Discussione:Dimostrazione matematica

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Premetto che sono un matematico ma non un esperto di logica :)

Una dimostrazione matematica è un procedimento che attraverso una sequenza di passaggi logici, [...] conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica è vera o è conseguenza di fatti assunti come assiomi.

Non bisognerebbe togliere è vera o?

Se ne è discusso ampiamente qui. Non consideri vere affermazione matematiche come "non esistono strategie vincenti per il gioco del tris", oppure "esiste un algoritmo polinomiale in grado di dire se un dato numero in input è primo"?--Pokipsy76 17:34, 1 feb 2008 (CET)[rispondi]

Ricopio la discussione qua sotto dall'archivio del progetto --Piddu (msg) 16:35, 17 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Dimostrazione[modifica wikitesto]

cb La discussione proviene dalla pagina Discussioni progetto:Matematica.
– Il cambusiere --Piddu (msg) 16:35, 17 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Si legge nella voce dimostrazione matematica:

La dimostrazione matematica è un procedimento per cui un enunciato viene derivato in maniera formale a partire da un insieme di nozioni accettate per evidenza - gli assiomi - e un insieme di regole formali che permettono di generare un enunciato a partire da altri enunciati.

A me non quadra molto:

  1. "Derivato in maniera formale"? "regole formali per generare enunciati"? In che senso formale? Lo capisco se parliamo di passaggi algebrici, ma qando si ragiona c'è poco di formale (a meno che non stiamo considerando dimostrazioni formali in una teoria del primo ordine, ma qui si parla di dimostrazioni matematiche in generale)
  2. "Assiomi=nozioni accettate per evidenza"? Questo non è sempre vero.
  3. Non sempre nelle dimostrazioni matematiche sono esplicitati degli "assiomi", non lo sono ad esempio nel caso della dimostrazione dell'infinità dei numeri primi, o dell'irrazionalità di radice di 2 o nelle dimostrazioni "visive" del teorema di pitagora.

Che ne pensate? --Pokipsy76 21:36, 1 gen 2008 (CET)[rispondi]

Si, devo dire che condivido qualche perplessità.

  1. Anche a me quei due enunciati piacciono poco (specie il secondo), ma non li vedo così male.
  2. Sicuramente non è in generale vero che gli assiomi sono nozioni accettate per evidenza (direi anche che non è mai vero, la matematica dovrebbe "stare lontana" dalla veridicità degli assiomi, al massimo si può dedicare alla loro coerenza). Correggo quindi subito questa parte.
  3. Su questo starei cauto. E' vero che spesso gli assiomi che si utilizzano non sono esplicitati chiaramente, ma in genere ci sono e non ce ne accorgiamo perché diamo per assunte cose che sono solo intuitivamente evidenti (ma ciò non significa che le si debba assumere). In ogni caso anche un insieme vuoto di assiomi è un insieme di assiomi, quindi su questo punto non vedo nulla di male.

Ciao, --Sandrobt 00:38, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

Se gli assiomi non sono esplicitati e addirittura sono "inconsci" è un po' pretestuoso dire che ci sono: vuol dire che stiamo dando una definizione di "dimostrazione" che sottintende una teoria psicologica della matematica. Ciò su cui si deve basare la definizione sono solo i dati di fatto. E' vero che tu mi puoi tradurre la dimostrazione di Euclide nella forma "assiomi di peano->infinità dei numeri primi" o anche "assiomi di Zermelo->infinià dei numeri primi", ma anche prima che questa traduzione fosse compiuta quella di Euclide era considerata una dimostrazione a tutti gli effetti, pur non partendo da assiomi. E' per questo che secondo me la definizione non dovrebbe assumere questa condizione. LO stesso discorso vale per le regole di deduzione, che prima di del 1900 nessuno aveva mai identificato con precisione.--Pokipsy76 09:17, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

Più che gli assiomi sono inconsci volevo dire che in generale sono omessi (se si parla di una piccola proprietà sui naturali, ad esempio, in genere si da per scontata l'assunzione degli assiomi di Peano o di Zarmelo), ma ciò non toglie che una dimostrazione formalmente corretta dovrebbe esplicitare gli assiomi che utilizza. Poi nella realtà, quando la non esplicitazione degli assiomi non compromette la chiarezza, allora questi vengono omessi (se si parla di una piccola proprietà sui naturali, ad esempio, in genere si da per scontata l'assunzione degli assiomi di Peano o di Zarmelo). Per quanto riguarda Euclide, beh, la matematica ne ha fatta di strada da allora... In ogni caso, insisto sul seguente punto: anche un insieme vuoto di assiomi è un insieme di assiomi. Sulle regole di deduzione, sicuramente quelle frasi sono migliorabili, ma non è facile trovare qualcosa di più rigoroso ed allo stesso almeno egualmente chiaro. Sicuramente passaggi algebrici non va bene perché non tutti i passaggi sono di quel tipo.--Sandrobt 12:58, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

Io proporei qualcosa del tipo:
Una dimostrazione matematica è un procedimento che integrando una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica deve essere vera. Una dimostrazione può servirsi di fatti già dimostrati in precedenza oppure assunti come assiomi.
Poi si possono fare successivamente dei riferimenti alle condizioni entro cui la comunità scientifica accetta una dimostrazione come valida e alle dimostrazioni nei sistemi formali.--Pokipsy76 13:35, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

Questa proposta non mi sembra male. Mi lasciano un po' perplesso "integrando" (ma questa è una perplessità linguistica) e "deve essere vera". Che dici di:

Una dimostrazione matematica è un procedimento che attraverso una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica è conseguenza di fatti già dimostrati in precedenza oppure assunti come assiomi.

--Sandrobt 17:14, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

Mmmm... non mi piace molto il finale, sempre per il motivo che mi sembra una esprimere una concezione troppo moderna e formalistica del concetto e che esclude, tra le altre cose, tutta la matematica prima del 900. Se non ti piace che parli di "verità" perchè ti suona troppo filosofico possiamo dire semplicemente:
Una dimostrazione matematica è un procedimento che attraverso una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce a stabilire la validità di un teorema. Una dimostrazione può servirsi di fatti già dimostrati in precedenza oppure assunti come assiomi.
Che dici?--Pokipsy76 17:43, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]
Concordo con tutti i vostri ragionamenti qua sopra. Solo una cosa: nell'ultima bozza, ora dice "..la validità di un teorema", ma io rimetterei "..la validità di un'affermazione matematica, invece di teorema, come c'era in quelle precedenti. Non so se è stato cambiato solo per errore --Piddu 19:35, 2 gen 2008 (CET) Anch'io preferisco affermazione matematica--Sandrobt 22:12, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

Boh così è un po' meglio ma continua a non convincermi molto (cosa vuol dire "teorema valido"? In fondo è solo un modo per nascondersi e non dire vero). Insisto ancora una volta che un insieme vuoto di assiomi è un insieme di assiomi e dunque la "mia" versione mi sembra possa andare bene. Come alternatica, non riusciamo a trovare qualcos'altro al posto di valido/vero?--Sandrobt 22:12, 2 gen 2008 (CET)[rispondi]

"Valido" era una parola che si presta diverse interpretazioni (può essere pensata sia come "vero" sia come "applicabile in un certo contesto") e quindi mi sembrava buona per condensare tutto in una frase. Possiamo rimpiazzarlo con "è vero o è una conseguenza logica di alcuni assiomi" (espressione che comunque racchiude entrambi i significati). Se vuoi far passare la faccenda dell'insieme vuoto di assiomi alora dovremmo dire qualcosdel tipo:
Una dimostrazione matematica è un procedimento che attraverso una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica è conseguenza di un insieme (eventualmente vuoto) di fatti già dimostrati in precedenza oppure assunti come assiomi.
Ma dire che una affermazione è conseguenza di un insieme vuoto di assiomi (cioè del nulla!) non mi pare che sia molto più chiaro o non-controverso rispetto a dire che "è vera" o "è valida"!-Pokipsy76 08:51, 3 gen 2008 (CET)[rispondi]

Ahhh, tre matematici che non riescono a mettersi d'accordo su cosa sia una dimostrazione... aiaiaiaiai... dome andremo a finire... =P --sky 11:37, 3 gen 2008 (CET)[rispondi]

Ma questa più che matematica è folosofia... Comunque,

Una dimostrazione matematica è un procedimento che attraverso una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica è conseguenza delle definizioni date, di fatti già dimostrati in precedenza oppure assunti come assiomi.

può andare meglio? (A me piace di meno, ma forse va incontro alle tue richieste) --Sandrobt 12:07, 3 gen 2008 (CET)[rispondi]

Di primo acchitto sembra migliore ma sussiste sempre lo stesso problema precedente: per essere onesti e precisi dovremmo specificare "un insieme eventualmente vuoto di definizioni date, fatti dimostrati o assunti come assiomi" (le difinizioni infatti sono solo un modo di compattare una scrittura: qualunque enunciato può in teoria essere riformulato in modo da esplicitare tutte le definizioni che contiene). Insomma di fatto stiamo ancora sostenendo che una dimostrazione può essere una qualcosa che porta a concludere che una affermazione è conseguenza del nulla, ma allora in questi casi non è più chiaro onesto e diretto dire che è "vera" o "valida"?
Nella wikipedia anglofona ho sollevato una questione simile (anche se non del tutto) che ha dato luogo a questa discussione da cui mi sembra che emergano due concezioni di dimostrazione matematica: una concezione "realista" che vede le dimostrazioni come argomenti a sostegno della verità di un fatto, e una concezione "formalista" che vede la dimostrazione come un processo che stabilisce un collegamento logico tra assiomi e teoremi, senza preoccuparsi della "verità" di questi o dell'esistenza effettiva di un modello che li soddisfi. Entrambe le concezioni hanno a mio avviso piena dignità di essere menzionate e la cosa migliore per farlo è dare una nozione duplice: diciamo che una dimostrazione è "un argomento che porta stabilire che un enunciato è vero o che discende da assiomi". Non vedo altri modi per conciliare questi due punti di vista senza ricorrere a trucchi linguistici.--Pokipsy76 09:47, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Beh, così mi sembra molto meno chiaro e piuttosto preferirei le tue versioni iniziali, ma sei sicuro che non ti piaccia la mia ultima versione? Ammette anche che una dimostrazione possa essere dimostrata solo a partire da definizioni. Insomma una dimostrzione dovrà pur partire da qualcosa, no? AH, sempre nella pagina dimostrazione se non sbaglio dice "il lemma dimostrazione...", forse sarebbe il caso di cambiare lemma con qualcos'altro, ad esempio con "termine", tra tutte le parole che si potevano scegliere mettere proprio lemma mi sembra fuori luogo. Ciao--Sandrobt 15:26, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

A me preme che nella definizione si faccia capire che per "dimostrazione matematica" si intende anche un procedimento teso a mostrare la "verità" (o "validità") di un'ipotesi indipendentemente da qualsiasi costruzione assiomatica (ho in mente la dimostrazione di Euclide sui numeri primi e le "dimostrazioni senza parole.) Sulle definizioni, come dievo prima, se una dimostrazione può partire "solo da definizioni" allora vuol dire che può partire anche dal nulla (basta riformulare l'enunciato in modo che le definizioni siano tutte esplicitate).--Pokipsy76 15:49, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Si, infatti, appunto per questo speravo ti piacesse di più, era un escamotage per dire la stessa cosa col vantaggio che in questo modo evitiamo di parlare di verità che, come parola associata alla matematica, mi piace proprio poco. Nel frattempo, se nessuno ha niente da dire cambio "lemma" con "termine". (P.S. chiedo scusa se non metto quasi mai gli oggetti delle modifiche, ma mi dimentico sempre... e come si fa' a mettere la freccettina?)--Sandrobt 16:38, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Beh, in teoria dovremmo cercare di essere chiari ed espliciti, non cercare escamotage per "dire e non dire". Quanto alla "verità" in matematica dobbiamo comunque prendere atto che esiste un approccio alla matematica di tipo "realista" come ne esiste uno "formalista" (vedi filosofia della matematica), quindi il punto di vista secondo cui in matematica si dimostrano delle "verità" è degno di nota e va menzionato. Non credo che si possa trovare un modo di definire "dimostrazione" che sia accettabile da un punto di vista realista senza parlare di "verità" o "validità"... se ti suona meglio possiamo dire che il fatto dimostrato "sussiste" anzichè dire che è "vero", ma il concetto che esprimiamo è sempre lo stesso. (P.S. a me l'oggetto lo mette in automatico se modifico la pagina clickando sulla voce "modifica" accanto al titolo del sottoparagrafo)--Pokipsy76 17:42, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Prima di tutto grazie per il sauggerimento. Poi, hai ragione che bisogna essere chiari e espliciti, cercavo solo di trovare una formulazione che si potesse interpretare in tutti e due i modi. Per quanto mi riguarda faccio veramente fatica a concepire la visione realista di cui parli, ma questa chiarmanente non deve avere molto a che fare con quanto va scritto in wikipedia. A questo punto direi di tornare alla tua versione

Una dimostrazione matematica è un procedimento che integrando una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica deve essere vera. Una dimostrazione può servirsi di fatti già dimostrati in precedenza oppure assunti come assiomi.

Specificando in una nota o appena sotto quali sono le possibili interretazioni di "vera". Può essere una soluzione?--Sandrobt 18:04, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Per testare se veramente non hai una posizione realista ti do questo link. Comunque io aggiungerei anche nel testo "o è una conseguenza di altri fatti assunti come assiomi" perchè nella definizione che diamo devono anche rientrare dimostrazioni in cui vengono assunti fatti di verità più "dubbia" come l'assioma della scelta.--Pokipsy76 18:56, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Molto interessante il collegamento, devo dire che ero già rimasto molto colpito dalla tesi di un mio amico che mostrava come la convergenza di qualche successione sia indimostrabile con Peano, mentre è dimostrabile con Zarmelo. Appunto per evitarmi queste domande in cui fondamentalmente non vedo risposte, cerco di evitare il problema pensando più prudentemente: "questo è dimostrabile a partire da questi assiomi mentre non è dimostrabile a partire da quest'altri". Quanto alla tua nuova proposta, con quella aggiunta (che mette in contrapposizione vero con "conseguenza di assiomi") la frase è interpretabile esclusivamente in senso realista. Forse a questo punto è il caso di scrivere la tua proposta aggiungendo sotto un'affermazione che dice che ci sono altre filosofie matematiche che rifiutano l'esistenza di verità a priori.--Sandrobt 19:29, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Perchè dici che è interpretabile solo in senso realista? Affermiamo che "una dimostrazione è un procedimento che mediante [...] conduce alla conclusione che una affermazione è vera o che è una conseguenza logica di altri fatti assunti come assiomi" e in questo modo stiamo dicendo che può venire chiamata "dimostrazione" tanto il procedimento che porta a concludere la verità di A tanto quello che porta a concludere "assiomi->A" sono da considerarsi dimostrazioni (a prescindere da quale sia la verità). Quindi stiamo presentando tutti e due i punti di vista.--Pokipsy76 20:06, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Perché quell'affermazione va perfettamente bene nel senso realista (che in ogni caso ammette come dimostrazioni anche quelle che provengono da assiomi "controversi", giusto?) mentre nell'altro senso non si capisce come si può interpretare quel "vera", secondo me è più chiaro separando le due cose, comunque visto che le differenti versioni che stiamo considerando sono molto simili, sarebbe il caso di chiudere questa discussione e dunque se pensi che non sia il caso di separare le due cose metti pure la tua ultima versione che non è male e in ogni caso meglio di quella che c'è adesso.--Sandrobt 20:19, 4 gen 2008 (CET)[rispondi]

Non ho capito in che senso vorresti separare (tipo scrivere "una dimostrazione è in un ottica formalista... e in un'ottica realista..."?). Il fatto è che non è che le persone si dividono rigidamente in realisti e formalisti, tutti quanti condividiamo entrambe le prospettive ma tendiamo a diversificarci sull'ambito di applicazione. Per esempio sulle teorie matematiche più "campate per aria" si tende ad assumere una prospettiva formalista perchè non si capisce neppure bene di che si parla, mentre per le affermazioni della matematica più "terra terra" nessuno in genere ha grandi difficoltà ad attribuire verità e falsità. Anche tu non dovresti avere grandi problemi a riconoscere come vero (ad esempio) il fatto che "non esistono strategie vincenti per il gioco del tris", o che "è impossibile tassellare con tessere da domino una scacchiera mutilata". Il punto di vista secondo cui per NESSUN enunciato matematico ha senso parlare di verità penso sia piuttosto raro.--Pokipsy76 09:49, 5 gen 2008 (CET)[rispondi]

Io adoro le teorie campate per aria! Boh, comunque mi hai quasi comvinto (a proposito, il tris è un esempio molto più convincente dell'infintità dei primi), anche perché in ogni caso anche gli assiomi si possono comunque caricare dentro i teoremi. Direi che può andar bene la tua versione, ciao--Sandrobt 12:30, 5 gen 2008 (CET) Sempre a proposito della pagina dimostrazione, non sarebbe il caso di togliere Paradosso dell'uguaglianza fra 1 e 2 tra le dimostrazioni famose, o perlomeno di spostarlo da un'altra parte? Ciao--Sandrobt 14:55, 5 gen 2008 (CET)[rispondi]

Visto che nessuno ha obbiettato ho tolto [Paradosso dell'uguaglianza fra 1 e 2]] dalle dimostrazioni famose--Sandrobt 16:48, 6 gen 2008 (CET)[rispondi]


Ammetto di non aver letto tutta la discussione. Però che una dimostrazione si basi su "una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici" mi sa tanto di scuola media ;-)

Già al liceo scientifico potrei aver bisogno di fare un paio di derivate o integrali per dimostrare qualcosa.

Una definizione classica è "successione di relazioni mediante la quale si passa da assiomi o teoremi già stabiliti ad un teorema proposto". Questa l'ho presa da un libro quindi bisogna cambiare un po' la forma, non la sostanza. Mi piace anche il fatto che evidenzi l'uso di teoremi già dimostrati.

--Ancelli 12:23, 12 feb 2008 (CET)[rispondi]

Be', volendo quelli che intendi tu si possono considerare tra i "calcoli algebrici", con un minimo di licenza poetica ;-) --Piddu 14:26, 12 feb 2008 (CET)[rispondi]


La Matematica è bellissima anche senza licenze poetiche, forse proprio per quello :-)

Scherzi a parte, se incominci a fare un elenco di strumenti di dimostrazione rischi sempre di lasciar fuori qualcosa. Calcoli integrali o differenziali, ricerche di punti fissi, inclusioni insiemistische, stime a priori, passaggi al limite, stime statistiche, grafi, viscosità, ... sono tecniche di dimostrazione come le costruzioni grafiche e i calcoli algebrici.

Altro punto interessante nella definizione che ho riportato è che la dimostrazione non è un misterioso "procedimento che attraverso una sequenza di ...", ma è proprio l'insieme di relazioni logiche che costruisci in successione.

--Ancelli 23:56, 12 feb 2008 (CET)[rispondi]

Anche perchè la dimostrazione per assurdo è far vedere che affermando il contrario della tesi si arriva ad una contraddizione, cosa che non rientra nei calcoli algebrici, ma caso mai in quelli logici. --BW Insultami 07:14, 13 feb 2008 (CET)[rispondi]

Sull'incipit[modifica wikitesto]

Non ho capito perché si affermi della dimostrazione per assurdo che "Questo secondo tipo di dimostrazione [...] non è ovviamente costruttivo."
Inoltre anch'io credo che sia limitante affermare che una dimostrazione sia

un procedimento che attraverso una sequenza di passaggi logici, costruzioni grafiche e calcoli algebrici conduce alla conclusione che una certa affermazione matematica è vera o è conseguenza di fatti assunti come assiomi.

Innanzitutto, le costruzioni grafiche hanno validità in quanto formalizzabili in linguaggio geometrico-matematico, mentre un semplice elemento grafico (come le dimostrazioni senza parole citate sopra) non è esauriente né accettabile quale dimostrazione. In più, gli stessi calcoli algebrici simboleggiano catene di equivalenze logiche (espresse dal termine "=") o comunque di relazioni definite legali in virtù di una previa assiomatizzazione coerente. Questo significa, a mio parere, che il termine passaggi logici sussume sotto si sé anche gli altri due termini adoperati (si potrebbe obiettare che il mio ragionamento non tiene conto dei teoremi di incompletezza di Gödel).
Per quanto riguarda la disputa tra "realisti" e "formalisti", secondo me la matematica dovrebbe essere un modello puramente formale che viene assunto come valido e coerente per motivi su cui si può discutere (psicologici?, formali?, metafisici/innati?, pragmatici?,...), ma che, a mio parere, non influenzano tanto la definizione di dimostrazione matematica (la quale dimostrazione non può che essere, credo, pur sempre formale), quanto il dibattito di filosofia della matematica già menzionato. Proporrei qualcosa come

Una dimostrazione matematica è un processo inferenziale di matrice deduttiva che, muovendo da premesse assunte come valide ("ipotesi") o da proposizioni previamente dimostrate in virtù di esse, determina la necessaria validità di una nuova proposizione in forza della coerenza formale del ragionamento.

Questo per sottolineare: 1) La natura necessaria della dimostrazione; 2) le scaturigini logiche, basate su manipolazione e combinazione di termini, proposizioni, operatori formali; 3) L'intrinseca natura autoreferenziale delle dimostrazioni matematiche, per cui gli enunciati sono veri in quanto validi e coerenti all'interno del sistema; 4) La potenza della dimostrazione quale procedimento sintetico ma allo stesso tempo aprioristico (indipendente dal conforto empirico); 5) La stretta dipendenza della validità delle asserzioni matematiche dalla scelta degli assiomi. Kamina (msg) 19:15, 17 mag 2010 (CEST)[rispondi]

Per spiegare cosa significhi costruttivo faccio prima a fare un esempio: dimostrare che x^3-1 ha una radice reale mostrando che si annulla in x=1 è una dimostrazione costruttiva perché fornisce la radice in questione, mentre dire che x^3-1 ha una radice reale perché è una funzione continua che in 2 è positiva e in -2 negativa non è costruttiva perché non fornisce una radice. Questo è ciò che di solito si intende quando si parla di dimostrazione costruttiva (o almeno, io l'ho sento usare in tal modo). Poi dire che una dimostrazione per assurdo sia necessariamente non costruttiva non sono sicuro che sia correttissimo, mah..
Quanto al resto, non sono un logico e onostemente al momento non ho tempo né la forza per cercare di pensare seriamente alla cosa, ti chiedo solo di leggere attentametne quanto si era detto qua sopra, perché dell'argomento incipit se n'era parlato in abbondanza. Ciao,--Sandro (bt) 04:27, 18 mag 2010 (CEST)[rispondi]

Ho capito il tuo esempio, solo che non vedo il collegamento con la dimostrazione per assurdo; d'altronde, nella logica a due valori, in cui viene assunto che

il procedimento di falsificazione di una tesi corrisponde de facto a quello di verificazione della tesi opposta (secondo il modus tollens per cui ); per esempio, se voglio dimostrare che due angoli coniugati interni rispetto a due rette parallele sono supplementari, chiamo questa tesi e, falsificando , ottengo la verifica cercata. Comunque non potrei mai contraddire chi sa certamente più di me... Ma leggendo la discussione anche dall'inizio, non ho trovato accenno a questa frase sulla non-costruttività dell'absurdum.
Riguardo alla seconda parte del mio ragionamento, sono d'accordo con Pokipsy76 e con te riguardo alla possibilità di dimostrare una "verità" tramite la matematica (parlo della tassellatura della scacchiera mutilata, non dei numeri primi, che mettono in gioco assiomi e l'idea di "infinito"), o, forse sarebbe meglio dire, tramite una deduzione logica; tuttavia bisogna essere cauti nel parlare di "verità assoluta" nel caso di dimostrazioni matematiche. In particolare non comprendo la posizione di Pokipsy76, quando dice che "può venire chiamata "dimostrazione" tanto il procedimento che porta a concludere la verità di A tanto quello che porta a concludere "assiomi->A""; mi sembra che stia parlando di dimostrazione in senso generale, mentre qui si disquisisce intorno alla dimostrazione matematica. Forse però sbaglio o ho capito male.
Resta la mia perplessità per l'uso di termini come "costruzioni grafiche e calcoli algebrici", per il motivo di cui parlavamo io e Ancelli: o si elencano tutte le metodologie possibili di dimostrazione (e non mi sembra il caso), o si riassumono in una perifrasi, anziché presentarne solo alcune (quantunque le principali) in una forma che sembra escludere ogni altra.
Grazie per la risposta,-- Kamina (msg) 17:44, 18 mag 2010 (CEST)[rispondi]

Allora, il motivo per cui era stato scritto quel "costruttivo", presumo (io non c'entro :)) sia che spesso le dimostrazioni impostate come dimostrazioni per assurdo non sono costruttive nel senso detto sopra, però sono d'accordissimo con te che sia da togliere, procedi pure. D'accordo con te e Ancelli anche sulle costruzioni grafiche e calcoli algebrici e rileggendo per bene, anche su tutto il resto. La definizione che hai dato sopra mi sembra buona, solo ha un piccolo difetto, contiene forse un po' troppi "paroloni", mentre l'introduzione di una voce di Wikipedia dovrebbe essere comprensibile a tutti (per quanto possibile).--Sandro (bt) 03:12, 19 mag 2010 (CEST)[rispondi]

Ti ringrazio nuovamente per la risposta :) Sono d'accordo sul semplificare la definizione che ho proposto a titolo d'esempio, e, salvo obiezioni nei prossimi giorni, modificherò la definizione e l'absurdum. Per ora, provo a riformulare la definizione:

''Una dimostrazione matematica è un processo di deduzione che, partendo da premesse assunte come valide ("ipotesi") o da proposizioni dimostrate in virtù di queste premesse, determina la necessaria validità di una nuova proposizione in virtù della (sola) coerenza formale del ragionamento.

Che te ne pare adesso? Altrimenti sei liberissimo di proporne altre. Attendo (anche da altri) smentite o approvazioni, in mancanza delle quali procederò alla modifica.--Kamina (msg) 14:56, 21 mag 2010 (CEST)[rispondi]