Discussione:Dialetto arianese

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Ortografia[modifica wikitesto]

Innanzitutto ricordo che, a chi viene annullata una modifica, non è consentito riproporla ma occorre invece aprire una discussione. Detto questo, rispondo nel merito:

1. come è possibile verificare in tutte le fonti citate, nel dialetto arianese non esiste la vocale atona mediana (scritta solitamente ë come in albanese, oppure ă come in rumeno), e non esiste nemmeno nel vicino dialetto di Montecalvo Irpino come puoi verificare qui

2. le forme "ha", "he" non sono attestate in nessuna fonte locale: in particolare sul testo "Poeti a la scuria...poeti alluttrinati" è possibile leggere le opere letterarie di Nicola Di Gruttola (il più grande poeta dialettale con il suo libro "Lu llorgio di Tatone") e altri scrittori locali e trovare sempre à, è. Del resto la h aspirata non esiste nel dialetto arianese, ma esiste in molti paesi vicini per alterazione della f (ad es. hiumara per "fiumara") e non avrebbe alcun senso riportare un'aspirazione laddove non esiste.

3. In quanto alla n di "nun", in effetti noto una discordanza tra le fonti (lo stesso vale anche per la n di "in", a volte scritto 'nfaccia, altre volte n' faccia).

4. Lo stesso dicasi per la w al posto della u (il vocabolario di Sicuranza riporta wardà, mentre Alterio scrive uardà).

In definitiva, sui primi due punti non è possibile andare contro le fonti concordi (oltre che contro la logica), mentre sugli altri due un'intesa è possibile. Prego però di rispondere qui prima di modificare--3knolls (msg) 21:31, 18 feb 2018 (CET)[rispondi]

PS Ma c'è di più: l'uso della lettera "w" ha una ragione etimologica: infatti le parole dialettali in cui è presente (ad es. waragnà, wardà, werra ecc.) derivano non dal latino (ove la lettera w non esisteva) ma dal gotico o dal longobardo, antiche lingue germaniche in cui il fonema w esisteva eccome (basta controllare su un dizionario Zanichelli)--3knolls (msg) 08:23, 19 feb 2018 (CET)[rispondi]
In quanto alla n finale di "nun" (=non), ho provveduto a trascriverla nu n' quando seguita da consonante allo scopo di uniformarla alla n di "in" che è pure scritta 'n o n' (ad es. 'nfaccia o n'faccia)--3knolls (msg) 09:03, 19 feb 2018 (CET)[rispondi]
ti debbo contestare il primo punto: il dialetto arianese appartiene alla fascia dei dialetti meridionali, più precisamente rientra nel gruppo dei dialetti irpini, e come tale riconosce al suo interno la vocale atona (famosa ë). detta vocale, dato che *non è pronunciata*, viene inserita nella scrittura di un termine, verbo, denominazione,... al fine di rendere più semplice la grafia e la pronuncia. faccio un esempio per semplificare: pronunciare il termine rondinella in un dialetto pugliese risulterebbe in r'nn'n'dd. dato che non è possibile proporre una grafia del genere, oltre che risulta immediatamente incomprensibile, si ricorre all'utilizzo della ë per indicare, come detto prima, la vocale non pronunciata, quindi il termine è traslitterato correttamente in rënnënëddë. questa modalità di scrittura è universalmente accettata per tutti i dialetti meridionali, fatta eccezione per quelli al cui interno non è presente la vocale atona; perciò tale modo di scrittura andrebbe applicato anche al dialetto arianese. che poi gli autori dei testi l'abbiano omessa dovunque è dovuto molto probabilmente al fatto di una non conoscenza riguardo alla corretta scrittura dei termini, ma le correzioni sono sempre applicabili.
riguardo alla scrittura di ha o he, anche qua debbo precisare un po' come fatto per la vocale atona: nell'italiano, ha detto non si scrive certamente a detto, con l'assenza della h. la questione è tutt'altra nel passaggio al dialetto: moltissimi autori di testi, poesie e racconti, soprattutto a livello dilettantistico e non linguistico come il Rohlfs, omettono la h per il semplice fatto che rimane il dubbio se trascriverla o meno, e quindi viene omessa senza rendersene conto. è bene precisare che la h non indica necessariamente un suono aspirato, ma semplicemente sta a ricordare che quel è dittë si scrive correttamente he dittë (ha detto) perché la vocale a viene alterata in e, stessa cosa dicasi per a dìtte, si scrive correttamente ha dìtte.Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 151.45.43.235 (discussioni · contributi) 16:41, 26 febbraio 2018.
Come puoi verificare qui la vocale atona non è presente in tutti i dialetti meridionali e comunque in quel modo si rischierebbe di creare più problemi di quanti non se ne potrebbero risolvere: se io scrivessi casë non si capisce se significa "casa", "case", "casi", "caso" o "cacio" (diverso è il caso delle lingue in cui l'intensità della vocale ha valore distintivo, ad esempio in rumeno casă="casa", ma casa="la casa"). In ogni caso questa è la voce sul dialetto arianese e io mi devo attenere alle fonti locali (e questo vale anche per il secondo punto): se Nicola Di Gruttola (che non era un analfabeta, ma un avvocato con la passione della poesia) scriveva à, è non c'è motivo di modificare, perché appunto non c'è alcun rischio di generare equivoci. Poi è chiaro: tutto si può migliorare, ma solo sulla base di fonti valide; anche volendo, non potrei avvalermi di fonti estranee perché ogni dialetto è diverso dall'altro. Ribadisco: in tutte le fonti primarie locali non ho mai trovato scritto o casë--3knolls (msg) 17:35, 26 feb 2018 (CET)[rispondi]
PS Il fatto che il dialetto arianese appartenga al gruppo irpino non implica che esista un unico modello ortografico per tutti i dialetti irpini. Ad esempio nel dialetto arianese c'è necessità di distinguere tra scopa e shcopa perché la pronuncia è diversa, mentre in molti dialetti della zona di Avellino (così come a Napoli) questa necessità non si avverte in quanto <sco> è pronunciato sempre <shco>--3knolls (msg) 18:06, 26 feb 2018 (CET)[rispondi]

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