Coordinate: 45°48′46.77″N 9°05′01.93″E

Chiesa di San Provino (Como)

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Chiesa di San Provino
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneLombardia
LocalitàComo
IndirizzoPiazza Roma
Coordinate45°48′46.77″N 9°05′01.93″E
Religionecattolica di rito romano
TitolareProbino di Como

La chiesa di San Provino è un edificio di culto cattolico del centro storico di Como. La chiesa è dedicata a Probino di Como, secondo vescovo della diocesi comense.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa di San Probino fu costruita nel corso del Medioevo, epoca alla quale si fa risalire la costruzione della parte inferiore dell'odierno campanile[1] romanico[2].

Questa chiesa, forse edificata a partire dal periodo della dominazione longobarda,[3][4] era originariamente conosciuta come chiesa di Sant'Antonio intra moenia[5], ed era dedicata o ad Antonino di Piacenza[2] o ad Antonio Abate;[6] il cambio di dedicazione è tradizionalmente collocato nell'anno 1096, quando il vescovo Guido Grimoldi vi fece traslare le spoglie di San Provino[5][6].

Nel 1295, la chiesa di San Provino era attestata alle dipendenze della basilica di Sant'Abbondio.[6]

Durante il Medioevo, la chiesa di San Provino era soggetta a giuspatronato da parte della famiglia De Orchi,[6] dalla quale derivarono le diciture piazza dei Liocchi e piazza delle Oche un tempo utilizzate per indicare l'odierna piazza Roma[2].

Parrocchiale dal XII secolo agli anni 1787[2]-1788[7],[6] la chiesa di San Provino fu ricostruita e rimaneggiata più volte nel corso dei secoli[3]. L'edificio, originariamente ad aula,[6] dopo la metà del Quattrocento venne ampliato tramite l'aggiunta di una seconda navata sul lato nord;[6] in quest'area, nei primi dieci anni[2] del secolo successivo[8] vennero costruite quattro cappelle in stile tardogotico[6]. A un'epoca posteriore risalgono gli interventi che comportarono una rielaborazione dell'abside e una realizzazione della volta a botte unghiata[2] che sovrasta la navata.[8] Nella prima metà[2] del Seicento si registrarono invece la decorazione delle cappelle, eseguita nella prima metà del XVII secolo ispirandosi allo stile di Pier Francesco Mazzucchelli[8], e l'edificazione della parte più alta del campanile[6].

Il 22 settembre 1794, la chiesa di San Provino fu la cornice delle nozze tra Alessandro Volta[6][4] e Teresa Peregrini[9].[3]

Nel 1972, un rilevante intervento di restauro interessò sia gli interni[6] sia, all'esterno, la facciata e il campanile[4]. Durante questo intervento si procedette a riaprire la prima cappella del lato nord: un tempo intitolata a Santa Marta, tra il Seicento e il Settecento era stata infatti trasformata in una sacrestia[6].

Successivamente, la chiesa divenne il riferimento per una comunità di ortodossi rumeni, che vi stabilirono una parrocchia dedicata a San Gerarca Gregorio Palamas.[6][4].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Tra le opere conservate nella chiesa si menzionano un quattrocentesco Crocifisso ligneo[10], un seicentesco dipinto raffigurante San Rocco[11] e un quadro nel quale è raffigurato un Martirio di San Giacomo[8]. Quest'ultimo dipinto, attribuito ai fratelli Recchi e attualmente collocato nel presbiterio,[2] costituiva originariamente una pala d'altare all'interno della vicina chiesa di San Giacomo[8][2].

Il santo titolare della chiesa è invece raffigurato in una Gloria che, sulla parete di fondo del presbiterio, funge da pala dell'altare maggiore[4]. Questo quadro, databile attorno al 1635,[2] è attribuito a Pietro Martire Buzzi[2].[6]

Ulteriori rappresentazioni di San Rocco, questa volta scultoree, si ritrovano nella cappella a lui dedicata, la seconda sul lato nord[2]; in questa cappella, appartenente alla famiglia De Orchi[8], San Rocco è rappresentato sia in un rilievo in marmo del primoquattrocentesco[8] attribuito alla bottega familiare di Tommaso Rodari[8][2] sia in una statua in legno risalente al XVI secolo[6].

Allo San Rocco, unitamente a San Martino era intitolata anche la quarta cappella sul lato nord, la quale nel 1789 fu rielaborata e ridedicata al fine di ospitare il già citato Crocifisso quattrocentesco, opera precedentemente collocata nella vicina chiesa di Santo Stefano[2] (oggi non più esistente ma un tempo situata nell'attuale via Maestri Comacini[10]).[6] Dalla demolita chiesa di San Nazzaro in Cortesella proviene invece la seicentesca Madonna col Bimbo situata in faccia alla cappella del Crocifisso[2].

Sempre sul lato nord, la terza cappella, un tempo intitolata ai santi Pietro e Paolo, deve la sua attuale dedicazione alla presenza di un seicentesco[2] dipinto che raffigura l'Angelo custode.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Belloni et al., p. 107.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p S. Provino, in ItaliaNostra, pannello esplicativo collocato sul monumento
  3. ^ a b c Como basso medioevale, su comobassomedievale.yolasite.com. URL consultato il 7 aprile 2022.
  4. ^ a b c d e La Chiesa di San Provino in Piazza Roma a Como, su Società Archeologica Comense, 19 aprile 2021. URL consultato il 12 aprile 2022.
  5. ^ a b Diocesi di Como, p. 24.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q San Provino – Basilica Cattedrale di Como, su coordinamento.diocesidicomo.it. URL consultato il 7 aprile 2022.
  7. ^ SIUSA - Chiesa di S. Provino, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 7 aprile 2022.
  8. ^ a b c d e f g h Comolake.com, su Comolake.com. URL consultato il 7 aprile 2022.
  9. ^ E Volta disse “oui” alla sposa, su laprovinciadicomo.it. URL consultato il 7 aprile 2022.
  10. ^ a b Torna l’antico Crocifisso di San Provino, su laprovinciadicomo.it. URL consultato il 7 aprile 2022.
  11. ^ Antichi Ospedali Como – Ospedale di Santa Maria Nuova, su antichiospedalicomo.it. URL consultato il 7 aprile 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Adriano Caprioli, Antonio Rimoldi, Luciano Vaccaro, Diocesi di Como, Brescia, Editrice La Scuola, 1986, ISBN 88-350-7761-3.
  • Luigi Mario Belloni, Renato Besana e Oleg Zastrow, Castelli basiliche e ville - Tesori architettonici lariani nel tempo, a cura di Alberto Longatti, Como - Lecco, La Provincia S.p.A. Editoriale, 1991.

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