C dolce

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In italiano, C dolce è l'espressione usata per indicare il suono affricato postalveolare sordo /ʧ/, rappresentato, a seconda dei casi, con c oppure ci, in opposizione alla cosiddetta C dura avente, rispetto a questa, un comportamento praticamente opposto e complementare.

In definitiva, la C dolce è a tutti gli effetti uno dei 30 fonemi del sistema fonologico italiano, che per ragioni storico-linguistiche non ha trovato nell'evoluzione grafica dell'alfabeto latino una collocazione letterale specifica, dovendo così convivere in uno statuto grafico complementare con la "c dura"; questo ha fatto sì che pur avendo fonologicamente un valore distintivo all'interno della lingua italiana, non tutti gli italofoni abbiano reale coscienza della sua autonoma esistenza.

Rappresentazione nell'italiano[modifica | modifica wikitesto]

La C dolce viene rappresentata in italiano attraverso due grafie complementari

  • c (grafema) - davanti alle lettere vocali -i e -e, rappresentanti le vocali anteriori, esempio:
ceci - /'ʧeʧi/
  • ci (digramma)[1] - davanti alle restanti lettere vocali -a -o e -u rappresentanti vocali medie e posteriori, esempi:
ciao - /'ʧao/
ciò - /ʧɔ*/
ciuco - /'ʧuko/
inoltre si osserva talvolta pure il gruppo ci+e in parole cui di solito rappresenta un residuo della grafia originaria, in parole dotte o che la conservano come reminiscenza dal latino, esempi:
ceco[2] - /'ʧɛko/; cieco[3] - /'ʧɛko/

Le stesse regole valgono anche nel caso la "c dolce" viene geminata ([ʧʧ]), ovvero cc davanti a -i e -e, e cci dinnanzi a -a, -o e -u.

Bisogna ricordare che negli incontri di tipo -[c]ci + vocale, può effettivamente capitare che la pronuncia corretta sia realmente /-[ʧ]'ʧi+ vocale /, in questi casi la "i" non è più un semplice diacritico, ma una lettera con valore fonologico come capita soventemente quando su di essa cade l'accento tonico della parola.

Origine del fenomeno[modifica | modifica wikitesto]

Nel latino arcaico, lingua madre dell'italiano, non esistevano consonanti palatali ma solo le velari [k] e [g], inizialmente, ambedue, rappresentate dalle medesime tre lettere, ma in contesti circoscritti: K normalmente utilizzata davanti alla A, C prima della I e della E, e Q, invece, davanti a O e U. Col tempo, però, si perse l'uso grafico della lettera K, soppiantata dalla C (la quale si era specializzata nel frattempo sulla sola variante sorda [k], dopo l'introduzione della lettera G); ma al processo di razionalizzazione grafica faceva contraltare l'evoluzione linguistica: con la comparsa delle lingue romanze, infatti, i "duri" suoni velari subirono uno slittamento verso una forma sonora più "dolce"[4] quando si trovavano davanti a vocali anteriori Æ, E, I, Œ e Y, in un fenomeno detto di palatizzazione e affricazione.

L'attuale trasposizione grafica della C dolce quindi è dovuta all'interazione di due fenomeni diversi e parzialmente sovrapposti nell'evoluzione linguistica dell'italiano:

  1. il primo di natura puramente grafica: la scomparsa del grafema K, e il progressivo disuso della Q, rispettivamente quindi soppiantati e sostituiti dalla C per un sorta di processo di razionalizzazione della scrittura, nei loro contesti dominanti davanti alla A, alla O, e non sempre anche davanti alla U[5];
  2. il secondo di natura articolatoria: la trasformazione del fonema [k] in [ʧ] per processo di palatalizzazione.

Il retaggio, che vedeva la C latina usata eminentemente davanti a E e I, e solo successivamente con le altre vocali, ha fatto sì che si consolidasse davanti alle vocali anteriori, anche se in forma semplice col valore di fonema [ʧ] e davanti alle altre, essendosi man mano la lingua arricchita di un nuovo fonema, con l'uso del diacritico "i", al fine di differenziarsi dal suono [k].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Si badi che in questi casi la i ha un valore puramente diacritico, si tratta difatti di una lettera muta; se fosse pronunciata ci troveremmo di fronte al primo caso come nell'acronimo CIA pronunciato [ʧia]
  2. ^ Abitante della Cecoslovacchia
  3. ^ Persona non vedente
  4. ^ La "durezza" del fono non è una proprietà fonologica, ma soltanto un'impressione media dell'ascoltatore: il fonema originario [k], ovvero l'odierna C dura, è una consonante occlusiva, nella quale il rumore viene originato da una "esplosione" dell'aria all'interno del cavo orale, invece il secondo fonema [ʧ] è una affricativa, ottenuta rilasciando l'aria più lentamente, così da dare all'orecchio un'impressione di un suono meno duro o "dolce".
  5. ^ Spesso difatti rimane come retaggio della scrittura latina il composto QU+ vocale

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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