Controllo degli armamenti

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Sin dalla Guerra Fredda venne definito controllo degli armamenti quel complesso processo negoziale e diplomatico che portò a una serie di accordi bilaterali tra USA ed URSS e di accordi multilaterali (sotto l'egida dell'ONU o dell'attuale Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) volti a ridurre quantitativamente alcuni tipi di armamenti e personale, aumentando nel contempo lo scambio di informazioni militari tra gli aventi causa allo scopo di favorire prevedibilità e trasparenza delle attività militari e ridurre il rischio di conflitto.

Altri attori internazionali (come il Regno Unito e il Canada) e le rispettive alleanze militari (la NATO per l'Occidente e il Patto di Varsavia per il Blocco sovietico) entrarono a far parte dei negoziati, ma sempre in posizione subordinata.

La ratio di questi negoziati appare sostanzialmente diversa se guardiamo ai trattati negoziati tra le Superpotenze e quelli negoziati all'interno dell'ONU: l'ONU infatti si proponeva (e si propone tuttora) il 'bando totale' delle armi di sterminio di massa, mentre più realisticamente (o cinicamente) i blocchi contrapposti si proponevano di governare un processo ritenuto inevitabile, smussandone le caratteristiche più pericolose e portandolo a livelli compatibili con lo sviluppo delle rispettive economie e società.

Principali accordi bilaterali[modifica | modifica wikitesto]

Accordi bilaterali vennero negoziati tra USA ed URSS (poi Federazione Russa) con un duplice scopo: da una parte, ridurre al massimo il rischio dello scoppio di una guerra nucleare accidentale, soprattutto dopo la drammatica crisi di Cuba; questo obiettivo venne realizzato con una serie di accordi tesi a migliorare la comunicazione tra i vertici decisionali delle Superpotenze e a limitare le occasioni di scontro fortuito tra i due apparati militari. Dall'altra parte, venne fatto uno sforzo teso a istituzionalizzare e stabilizzare i rapporti di forza tra le due Superpotenze in base al numero e alla qualità delle armi nucleari detenute negli arsenali, in modo da minimizzare gli spostamenti di equilibrio dovuti ai miglioramenti tecnici progressivamente apportati alle armi nucleari e ai loro dispositivi di lancio.

L'ultima fase della Guerra fredda, sotto la seconda presidenza dello statunitense Ronald Reagan, fu caratterizzata da una grave crisi del processo negoziale, contemporaneamente causa ed effetto della esacerbazione della corsa al riarmo, che viene oggi largamente riconosciuta come una delle concause della crisi e della dissoluzione del blocco sovietico.

Riduzione del rischio e comunicazione[modifica | modifica wikitesto]

Controllo degli armamenti[modifica | modifica wikitesto]

Principali accordi multilaterali[modifica | modifica wikitesto]

La maggioranza degli accordi multilaterali sul controllo degli armamenti vennero negoziati allo scopo di limitare la tipologia degli armamenti e la loro diffusione geografica, in una specie di sforzo a tenaglia per portare al loro bando totale ed effettivo.

Accordi per la limitazione geografica della proliferazione nucleare[modifica | modifica wikitesto]

Questi accordi istituiscono dei 'santuari' nei quali non è possibile introdurre armi nucleari. Attraverso lo strumento della denuclearizzazione le Nazioni Unite hanno sottratto alla corsa agli armamenti intere aree del globo. Alcuni di questi Trattati sono veri e propri Trattati di smilitarizzazione.

Dopo la guerra fredda[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la fine della guerra fredda e l'attenuarsi della centralità delle due superpotenze e dei loro alleati, si rese evidente che il controllo degli armamenti doveva interessare altre aree, interessate spesso da conflitti locali o da regimi dittatoriali. Secondo stime del SIPRI il commercio di armi globale è di 1.531 miliardi di dollari.

Alcune aree sono particolarmente delicate. L'Africa sub-sahariana acquista armi per circa 18 miliardi di dollari, un valore assoluto relativamente modesto, ma che assume la caratteristica di rappresentare il principale sostegno di dittature particolarmente violente.[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Verdiana Garau, Il grande gioco militare di Cina, Usa e Russia, 23 dicembre 2019 (archiviato dall'url originale il 26 dicembre 2019).
  2. ^ Gianni Ballarini Cassa continua

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Maurizio Boni e Giuseppe Gagliano, Sicurezza internazionale e controllo degli armamenti, Como, New Press, 2003, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\MIL\0621996.

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