Battaglia di Tzirallum

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Battaglia di Tzirallum
Moneta di Massimino Daia, sconfitto a Tzirallum
Data30 aprile 313
Luogonei pressi di Adrianopoli
EsitoVittoria decisiva di Licinio
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
70.00030.000
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La battaglia di Tzirallum (o battaglia di Campus Serenus) fu combattuta il 30 aprile 313 a Tzirallum (nei pressi di Adrianopoli in Grecia) tra le truppe degli imperatori romani Licinio e Massimino Daia, in lotta per il dominio sulla metà orientale dell'Impero romano. La vittoria di Licinio gli permise di dividere l'impero con il collega occidentale, il cognato Costantino I.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio del 313, mentre Licinio era a Milano a stringere una alleanza con l'imperatore della parte occidentale dell'impero, Costantino, e a sposarne la sorella, Costanza, Massimino decise di ribellarsi contro il proprio collega: proclamato imperatore dalle proprie truppe, si mosse dalla Siria verso occidente, catturando Bisanzio lungo l'avanzata.

Visione e battaglia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la testimonianza di Lattanzio,[1] la notte prima della battaglia contro Massimino Licinio fu visitato in sogno dall'«angelo di Dio», che lo invitò a pregare il sommo dio prima della battaglia, insieme a tutto l'esercito. Risvegliatosi, Licinio dettò le parole della preghiera che aveva udito pronunciare dall'angelo; il testo fu trascritto in più copie, inviate ai tribuni affinché fossero insegnate ai soldati, e questo fece crescere la fiducia dei soldati nella vittoria, in quanto si convinsero fosse stata annunciata da un dio.

Licinio si fece incontro a Massimino, ingaggiandolo nei pressi di Adrianopoli. Prima dello scontro, fece disporre l'esercito a battaglia, deporre le armi, e poi ripetere per tre volte la preghiera, poi diede battaglia, sconfiggendo Massimino malgrado l'inferiorità numerica. Massimino fuggì dal campo di battaglia utilizzando la veste di un servo.

Conclusioni[modifica | modifica wikitesto]

In seguito alla battaglia Massimino fuggì a Nicomedia e lì annullò gli editti contro i cristiani, che aveva continuato ad applicare fino a quel momento; restituì inoltre le proprietà confiscate alla Chiesa. Continuò la sua fuga, sempre incalzato da Licinio e anche gravemente ammalato, Massimino si tolse la vita nell'agosto 313 a Tarso e fu colpito dalla damnatio memoriae. Licinio, padrone di tutto l'Oriente, fece uccidere la moglie e i figli ancora bambini di Massimino, oltre ai funzionari superstiti; fece inoltre eliminare anche altre persone che avrebbero potuto contrastarlo, come Prisca e Galeria Valeria, rispettivamente vedova e figlia di Diocleziano, e i giovani Candidiano e Severiano, figli dei defunti tetrarchi Galerio e Flavio Severo. Secondo Lattanzio, questa era la sorte destinata agli ultimi persecutori dei cristiani.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ De mortibus persecutorum, 46.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne
  • Meijer, Fik, Emperors Don't Die in Bed, Routledge, 2004, ISBN 0415312019, p. 119-120.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]