Astatotilapia stappersii

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Astatotilapia stappersii
maschio di A. stappersii catturato a Gatumba, Burundi
Stato di conservazione
Rischio minimo
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
SuperclasseGnathostomata
ClasseActinopterygii
SottoclasseNeopterygii
OrdinePerciformes
SottordineLabroidei
FamigliaCichlidae
SottofamigliaPseudocrenilabrinae
TribùHaplochromini
GenereAstatotilapia
M. K. Oliver & Arnegard, 2010
SpecieA. stappersii
Nomenclatura binomiale
Astatotilapia stappersii
Poll, 1943
Sinonimi

Haplochromis stappersii Poll, 1943

Astatotilapia stappersii è una specie di ciclidi haplochromini. L'esemplare adulto misura circa 15 cm (lunghezza totale).[1]

È erroneamente inserita due volte nella Lista rossa IUCN, sia con il proprio nome originario di Haplochromis stappersii, sia scambiata per un sinonimo del Nothobranchius taeniopygus. Tuttavia non si tratta affatto di una specie simile né correlata a questa, se non per essere entrambi una specie di Acanthopterygii dell'Africa Orientale. FishBase classifica questa specie nel genere Astatotilapia, e così fa questa voce. Tuttavia, considerate le persistenti difficoltà nel delimitare i generi Astatotilapia e Haplochromis, questa scelta non è necessariamente corretta.[2]

A. stappersii si può trovare in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, in Tanzania, e nello Zambia. Risiede nel bacino idrografico del Lago Tanganica, tranne per quanto riguarda la regione del fiume Malagarasi. Il suo habitat naturale è dato da fiumi a corso lento, paludi, piccoli laghi di acqua dolce, e delta fluviali dell'entroterra. Si nutre principalmente di larve acquatiche di insetti.[3]

La diffusione di questa specie potrebbe essere negativamente influenzata dalla distruzione dell'habitat e dall'inquinamento dell'acqua, e poiché la specie è di importanza commerciale a livello locale come cibo, una simile riduzione potrebbe portare a sovrapesca. In generale, tuttavia, è attualmente comune e largamente diffuso, e non è considerato specie a rischio dallo IUCN.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ FishBase [2009a]
  2. ^ Hanssens et al. (2006), Natakimazi & Hanssens (2006), FishBase [2009a,b]
  3. ^ a b Hanssens et al. (2006)

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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