Battaglia di Paštrik

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Battaglia di Paštrik
(Operazione Freccia)
parte della Guerra del Kosovo
Il monte Paštrik visto da Prizren
Data26 maggio - 9 giugno 1999
LuogoPaštrik, Kosovo
Schieramenti
UCK
Bandiera della NATONATO
Artiglieria di supporto
Bandiera dell'AlbaniaAlbania
Supporto medico
Bandiera della NorvegiaNorvegia
Bandiera della JugoslaviaEsercito Jugoslavo
Bandiera della Russia Volontari russi
Comandanti
Perdite
16 morti, 40 feriti[2][3]25-34 morti[4], 126 feriti[5]
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Con battaglia di Paštrik (nome in codice Operazione Freccia)[6] ci si riferisce al conflitto tra l'Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK, supportato dalla NATO) e la Repubblica federale di Jugoslavia, durato due settimane tra maggio e giugno 1999[4], nel pieno della guerra del Kosovo. L'obiettivo dell'UCK era di impadronirsi dei confini tra Albania e Kosovo, eliminando le truppe jugoslave lì presenti.[7] Secondo un reportage, questa sarebbe stata la battaglia più difficile a cui l'esercito jugoslavo prese parte.[4]

Durante la battaglia, i militanti dell'UCK riuscirono a conquistare il versante settentrionale del monte Paštrik e il villaggio di Milaj, sulla riva a nord del fiume Beli Drim verso la fine di maggio 1999.[8] Nonostante il massiccio intervento areo della NATO, che coinvolse l'uso dei bombardieri USAF B-52, l'esercito jugoslavo mantenne le linee difensive lungo il Beli Drim, dove erano stati anche arrangiati dei ponti temporanei per facilitare il movimento di mortai e artiglieria pesante.

Successivamente l'UCK prese il controllo dei villaggi di Planeja, Bucare e Ljumbarda così come di un piccolo fazzoletto di terra a nordovest di Prizren.[9][10] Tuttavia, non riuscì a spingersi oltre e il 9 giugno fu firmato l'accordo di Kumanovo, per il quale le truppe jugoslave dovettero ritirarsi dal Kosovo.[11]

Ad oggi il monte Paštrik è ancora disseminato di bombe e non è sicuro recarsi sul posto, stando ad un articolo di National Geographic del 2022.[7]

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Nell'aprile del 1999, circa un mese prima della battaglia, alcuni rifugiati albanesi provenienti dai villaggi di Gorozup, Milaj, Gjonaj e Planeja (sui pendi del monte Paštrik) dichiararono di essere stati brutalmente aggrediti (talvolta uccisi) e di essere stati trascinati con la forza via dai propri paesi, tutto per opera dell'esercito jugoslavo, della polizia e di paramilitari.[12] Il territorio tra Kosovo e Albania, talmente montuoso da consentire la praticabilità a poche strade, si rivelava strategico per respingere attacchi organizzati dall'esercito di liberazione kosovaro (UCK). Di conseguenza, l'esercito jugoslavo si impegnò a disseminare sul territorio delle torri di controllo e altre postazioni militari nei pressi dei confini albanesi.

L'UCK, che nel frattempo stava racimolando risorse dall'esercito albanese ed altre agenzie occidentali, cominciò a reclutare albanesi etnici veterani delle guerre in Croazia e Bosnia. Agim Çeku fu tra questi e non a caso fu uno dei comandanti principali durante la guerra del Paštrik.[13]

L'UCK, dunque, puntava a riconquistarsi il monte Paštrik e a stabilirvi delle basi permanenti. Secondo i media occidentali c'era anche l'interesse a conquistare l'autostrada che collegava Peja e Prizren, molti km più a nord di Paštrik e secondo alcuni report vi sarebbe stata anche l'intenzione, molto ambiziosa, di conquistare in toto la cittadina di Prizren. Si trattava, tuttavia, di previsioni irrealistiche, dato che all'esercito kosovaro servirono diversi giorni solo per aprirsi un varco nelle linee difensive jugoslave.[13]

In realtà, l'obiettivo dell'UCK era più politico che militare, ovvero piuttosto che assicurare una vittoria voleva dimostrare alla Jugoslavia di essere in grado di sfondare le linee nemiche e di poter avviare, aiutato dalla NATO, un'invasione molto più distruttiva. Wesley Clark, ufficiale statunitense, stimò circa 1800-2000 ribelli dell'UCK, mentre alcune fonti interne all'UCK suggerirono numeri fino a 4000 uomini[4][14], poi ripresi da alcune emittenti occidentali, mentre la tv albanese specificò il coinvolgimento delle brigate 121 e 123.[13] In ogni caso, l'UCK ricevette supporto dall'esercito albanese e anche un supporto aereo ravvicinato dalla NATO.[13]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

26-29 maggio: primo attacco dell'UCK[modifica | modifica wikitesto]

L'offensiva dell'UCK cominciò alle 4 del mattino del 26 maggio 1999[4], quando cominciò ad attaccare su un fronte di circa 16 km[14] con il supporto dell'esercito albanese e della NATO. Dopo aver superato le torri di guardia jugoslave[15], alcune unità dell'UCK oltrepassarono i confini sul versante settentrionale di una montagna da cui potevano osservare la città di Gjakova.[16] Altre unità si spinsero nelle foreste a sud del rilievo. Quando il colonnello Delić comprese che gli avversari stavano tramando un'offensiva, ordinò alle sue truppe di trincerarsi e di rispondere agli attacchi con obici e mortai, colpendo principalmente le strade che portavano alla montagna.[17]

Questi sbarramenti compromisero la calata dell'UCK per almeno due giorni. Nonostante i bombardamenti aerei della NATO, l'artiglieria jugoslava continuò a difendersi e a colpire strategicamente le line di rifornimento dell'UCK in Albania. Mentre il combattimento proseguiva, l'UCK riuscì a superare Planeja e a dirigersi verso Gjinaj.[13]

1º giugno: intervento NATO[modifica | modifica wikitesto]

Il 1º giugno la divisione aerea della NATO organizzò circa 150 sortite, dichiarando di aver colpito 32 corpi di artiglieria, 9 veicoli trasporto truppe, 6 veicoli armati, 4 altri veicoli militari, 8 posizioni di mortai e un lanciatore Kub.[18] L'offensiva dell'UCK, però, aveva raggiunto una fase di stallo e gli jugoslavi sembravano organizzare una controffensiva. La NATO, temendo che Milošević avrebbe potuto ottenere una posizione migliore nei negoziati se fosse riuscito a riconquistarsi i territori occupati dal KLA, decise di incrementare i bombardamenti. Alcuni di questi colpirono anche delle posizioni dell'UCK, che però non subì perdite dovute al fuoco amico e, anzi, ebbe l'opportunità di riprendere gli attacchi.[19] L'esercito jugoslavo rispose bombardando i villaggi al confine con l'Albania, tra cui Pergolaj, Golaj e Krumë. Questi attacchi non colpirono in maniera mirata i civili, ma fecero aumentare i flussi di rifugiati verso Kukës, mettendo pressione sull'amministrazione e portandola verso un punto di rottura e sovraccarico. L'Albania rispose mobilitando il proprio esercito verso il confine e conducendo delle esercitazioni.[13]

6-9 giugno: fase di stallo e accordi[modifica | modifica wikitesto]

Il 6 giugno l'esercito jugoslavo lanciò una controffensiva presso Planeja, ma mentre avanzava verso il villaggio fu colpito da ben 82 bombe sganciate da aerei B-52 e B-1B. Non è noto con certezza il numero delle vittime, variabile a seconda dei resoconti considerati. Secondo alcuni testimoni dell'UCK vi sarebbero state perdite ingenti, ma secondo altri i militanti jugoslavi sarebbero riusciti a mettersi in salvo in tempo. Un'ispezione sul campo guidata dalle truppe tedesche della KFOR, una volta terminate le ostilità, non rinvenne traccia di veicoli o carrarmati danneggiati.[13][20]

Il 7 giugno gli scontri e i bombardamenti continuarono nei dintorni di Paštrik. Il 9 giugno, l'esercito jugoslavo si ritirò[21] e fu firmato un accordo per il ritiro di tutte le truppe jugoslave dai territori del Kosovo.[13] Il giorno successivo fu, invece, firmata la Risoluzione ONU 1244 per i negoziati di pace tra Serbia e Kosovo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Hajro Hajra, Agim Sylejmani: Operativa e Shtabit të operacionit "SHIGJETA" Maj -Qershor 1999, su Prointegra, 8 marzo 2017. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  2. ^ (EN) Ghost village marks the battle that ended the war, su the Guardian, 17 luglio 1999. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  3. ^ Jehona e operacionit “SHIGJETA” ne Pashtrik, su epopeja.org. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  4. ^ a b c d e The Battle of Paštrik - Kosovo 1999 - www.zlocininadsrbima.com, su zlocininadsrbima.com. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  5. ^ Promocija knjige „Bitka za Paštrik – sećanja učesnika 1999“ na Sajmu knjiga, su Ministarstvo odbrane Republike Srbije. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  6. ^ Promotion of the book, su Ministry of defence Republic of Serbia. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  7. ^ a b @NatGeoItaly, La magia del Kosovo: alla scoperta della Grotta della Bella addormentata, su National Geographic, 29 marzo 2022. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  8. ^ (EN) Western European Union, Proceedings - Assembly of Western European Union: Actes Officiels - Assemblée de L'Union de L'europe Occidentale, W.E.U., 1999, p. 313. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  9. ^ (EN) Operation Arrow, Task Force Hawk and Air Power: KLA Ground Offensive and U.S. Army Targeting and Intelligence Point to Synergy of Joint Approach (PDF), in National Security Watch, Arlington, Virginia, USA, The Institute of Land Warfare, 8 giugno 1999. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  10. ^ (EN) Jonathan Steele, Ghost village marks the battle that ended the war, su the Guardian, 17 luglio 1999. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  11. ^ Washingtonpost.com: NATO Gives Air Support to KLA Forces, su washingtonpost.com. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  12. ^ "Killings and beatings on the journey to Albania" (PDF), su web.archive.org, 24 giugno 2021. URL consultato l'11 gennaio 2023 (archiviato dall'url originale il 24 giugno 2021).
  13. ^ a b c d e f g h Paul C. Forage, The battle for mount Pastrik: A preliminary study, in The Journal of Slavic Military Studies, vol. 14, n. 4, 1º dicembre 2001, pp. 57–80, DOI:10.1080/13518040108430498. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  14. ^ a b (EN) Paul Hockenos, Homeland Calling: Exile Patriotism and the Balkan Wars, Cornell University Press, 5 luglio 2018, ISBN 978-1-5017-2565-4. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  15. ^ (EN) Sarah Chayes, KLA Push, in NPR All Things Considered, 28 maggio 1999.
  16. ^ (EN) Daniel Williams, Yugoslav Says Rebels Repulsed; KLA Offensive Seen as Prelude, in Washington Post, 29 maggio 1999.
  17. ^ Jamie Shea e maggiore generale Walter Jertz, conferenza stampa della NATO del 7 giugno 1999.
  18. ^ La Nato: I raid continuano fino al ritiro dei serbi, su repubblica.it, 9 giugno 1999. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  19. ^ (EN) Dana Priest, Kosovo Land Threat May Have Won War, in Washington Post, 19 settembre 1999.
  20. ^ KOSOVO: RAID DEI B-52, UCCISI CENTINAIA DI SOLDATI SERBI, su bulgaria-italia.com, 9 giugno 1999. URL consultato l'11 gennaio 2023.
  21. ^ Maurizio Ricci, I serbi si stanno ritirando, su repubblica.it, Repubblica, 9 giugno 1999. URL consultato l'11 gennaio 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]