Chiesa di Santo Stefano (Alessandria)

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Chiesa di Santo Stefano
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione  Piemonte
LocalitàAlessandria
Indirizzopiazza santo Stefano, 8, Alessandria, 15121
Coordinate44°54′56.3″N 8°36′44.7″E / 44.91564°N 8.612417°E44.91564; 8.612417
Religionecattolica di rito romano
TitolareStefano protomartire
OrdineServi di Maria
Diocesi Alessandria
Consacrazione3 ottobre 1773
Stile architettonicobarocco piemontese
Inizio costruzione26 settembre 1741
Completamento2 ottobre 1773

La chiesa di Santo Stefano è un luogo di culto cattolico della città di Alessandria, fondato dall'Ordine dei Servi di Maria; è sede di una parrocchia facente parte della zona pastorale di Alessandria

Storia[modifica | modifica wikitesto]

XII-XVII secolo: contesto storico geografico[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Bergoglio (Alessandria).

Introduzione[modifica | modifica wikitesto]

Per comprendere a pieno la storia della chiesa di Santo Stefano in Alessandria, è importante procedere in senso contrario e segnalare alcuni passaggi significativi, ancor prima che la chiesa venisse edificata. Uno di questi momenti è stato, sicuramente, il Trattato di Utrecht: con esso, nell'ambito degli accordi internazionali, Alessandria, da secoli parte del Ducato di Milano, venne assorbita dal Regno di Sardegna.

Su questo cardine, è essenziale porre in rilievo quanto le vicende della chiesa siano intimamente legate agli avvenimenti che hanno modellato il destino di Bergoglio, il borgo sulla sponda sinistra del fiume Tanaro, prospiciente a Rovereto, ed esistito fino alla metà del XVIII secolo. Con il passaggio al Regno di Sardegna l'area della città di Alessandria fu interessata da un ampio e profondo mutamento del riassetto strategico-militare. Vittorio Amedeo II di Savoia, tra le numerose iniziative, volle la costruzione di una nuova cittadella militare e questo interamente a scapito dell'intero Bergoglio che, a partire dalla primavera del 1728, fu integralmente raso al suolo.

Le prime due chiese di Santo Stefano[modifica | modifica wikitesto]

Mappa di Bergoglio. Con la lettera "A" è indicata la chiesa di Santo Stefano in Bergoglio.

Una chiesa parrocchiale dedicata a Santo Stefano esisteva entro le mura di Bergoglio già sul finire del XII secolo, come si vedrà di seguito; sorgeva nell'omonima piazza del centro del borgo ed era prospiciente il palazzo dei Guasco. Vi è da precisare che un'ancor più antica chiesa di Santo Stefano esistette in un primo borgo di Bergoglio, posto nell'area sub-collinare nei pressi della "valle di Paolo", denominato successivamente Valle San Bartolomeo[1]. In occasione della fondazione di Alessandria, nel 1168, i bergogliesi - che insieme agli abitanti di Rovereto, Marengo e Gamondio concorsero alla nascita di Alessandria - decisero di muovere il borgo più vicino al fiume Tanaro, divenendo anche fisicamente parte integrante della nuova città di Alessandria. Anche la "prima" chiesa di Santo Stefano, dunque, seguì le stesse sorti e, come già scritto, fu costruito una secondo edifico di culto nel "secondo" Bergoglio[2][3].

La chiesa, la seconda, intorno al 1180, fu dal vescovo di Alessandria eletto Ottone assegnata con altre al capitolo della cattedrale di San Pietro[4]. Di questo si ha notizia grazie ad un documento del 18 luglio 1180, una littera de gratia di papa Alessandro III redatta a Tusculum, ove si confermano le dignità del capitolo della cattedrale e le chiese ad esso riservate: "[...] Dilectis filiis nostris Magistro Hugoni preposituram, Magistro Cataldo archipresbiteratum et Magistro P. canturiam provvida deliberatione concedens ratam habemus et singulis predictas dignitates auctoritate apostolica confirmamus preterea ecclesias usibus vestris filii canonici deputatas, scilicet sancte marie de gamundio, sancti dalmatii de maringo, sancti michaelis de soleriis, sancti stephani de bergolio, sancte trinitatis de uvilia, sancti andree de rovorej et sancti augustini de foro, vobis nihilhominus duximus presentibus litteris confirmandas. [...]"[5].

La parrocchia ai Padri Serviti[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1203 i parrochiani pregarono l'arcidiacono ed il capitolo di concedere la chiesa di Santo Stefano ai Serviti, con gli edifici annessi, per erigervi un convento dell'ordine dei Servi di Maria. L'arcidiacono del tempo, Ascherio, d'intesa con il capitolo, la concesse al priore provinciale dei Serviti, padre Percivallo. Vennero poste alcune condizioni, tra le molte, nessuna permuta, nessuna alienazione o sottomissione ad altro ordine.

La chiesa per secoli rimase sotto l'ala protettrice e benefattrice della famiglia Guasco.

XVIII secolo[modifica | modifica wikitesto]

Interno della chiesa di Santo Stefano in Alessandria.
Particolare dell'abside.
L'affresco, raffigurante "La Madonna in trono con Bambino", storicamente conosciuta come "La Vergine di San Baudolino", probabilmente proviene dall'antica chiesa di San Baudolino oppure dalla chiesa di Santo Stefano in Bergoglio.

La storia dell'edificazione della chiesa di Santo Stefano in Alessandria inizia con una demolizione. Infatti, nel 1728, fu il primo edificio di culto ad essere abbattuto. Ai padri vennero consegnate 30.000 lire piemontesi dalla Regia Camera de' Conti che utilizzarono, quasi immediatamente, il 25 maggio 1728, per acquistare una casa in città per loro abitazione, ed un terreno per erigere così una nuova chiesa parrocchiale.

Santo Stefano in Bergoglio venne officiata dai padri Serviti per l'ultima volta il 7 giugno 1728 e il 7 settembre dello stesso anno il vescovo di Alessandria, il cardinale Carlo Vincenzo Maria Ferrero Thaon benedisse la nuova chiesetta provvisoria appena costruita.

La piccola chiesa continuò ad essere utilizzata fino al 1741 quando, un decreto vescovile del 26 settembre, concesse all'ordine di edificare una chiesa. L'anno seguente, il 27 luglio, vi fu la posa della prima pietra, alla presenza del vescovo il barnabita Mercurino Arborio di Gattinara. I lavori proseguirono per tutto il 1743 per interrompersi repentinamente, furono ripresi soltanto nel 1766 per terminare definitivamente nel 1773. Il 3 ottobre 1773 il vescovo Tomaso de Rossi consacrò solennemente la nuova chiesa.

XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Marengo.

Il 14 giugno 1800 Alessandria, più precisamente Marengo e quasi tutta la Fraschetta, fu teatro di una delle battaglie più importanti della storia moderna: la battaglia di Marengo. Da questo momento, e fino al declino di Napoleone Bonaparte, Alessandria divenne parte integrante del Consolato prima, e del Primo Impero dopo.

La presenza francese si riverbera sulla vita delle persone e delle istituzioni: nel settembre del 1802, insieme a molti altri, il convento dei Serviti venne soppresso. Tutta la proprietà divenne ospedale militare e magazzino per le truppe. I padri poterono rientrare nel convento soltanto nel 1817, una volta che il processo di riappropriazione fosse stato messo in opera. Ripresero le attività di parrocchia e di officiatura della chiesa. Nel 1850 lasciarono definitivamente la chiesa di Santo Stefano e Alessandria consegnando la cura delle anime al parroco. Una seconda soppressione destinò il convento al demanio e la parrocchia passò definitivamente al clero secolare.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Gianfranco Calorio, p. 26.
  2. ^ Cfr.: Origini: il "primo" Bergoglio.
  3. ^ Giuseppe Antonio Chenna, libro 3, p. 213.
  4. ^ Siamo agli inizi della storia di Alessandria ma si può affermare con ragionevole certezza che la chiesa (cattedrale) di San Pietro fosse una chiesa matrice, quindi plebana e battesimale, cui spettava il tributo parrocchiale sulle decime di tutta la curia alessandrina. Questa "matricità" era diocesana, intesa su tutte le chiese della diocesi, ma in particolare su sette che si definivano "aggregate" ad essa, una per ciascuno dei luoghi che concorsero alla fondazione di Alessandria: Sant’Andrea di Rovereto, San Dalmazio di Marengo, Santa Maria di Gamondio, la Trinità di Oviglio, Sant’Agostino del Foro, San Michele di Solero, Santo Stefano di Bergoglio.
  5. ^ Testo originale in: ASAl, ASCAl, Serie IV, n. 4302, Liber Crucis, ff. 55v-56r.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]