Che cos'è l'arte?

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Che cos'è l'arte?
Titolo originaleЧто такое искусство?
Lev Tolstoj nel 1897, anno di Che cos'è l'arte?
AutoreLev Tolstoj
1ª ed. originale1897
Generetrattato
Sottogenereestetica
Lingua originalerusso

Che cos'è l'arte? (in russo Что такое искусство??, Čto takoe iskusstvo?) è un trattato filosofico di Lev Tolstoj, scritto e pubblicato nel 1897.

Genesi del testo[modifica | modifica wikitesto]

L'opera è successiva, di oltre un decennio, alla «conversione morale» raccontata dallo scrittore nella Confessione. Spiega in proposito il critico letterario Gianlorenzo Pacini:

«Dopo la conversione, l'aspetto che Tolstoj aveva prima riconosciuto come tipico dell'atteggiamento artistico, e cioè l'abbandonarsi alla vita, la rinuncia dell'artista a intervenire con i propri schemi e giudizi sulla vita rappresentata, viene totalmente rinnegato e condannato come una forma di «amoralismo» e di «divertimento epicureo». È evidente che questo secondo atteggiamento, abbracciato e fatto proprio da Tolstoj con l'estremismo che gli è caratteristico, finisce per approdare a una condanna dell'arte, [...] una critica radicale di tutta l'arte passata, e soprattutto della sua.[1]»

Il trattato fu ricopiato dalla moglie Sonja, che il 1º agosto 1897 annotò nel proprio diario:

«Oggi ho trascritto l'articolo di Lev Nicolaevič sull'arte. Dappertutto si parla con indignazione della presenza eccessiva e morbosa dell'amore (la mania erotica) in tutte le opere d'arte. E Saša stamattina mi ha detto: «Papà stamattina è allegro e tutti sono allegri, perché lo è lui!» Ma se sapesse che papà è sempre allegro a causa di quell'amore che lui nega![2]»

All'epoca, sebbene anziano, Tolstoj si dedicava al lavoro fisico in coerenza con le proprie idee morali, perciò scrisse l'opera durante il tempo libero, come spiegherà il Mahatma Gandhi in un discorso per il centenario della nascita dello scrittore:

«Egli, abituato alle comodità del benessere, cominciò a lavorare fisicamente. Lavorava in una fattoria o faceva altri lavori per otto ore al giorno. Purtuttavia non rinunciò all'opera letteraria. Infatti, dopo aver iniziato il lavoro fisico, l'opera letteraria si fece più massiccia. Fu durante il tempo libero, in questo periodo di yajna, che scrisse quello che descriveva come il suo lavoro più importante, Cos'è l'Arte? La fatica fisica non influì sulla sua salute, ed era convinto di affinare il proprio intelletto. Gli studiosi della sua opera testimonieranno che era vero.[3]»

Contenuti[modifica | modifica wikitesto]

Nell'opera, Tolstoj polemizza con le forme artistiche più elaborate e complesse, affermando che «l'arte buona è sempre comprensibile a tutti»[4]. La vera arte, secondo Tolstoj, suscita un positivo «contagio», ovvero «quel sentimento, completamente differente dagli altri, di gioia nell'unione spirituale con un altro (l'autore) e con altri ancora (gli ascoltatori o spettatori) che contemplano la stessa opera»[5]. L'arte «deve sopprimere la violenza»[6] e «fare in modo che i sentimenti di fraternità e amore per il prossimo, oggi accessibili solamente agli uomini migliori della società, diventino sentimenti abituali, istintivi in tutti»[7].

Egli individua, fra i modelli di «arte superiore» a cui ispirarsi nell'epoca moderna, I masnadieri di Friedrich Schiller, I miserabili di Victor Hugo, le opere narrative di Charles Dickens, la Capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe, le Memorie dalla casa dei morti di Fëdor Dostoevskij e il romanzo Adam Bede di George Eliot.[8] Spiega ancora Gianlorenzo Pacini:

«La nuova arte preconizzata da Tolstoj nel suo trattato è in realtà «non-arte», ossia essenzialmente riflessione e giudizio sulla vita, sforzo di scoprire e insegnare il suo significato e le leggi secondo cui l'uomo deve vivere. Non è quindi arte, bensì morale, almeno nella misura in cui è possibile operare una netta distinzione tra queste due categorie dello spirito.[1]»

Nel trattato ricorrono espliciti riferimenti agli insegnamenti del Vangelo, in particolare al Discorso della Montagna, secondo la visione pacifista cara a Tolstoj. L'opera si conclude con un nuovo richiamo a questo ideale:

«La destinazione dell'arte del nostro tempo è di tradurre dalla sfera della ragione alla sfera del sentimento la verità che il bene della gente è nell'unione e di instaurare in luogo della violenza attuale quel regno di Dio, cioè quell'amore che si presenta a noi tutti come fine supremo della vita dell'umanità. Può darsi che in avvenire la scienza rivelerà all'arte nuovi, ancora più alti ideali, e che l'arte li realizzerà ma nel nostro tempo la destinazione dell'arte è chiara e ben determinata. Il compito dell'arte cristiana è la realizzazione dell'unione fraterna degli uomini.[9]»


Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Che cosa è l'arte?, con un saggio introduttivo di Enrico Panzacchi: Tolstoi e Manzoni nell'idea morale dell'arte, Fratelli Treves, Milano 1902 (ristampato nel 1909)
  • Che cosa è l'arte?, a cura di Filippo Frassati, Milano, Feltrinelli ("Universale Economica"), 1978.
  • Che cosa è l'arte?, a cura di Tito Perlini, Claudio Gallone Editore, collana "L'Uomo e la Ragione" a cura di Emanuele Severino, Milano 1997. ISBN 8882170063

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Gianlorenzo Pacini, Postfazione, in Lev Tolstoj, La confessione, SE, Milano 2000, p. 105. ISBN 88-7710-465-1
  2. ^ Sof'ja Tolstaja, I diari: 1862-1910, traduzione di Francesca Ruffini e Raffaella Setti Bevilacqua, La Tartaruga - Baldini Castoldi Dalai, Milano 2010, p. 191. ISBN 978-88-7738-485-0
  3. ^ Mohandas K. Gandhi, La forza della verità, volume I: Civiltà, politica e religione, a cura di Raghavan N. Iyer, traduzione di Sara Daina e Sandra Manara, Edizioni Sonda, Torino 1991, p. 128. ISBN 88-7106-043-1
  4. ^ Che cosa è l'arte?, ed. 1997, p. 66.
  5. ^ Che cosa è l'arte?, ed. 1997, p. 117.
  6. ^ Che cosa è l'arte?, ed. 1997, p. 173.
  7. ^ Che cosa è l'arte?, ed. 1997, pp. 175-176.
  8. ^ Che cosa è l'arte?, ed. 1997, p. 132.
  9. ^ Che cosa è l'arte?, ed. 1997, p. 176.


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