Beta Tucanidi

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Le Beta Tucanidi, sigla internazionale BTU, sono uno sciame meteorico originato dalla cometa C/1976 D1 Bradfield;[1] lo sciame necessita tuttora di conferma definitiva e di una parametrizzazione più completa.

La velocità delle meteore appartenenti allo sciame è stata stimata in 36,3 km/s.[1] Il periodo di attività potrebbe essere compreso tra il 25 febbraio e il 2 marzo, con il massimo raggiunto il 29 febbraio o il 1º marzo.[2]

L'outburst del 1-2 marzo 2003[modifica | modifica wikitesto]

In un lavoro risalente al febbraio 2003, Peter Jenniskens e Esko Lyytinen previdero che nei seguenti 1º e 2 marzo 2003 si sarebbe dovuto verificare un outburst della durata di 28 minuti con un ZHR di circa 300, originato da una scia di polveri meteoriche lasciata dalla cometa C/1976 D1 Bradfield durante il suo precedente passaggio al perielio; il centro della scia sarebbe passato a una distanza di circa 12.000 km dal centro della Terra (pari a 6.000 km dalla superficie terrestre). Il radiante previsto era posizionato alle coordinate celesti 00h 52m : di ascensione retta e -64° : di declinazione (epoca di riferimento J2000.0). La velocità geocentrica delle meteore avrebbe dovuto essere di 42 km/s.[3][4] Non ci sono state conferme che l'evento sia avvenuto.[5]

A sorpresa lo sciame si è manifestato il 12 marzo 2020 e nuovamente l'anno successivo il 12-13 marzo 2021. Attualmente si ritiene che il corpo progenitore dello sciame sia l'asteroide 248590 (2006 CS) [6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) beta Tucanids, su ta3.sk, Meteor Data Center, Unione Astronomica Internazionale. URL consultato il 7 settembre 2009.
  2. ^ (EN) Table 7. Working list of cometary meteor showers (PDF), su meteor.asu.cas.cz, Commissione 22: Meteors, Meteorites & Interplanetary Dust della III Divisione: Planetary System Sciences, Unione Astronomica Internazionale. URL consultato il 7 settembre 2009.
  3. ^ (EN) IAUC 8079: 2003ax, 2003ay; Poss. Meteors from C/1976 D1; C/2002 Y1, su cbat.eps.harvard.edu, Center for Astrophysics, Università di Harvard per conto dell'Unione Astronomica Internazionale, 25 febbraio 2003. URL consultato il 7 settembre 2009.
  4. ^ (EN) Closing in on Near Earth Objects [collegamento interrotto], su seti.org, SETI Institute, 27 febbraio 2003. URL consultato il 7 settembre 2009.
  5. ^ (EN) Report of the Comet and Meteor Section 2004, su saao.ac.za, Astronomical Society of Southern Africa (ASSA). URL consultato il 7 settembre 2009 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2009).
  6. ^ (EN) MeteorNews, vol. 6, n. 4, pag.330-331, maggio 2021 Archiviato il 26 maggio 2021 in Internet Archive.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) A Rare Meteor Shower, su science.nasa.gov. URL consultato il 22 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 25 agosto 2009).
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