A Decade Under the Influence

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A Decade Under the Influence
Titoli di testa del film
Titolo originaleA Decade Under the Influence
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno2003
Durata138 min (versione ridotta per le sale)
152 min (versione per televisione e DVD, in tre parti)
Generedocumentario
RegiaTed Demme, Richard LaGravenese
Casa di produzioneWritte in Stone, Constant Communications, IFC Films
FotografiaTony C. Jannelli, Clyde W. Smith
MontaggioMeg Reticker
MusicheJohn Kimbrough
Interpreti e personaggi

A Decade Under the Influence (t.l. Un decennio in stato di ebbrezza) è un film documentario del 2003, diretto da Ted Demme e Richard LaGravenese e prodotto per l'Independent Film Channel, che racconta il periodo della storia del cinema statunitense dalla seconda metà degli anni sessanta alla fine degli anni settanta, quello della cosiddetta New Hollywood, attraverso interviste a molti protagonisti di quell'epoca (registi, sceneggiatori ed attori) e spezzoni dei loro film più significativi.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Il documentario è strutturato in tre parti, Influences and Independents, The New Hollywood, Yesterday, Today and Tomorrow, ognuna delle quali introdotta da una citazione di un maestro del cinema:

«Cinematic success is not necessarily the result of good brain work... but of a harmony of existing elements in ourselves that we may not have ever been conscious of... an accidental coincidence of our own preoccupations at a certain moment of life and of the public's.»

«I believe that a work is good... to the degree that it express the [artist] who created it.»

«A picture, often when it is good, is the result of some inner belief... which is so strong that you have to show what you want... in spite of a stupid story or difficulty about the commercial side... a picture is a state of mind.»

La prima parte si concentra sugli anni Sessanta e sulle influenze del cinema europeo (François Truffaut, Jean-Luc Godard, Ingmar Bergman, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci, Michelangelo Antonioni, Luis Buñuel, Jean Renoir) e non solo (Akira Kurosawa) e di un turbolento contesto storico-sociale (rivoluzione sessuale, battaglia per i diritti civili, droghe, Vietnam, ecc.) su una nuova generazione di autori, cresciuti con i cineforum dei campus universitari.

La seconda parte racconta gli anni d'oro della New Hollywood, in cui i grandi studios danno carta bianca a questi giovani talenti, capaci di raggiungere il pubblico come le majors sembrano non essere più in grado di fare. Sono gli anni di Il padrino di Francis Ford Coppola e L'esorcista di William Friedkin.

La terza parte mostra invece come dai successi della New Hollywood emerga il cinema dei blockbusters, rappresentato dai successi di Lo squalo e Guerre stellari e incarnato da Steven Spielberg e George Lucas, e come lo spirito autoriale degli anni Settanta sopravviva attualmente solo nel cinema indipendente.

Il documentario si chiude con una cronologia di film dal 1969 al 1980, una scusa/invito agli spettatori («For film audiences who are thinking: I can't believe they didn't include... (fill in the blank)... we acknowlege that there are many great films and filmmakers who do not appear in this documentary. To those film artists, dead or alive, we offer our deepest apologies. To new film audiences, we offer an invitation to discover them.») e la dedica "for Teddy" al prematuramente scomparso Ted Demme.

Film presenti nel documentario[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del documentario vengono mostrate scene dei seguenti film:

Produzione e distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Le interviste sono state realizzate non solo dai due registi, Demme (prematuramente scomparso nel 2002, prima che il documentario fosse concluso) e LaGravenese, ma anche da altri importanti filmmaker, quali Alexander Payne, Neil LaBute, Scott Frank e Nick Cassavetes. È stato presentato al Sundance Film Festival e distribuito praticamente in contemporanea con un altro documentario sullo stesso tema, Easy Riders Raging Bulls.

Critica[modifica | modifica wikitesto]

Giulia D'Agnolo Vallan, sul Manifesto, scrive che è un documentario «piuttosto discutibile per ciò che ha lasciato dentro e/o fuori e anche superficiale nelle sue conclusioni (Spielberg e Lucas sono i cattivi della storia)».[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giulia D'Agnolo Vallan. Il manifesto, 21 gennaio 2003

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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