effettuata da Casaubon, Belbo e Diotallevi. Il fatto è che, a pochi capitoli dalla fine, l'occhio scettico della fidanzata di Casaubon mostra come il documento a partire dal quale l'intero Piano inizia ad essere ricostruito non sia altro che una lista della spesa di un commerciante locale: altro che la mappa segreta del Tesoro dei Templari! Dunque, riassumendo, il senso dell'opera risulta essere un monito all'interpretazione, e segna il solco che separa semiotica e decostruzionismo: un'opera disciplina le proprie interpretazioni, distinguendo gli abusi analitici dalle proprie conseguenze necessarie. Cio non toglie che un eccesso interpretativo possa costringere un testo a dire ciò che in realtà non dice. E così, l'interpretazione che i tre protagonisti danno della lista della spesa di Provins, inizialmente critica ma via via sempre più affascinata, li porta a leggervi un'arcano codice in cui i Templari avrebbero nascosto il segreto della propria gloria e dannazione. Il fatto che, alla fine dell'opera, si scopra come un gruppo di neotemplari esista davvero e creda per filo e per segno alla storia raccontata da Casaubon, Diotallevi e Belbo, tanto da giungere a torturare quest'ultimo, non fa che dimostrare come il sonno della ragione continui a generare mostri.

Mi sembra che questo punto di vista chiarifichi meglio le assunzioni basilari del testo, e che rispecchi anche le conclusioni a cui Eco era giunto dal punto di vista accademico. Prima in Lector in Fabula, del 1979, in cui si distingue tra intentio operis, intentio auctoris ed intentio lectoris e in cui si pone il concetto di Lettore Modello. Successivamente, soprattutto, ne I limiti dell'interpretazione del 1990, pubblicato due anni dopo la pubblicazione del Pendolo di Foucault, e nel quale troviamo un interessante dibattito con Rorty dedicato al tema dell'interpretazione e della sovrinterpretazione: da un lato si situa l'interpretazione, giustificata dalle indicazioni provenienti dal testo stesso, e dall'altro l'uso ermeneutico di un testo, il suo travisamento, dovuto a diverse motivazioni: errata considerazione dello statuto del testo, false credenze, furore decostruzionista, punti di vista ideologicamente orientati, ecc...

Fatemi sapere che ne pensate... --Teo 10:31, 19 dic 2006 (CET)[rispondi]

Questa voce manca di numerosi riferimenti e citazioni Ruccuntu 20:23, 23 lug 2007 (CEST)[rispondi]

sposto dalla voce[modifica wikitesto]

Parti trasferite[modifica wikitesto]

Sezioni trasferite provvisoriamente qui dalla voce in attesa che vengano riformulate in mod più oggettivo e corredate delle necessarie fonti. --MarcoK (msg) 23:07, 22 set 2007 (CEST)[rispondi]

Tra romanzo e autobiografia[modifica wikitesto]

Esattamente come il romanzo precedente e come quelli successivi, la capacità affabulatoria viene a stemperarsi nelle note autobiografiche che Eco attribuisce ai diversi protagonisti del Pendolo. Il trio di amici e colleghi di lavoro Casaubon-Belbo-Diotallevi è la trasposizione della realtà: per un periodo di tempo Eco aveva uno stretto rapporto professionale con due suoi colleghi. Altro esempio: l'episodio del libro sui metalli raccontato per immagini è vero.

Un'opera "derivativa"?[modifica wikitesto]

Alcuni commentatori[senza fonte] hanno notato considerevoli somiglianze tra questo romanzo di Umberto Eco e alcune opere narrative della letteratura postmoderna statunitense. L'idea di una ricerca di una verità sospesa tra volontà di sapere e dubbio metafisico; la figura di un quester (la persona in cerca della verità) lacerata tra la paura di essere vittima di un delirio paranoico e quella di essere vittima di un complotto; la visione della storia come di una recita organizzata da potenti gruppi segreti; l'attenzione a esoterismo, misticismo, ecc. - tutto questo rinvia a precedenti romanzi del grande scrittore americano Thomas Pynchon, quali V., L'incanto del lotto 49 e L'arcobaleno della gravità. Più di un commentatore ha ipotizzato che Eco abbia abilmente riadattato idee, trame e tecniche prese da Pynchon, applicandole a una storia sostanzialmente italiana (dietro Agliè qualcuno ha visto l'ombra del "venerabile maestro" Licio Gelli[senza fonte]); ma la poca conoscenza che si ha in Italia di Pynchon ha fatto sì che a molti critici italiani sfuggisse il carattere derivativo del romanzo di Eco.

È del resto abbastanza paradossale, in quest'ottica, che Eco abbia sostenuto in alcune interviste[senza fonte] che il Pendolo è fondamentalmente un attacco alla filosofia postmoderna (in particolare contro il decostruzionismo), vista come un ritorno dell'irrazionalismo: praticamente il pensiero postmoderno verrebbe aggredito con un romanzo costruito con i materiali di risulta della letteratura postmoderna.

Dalla sezione trama: 5 morti su 5?[modifica wikitesto]

Quest'ultimo aspetto è un tratto in comune ai cinque romanzi scritti da Eco: ciò che li rende autenticamente biografie, anche se fittizie, è il loro concludersi con la morte del protagonista-io narrante.

Ehm...no? Il nome della Rosa: Adso è vecchio e ci appare molto stanco, ma non muore e, per quel che ne sappiamo, potrebbe vivere ancora altri anni. Il pendolo di Foucault: si conclude con Casabuon che attende i "cattivi", diamolo per spacciato, ma il romanzo non si conclude con la sua morte. L'isola del giorno prima: ok, qui possiamo dare il "nostro" Roberto come morto. Baudolino: anziano ma vivissimo, riparte anzi per nuove avventure. La misteriosa fiamma della regina Loana: ok, anche qui (forse, dovrei riprenderlo in mano ma l'ora è tarda: forse Yambo finisce il libro "solamente" in coma). Il cimitero di Praga: aspettiamo e vediamo :-)

Insomma, 3 a 2 per i protagonisti "sopravvissuti" (con mezzi punti "in bilico", ma lontani dal 5-0), o devo davvero rileggere tutto da capo o la frase in questione è errata. Pareri? Saluti --151.15.96.225 (msg) 01:18, 9 ott 2010 (CEST)[rispondi]

Mi boldizzo e cancello la frase a quanto mi consta semplicemente errata, buon lavoro a tutt*--151.15.105.214 (msg) 00:22, 14 ott 2010 (CEST)[rispondi]

Mario Salvadori[modifica wikitesto]

Purtroppo su it.wiki manca una voce per questa grande personalità. Per il momento occorre consultare la voce su en.wiki. Da un lungo articolo di Riotta sul Corriere della Sera e dalla intervista Odifreddi-Eco citata, risulta che Salvadori, per dare un'esemplificazione del pendolo ad Eco, sia ricorso all'immagine degli impiccati, che poi risulterà molto importante nel romanzo. Questo era tipico del suo stile di grande didatta oltre che di grande scienziato. --Ancelli (msg) 15:51, 5 dic 2010 (CET)[rispondi]

Michel Foucault[modifica wikitesto]

Sarebbe ora di chiarire una volta per tutte la faccenda del riferimento a Michel Foucault. Non è questione di ricerche personali, ma ogni studioso foucaultiano nota che il Pendolo "trasuda" di tematiche foucaultiane che, per brevità, non sto ad elencarvi. Nella Wiki inglese si dice come Eco neghi ogni riferimento a Foucault. Burlone! Le vicende narrate (tolto un piccolo epilogo diluito nel testo) terminano con la data di morte di Foucault - 25 giungo 1984. Visto poi che erano amici personali (come riportato in Dits et Ecrits - che è il testo di riferimento per le pubblicazioni foucaultiane), non mi sembra proprio POV fare 2+2. --MarcelloPapirio (msg) 06:16, 6 mar 2011 (CET)[rispondi]