Discussione:Idealismo

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Filosofia
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L'ultimo inserimento anonimo non riguarda piuttosto specificamente l'idealismo tedesco invece che l'idealismo in generale?

  • Prima: In Filosofia si indica con idealismo una teoria che afferma che ciò che è reale è contenuto nella nostra mente.
  • Dopo: In Filosofia si indica con idealismo quella corrente filosofica romantica che pone come fondamento l'identificazione tra il mondo reale, naturale e storico, e un principio infinito. L'interazione di carattere pragmatico, artistico - creativo o conoscitivo, dell'uomo con la realtà, supera il dualismo kantinao poiché l'uomo appartiene al principio costitutivo e ha a che fare con esso. La realtà nel suo complesso è infinita. Anche l'uomo, nella sua finitezza, ha la sua infinità nel divenire biologico visto come procreazione.

Revert? Spostamento a idealismo tedesco?? Cat 08:55, nov 3, 2005 (CET)

Non sono un filosofo, però con la filosofia ho avuto molto e ho a che fare, poiché ne sfrutto il linguaggio - sia considerato anche l'astio intellettuale da me nutrito nei confronti di tanto aristotelismo.
Da storico, vi prego di inserire un po' di riferimenti bibliografici, poiché non penso che siano del tutto corretti quelli che inserirei. Grazie. Francesco da Firenze (msg) 01:33, 7 mag 2008 (CEST)[rispondi]

Rapisardi?[modifica wikitesto]

Avanzo dei dubbi sull'opportunità di una sezione intitolata (forse impropriamente in questo caso) "Altri progetti" e che riporta due link ad altrettanti testi di Rapisardi. Poichè la presente voce è intitolata "Idealismo", è a questo termine specifico che dovrebbero collegarsi "altri progetti"; inoltre, di fronte all'immenso patrimonio di testi, studi ecc. di tutti i filosofi e gli autori ideslisti, difficile condividere la scelta di una riduzione a due link ed entrambi riferiti allo stesso autore che, aggiungo, non è tra i primissimi che vengono in mente parlando di idealismo. --Microsoikos (msg) 22:38, 26 mar 2009 (CET)[rispondi]

Analisi critica dell'idealismo[modifica wikitesto]

Al momento sposto qui la sezione sull'analisi critica dell'idealismo, perchè mi sembra una ricerca orginale. Si tratta magari di teorie di tutto rispetto, però si dilungano in analisi critiche poco idonee per una fonte terza come wikipedia. Ad esempio si parla di "immanenza" e persino di "ateismo" come fossero delle cartteristiche acclarate dell'idealismo:--Trambolot (msg) 18:04, 26 nov 2012 (CET)[rispondi]

Immanenza (della conoscenza) e ateismo sono certo caratteristiche dell'idealismo (e a mio parere ne costituiscono i punti di forza). Quanto avevo aggiunto non è una "ricerca" originale, ma una "sintesi" (certo originale, nel senso di non copiata da altri, ma elaborata da me per una lezione). Sono del parere che si potrebbero limare alcuni punti, dopo di che reinserirla nella voce (magari con il titolo "Dibattito tra idealismo e realismo"), perché comunque può offrire informazioni utili al lettore. --Talmid3 (msg) 18:11, 26 nov 2012 (CET)[rispondi]
Se è uno scherzo lo trovo di pessimo gusto. Non so a quale idealismo fai riferimento tu, a questo punto suppongo quello hegeliano di inizio Novecento che andava di moda nelle università, a ogni modo ti faccio soltanto notare che l'idealismo classico, quello nato con Fichte-Schelling, era completamente incentrato sulla trascendenza, derivante a sua volta dal trascendentalismo kantiano, e imbevuto fino al midollo di religiosità e misticismo. Solo con Hegel l'idealismo diventa immanente (sempre però entro un orizzonte cristiano). Non si può ignorare l'origine religiosa dell'idealismo (anche quello di Berkeley rispondeva a una profonda esigenza religiosa) e i legami con tutta la precedente tradizione greca e medievale, stravolgendo la voce per far passare una tua tesi orginale che dici di aver elaborato per una lezione. Capisco che ti possa dispiacere vedere messo in discussione il tuo lavoro, ma modifiche così radicali alla voce andavano prima discusse.--Trambolot (msg) 23:19, 26 nov 2012 (CET)[rispondi]
(Ti rimando anche alla lettura di: Wikipedia:Niente ricerche originali)

Credo che tu abbia confuso il concetto di immanentismo ontologico (negazione del trascendente, tutto sommato una forma di materialismo), da un immanentismo gnoseologico (l'oggetto della conoscenza è interno alla ragione conoscente). Grazie per il rimando alla lettura della regola di Wikipedia, la conoscevo, lavoro su Wikipedia da un po' di tempo. Lasciamo perdere, non mi va di fissarmi in una cosa infinita. Il tuo tono comunque non è amichevole ("scherzo di pessimo gusto", "far passare una tua tesi", "dici di aver elaborato"). Che la voce resti come la vuoi tu, lavorerò (quando ne ho il tempo) su altre pagine. --Talmid3 (msg) 00:24, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

Forse il mio tono non è stato amichevole, ti chiedo scusa per la forma, ma non per la sostanza. Ad esempio quando scrivi Le “ragioni” che sostengono l'ipotesi idealista sono principalmente motivazioni con forte carattere polemico. D'altronde, questo carattere polemico è ben comprensibile... ecc., a me sembrano concetti più adatti ad una rivista specialistica che non a un'enciclopedia. Oppure che l'idealismo affermi l'impossibilità di cogliere un "reale" in sé non lo trovo tanto corretto, perchè l'idealismo nega proprio il reale in sè, non la possibilità di coglierlo.--Trambolot (msg) 01:14, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

Ma ora, che cosa significa spostare il blocco sul rapporto idealismo-razionalismo, qualificandolo come ricerca personale? Non vi è nulla di personale, quella è davvero roba da liceo! Puoi dire che il capitolo finale sulle ragioni dell'idealismo fosse troppo centrato sull'approccio neoscolastico (e infatti era tutto Maritain), se ne poteva discutere. Ma lo schemino sulla gnoseologia nel ciclo moderno era quanto di più schematico e super partes si poteva fare. Anche solo per il tempo che ho impiegato a realizzarlo e caricarlo, credo che sarebbe corretto risistemarlo nel corpo dell'articolo. Mi sembra che tu stia davvero monopolizzando la pagina, o che comunque stia andando a cercare i miei contributi per eliminarli a uno a uno. --Talmid3 (msg) 09:39, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

Scusa, ma io sinceramente non capisco quale sia la ragione di dover trattare il tema dei rapporti tra l'idealismo e un imprecisato "razionalismo". Quale sarebbe poi questo "razionalismo"? Quello di Cartesio? o quello di altri, tipo Kant, che è radicalmente diverso? Boh. Per la stessa ragione si potrebbe trattare il tema dei rapporti tra idealismo e esistenzialismo, o tra idealismo e la scolastica medievale, o tra idealismo e la gastronomia. Non si capisce perchè proprio col razionalismo. Io non è che voglio buttare a mare il tuo lavoro, è che gli argomenti vanno contestualizzati.--Trambolot (msg) 11:56, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

Mi riferivo al razionalismo che individuiamo come corrente della filosofia moderna del sei-settecento (la linea Cartesio-Spinoza-Leibniz, per essere scolastici; difficilmente definirei razionalista la critica di Kant). Perché fare un confronto? Beh, per lo stesso motivo per cui subito prima si diceva che l'idealismo viene contrapposto a dogmatismo, realismo, materialismo, etc. La ragione di questo confronto stava nel fatto che spontaneamente ci si sentirebbe portati (e molti studenti lo fanno) a sovrapporre una gnoseologia razionalista (cartesiana, leibniziana) con l'idealismo, soprattutto tedesco. D'altronde, è abbastanza comprensibile supporre che un metodo empirista dia maggior credito al senso comune, e porti a pensare l'oggetto di conoscenza come dotato di esistenza propria al di fuori del soggetto (difficile trovare elementi idealistici in Locke o Hume). Il paragrafo tendeva ad evidenziare come razionalismo e empirismo (di quel periodo, ovviamente) fossero risposte a domande sullo strumento della conoscenza veritativa, mentre idealismo e realismo siano risposte sull'oggetto di tale conoscenza. Grazie almeno per avere salvato lo specchietto, ti assicuro che l'ho trovato efficace per aiutare a mettere ordine in testa. --Talmid3 (msg) 13:25, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

Un'altra cosa. Guarda che l'apertura della voce, come è messa ora, secondo me non dà la definizione di "idealismo", ma quella di "innatismo". Anche la voce sulla Treccani (normalmente in Wikipedia cerchiamo di chiamarla Enciclopedia Italiana) non parla proprio di idee "già" presenti nella mente (il termine "mente" io non lo userei, comunque, preferendo "ragione"), ma di risoluzione della realtà con il pensiero; e ugualmente non parla mai di "a priori". Mi spiego: se per esempio siamo d'accordo sul fatto che Berkeley sia un idealista, comunque non sarà certo un innatista, la conoscenza per lui sarà comunque un a-posteriori, in cui dal termine medio del ragionamento (la sensazione, logicamente posteriore all'idea) si risale all'oggetto di conoscenza (l'idea); ciò che fa di Berkeley un idealista è invece l'affermazione che sia sensazione sia oggetto di conoscenza siano comunque interni al soggetto, e su una presunta realtà esterna non si possa dire nulla. Non mi impunto in una guerra di rollback, ma prova tu a riformulare l'incipit. --Talmid3 (msg) 13:39, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

In effetti la definizione iniziale non tiene totalmente conto della posizione di Berkeley. Però ti ripeto, lui non dice che su una presunta realtà esterna non si possa dire nulla, dice invece che una realtà esterna proprio non esiste, e non può esistere. Comunque, propongo di cambiare l'incipit pressappoco così: L'idealismo in filosofia è una visione del mondo che riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando l'esistenza autonoma della realtà fenomenica, ritenuta il riflesso di un'attività interna al soggetto. Spero tu sia d'accordo.--Trambolot (msg) 17:39, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]
(Ho preso spunto anche da qui)

Sì, credo che sia molto meglio così. --Talmid3 (msg) 18:16, 27 nov 2012 (CET)[rispondi]

Analisi critica dell'idealismo[modifica wikitesto]

Alla luce di quanto è stato detto, si può dire che l'idealismo non sia soltanto una ipotesi epistemologica (una possibile risposta alle domande sui limiti della conoscenza umana), ma si è evoluto fino ad avere una consistenza ontologica (una visione globale di tutto ciò che è).

Le “ragioni” che sostengono l'ipotesi idealista sono principalmente motivazioni con forte carattere polemico. D'altronde, questo carattere polemico è ben comprensibile, dal momento che l’idealismo va in un certo senso "controcorrente", opponendosi al senso comune e al pensiero filosofico di tutta l’epoca antica e medioevale.

La base comune di queste motivazioni è un grande principio, interpretato in direzioni diverse: il principio di immanenza, secondo il quale è impossibile conoscere cose in sé, al di fuori del pensiero e della coscienza. Tale principio è stato anche formulato già da Kant, per il quale era evidente che noi non abbiamo percezioni al di fuori di noi stessi, ma soltanto in noi stessi.

Due “sotto-principi” si propongono di spiegare che cosa sia questa immanenza: il principio del fenomenismo e il principio di relatività.

  • principio del fenomenismo: noi possiamo conoscere solo fenomeni, che però sono qualcosa di altro rispetto alla cosa in sé;
  • principio di relatività: ogni conoscenza è relativa ad un soggetto (in accezione “leggera”: il soggetto è come un teatro in cui le cose si esibiscono, o in una accezione radicale: l’oggetto di conoscenza è creato dal soggetto).

Tutto questo portò a cambiare completamente il modo di presentare i temi epistemologici della verità e della sensazione.

Interpretazione idealistica della verità[modifica wikitesto]

Non si può più sostenere che la verità sia un "adeguarsi" dell’idea alla realtà:

  • come può un’idea "assomigliare" ad una cosa? Una somiglianza tra due enti tanto differenti è del tutto impossibile (si pensi al dualismo ontologico di Cartesio);
  • come potremmo noi verificare la conformità di un’idea ad una cosa? Dovremmo prima poter conoscere la cosa al di là dell'idea che ne abbiamo, e questo è impossibile.

L'idea stessa, dunque, è la verità: tutto ciò che esiste (nello spirito umano) è vero.

Interpretazione idealistica della sensazione[modifica wikitesto]

La sensazione non può più essere considerata un contatto con la res: essa è semplicemente uno stato di coscienza del soggetto, si pensi alle illusioni e alla allucinazioni. È assurdo, comunque, pensare che il sensibile pre-esista alla sensazione, perché affermare ciò significherebbe avere una intuizione immediata della res ancora prima di percepirla.

Valore positivo della fase idealista del pensiero moderno[modifica wikitesto]

L'idealismo è una specie di antitesi, una ricca presa di coscienza, di fronte ad un realismo chiaramente ingenuo. Anche chi volesse rifondare una metafisica realista, non potrà che tentare di costruire un realismo critico.

Il realismo, la posizione antitetica rispetto all'idealismo, non è niente altro che un atto di fiducia nel senso comune, il quale ci porta evidentemente a supporre che esistano delle cose, che il mondo di cui siamo parte non sia soltanto l’emanazione del nostro pensiero o di una “ragione in sé”, somma di tutto il pensiero umano.

Jacques Maritain faceva notare come il fatto che tutta la filosofia (forse con grande ingenuità) fin dal suo sorgere sia stata realista, ci faccia intuire che il pensiero sia anzitutto realista, spontaneamente realista: il primo pensato è un essere indipendente dal pensiero; il cogitatum del primo cogito non è cogitatum, ma ens, proprio come non si mangia il mangiato, ma si mangia il pane. Separare l’oggetto di conoscenza dalla cosa in sé sarebbe come violentare la natura dell’intelligenza nella sua intuizione di fondo.

L’idealismo parte da una precomprensione atea: sceglie di non accettare il principio della creazione, cioè la convinzione che proprio le cose in sé non siano pura materia inerte, ma siano penetrate da una intelligenza superiore, che sarebbe all’origine del loro stesso essere.[1]

Bisogna comunque prendere atto di un rischio che la filosofia idealista corre continuamente: il rischio di ridursi a pura attività riflessiva, ripiegata su sé stessa, senza un vero oggetto. La filosofia diventa così riflessione sull’idea, o sull’idea che si ha dell’idea, o sull’idea che si ha dell’idea dell’idea, e così avanti in un continuo ritornare del pensiero al pensiero-del-pensiero.

Rapporto tra idealismo e razionalismo[modifica wikitesto]

C’è una stretta affinità tra razionalismo e idealismo; la differenza, tuttavia, è radicale: mentre il razionalismo esalta la capacità della ragione di raggiungere la res, la realtà in sé stessa, nell’idealismo questa stessa res è addirittura eliminata.

Sarebbe un errore, quindi, sovrapporre acriticamente razionalismo e idealismo. Anzitutto perché il problema cui queste due correnti filosofiche intendono rispondere non è lo stesso: il razionalismo dà una risposta circa lo strumento della conoscenza, l’idealismo circa l’oggetto di tale conoscenza. In secondo luogo, si deve tener conto del fatto che la storia della filosofia presenta anche combinazioni diverse: non sempre il razionalismo è idealista (Cartesio era razionalista, ma realista), e non sempre l’idealismo è razionalista (Berkeley, che potrebbe essere considerato uno degli idealisti più radicali, era empirista e non razionalista).

Schema sintetico delle principali tendenze epistemologiche di fronte al quesito sulla conoscenza

Ho spostato lo shema epistemologico della conoscenza perchè, a parte che è privo di fonti, non riguarda propriamente l'idealismo ma è appunto uno schema della conoscenza attinente più che altro alla voce epistemologia. Ho inserito invece un'opera di Caspar David Friedrich che mi sembra più attinente.--Trambolot (msg) 11:34, 12 apr 2014 (CEST)[rispondi]

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  1. ^ Il cattolico Maritain riteneva addirittura che l’idealismo non fosse niente altro che una colossale opera di difesa innalzata dal pensiero ateo per evitare di doversi trovare di fronte, alla fine della riflessione filosofica, ad una suprema realtà trascendente: «I bastioni e le fortificazioni della filosofia idealista appaiono così come grandi opere di difesa contro la personalità divina. Nulla di più significativo di questi vasti lavori. È sufficiente che vi siano delle cose perché Dio sia inevitabile. È sufficiente che assegniamo ad un filo di muschio, alla più piccola formica, il loro valore ontologico, perché non possiamo più sfuggire alla mano terribilmente potente di chi li ha fatti»[senza fonte].