Coordinate: 36°28′00″N 28°13′00″E

Utente:Riccardo Fontana/Prove e progetti

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Provincia di Rodi
ex provincia
Isole Italiane dell'Egeo
Provincia di Rodi – Stemma
Provincia di Rodi – Bandiera
Provincia di Rodi – Veduta
Provincia di Rodi – Veduta
Il Palazzo del Governatore a Rodi
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Amministrazione
CapoluogoRodi
PresidenteInigo Campioni (ultimo[1]) (P.N.F.[2]) dal 1942
Lingue ufficialiitaliano
Data di istituzione5 maggio 1912 (de facto)
6 agosto 1924 (de iure)
Data di soppressione15 settembre 1947
Territorio
Coordinate
del capoluogo
36°28′00″N 28°13′00″E
Superficie2 721,2 km²
Abitanti140 289[3] (1936)
Densità51,55 ab./km²
Comuni? comuni
Province confinantiGrecia, Turchia
Altre informazioni
Linguegreco, turco, giudeo-spagnolo
Fuso orarioUTC+1
TargaRODI, R
Cartografia
Coordinate al di fuori della mappa
Provincia di Rodi – Mappa
Provincia di Rodi – Mappa
Le Isole Italiane dell'Egeo

Le Isole Italiane dell'Egeo, costituenti la Provincia di Rodi e conosciute anche col termine Dodecaneso (in greco: Ιταλικά Νησιά του Αιγαίου, Italiká Nisiá tou Aigaíou) furono un gruppo di dodici isole, situate di fronte alla costa turca, appartenute all'Italia dal 1912 al 1947[4].

L'occupazione avvenne nel quadro delle operazioni belliche italo-turche e, inizialmente, non ebbe carattere permanente; dopo la fine della prima guerra mondiale un primo accordo con la Grecia nel 1920 sembrava portare ad una cessione del possedimento, ma con il trattato di Losanna del 1923 il governo turco rinunciò ad ogni pretesa e la sovranità italiana venne riconosciuta internazionalmente.

L'effettivo controllo italiano sul possedimento venne meno quasi subito dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, tuttavia le Isole Italiane dell'Egeo continuarono formalmente ad appartenere all'Italia fino all'entrata in vigore del trattato di Parigi, il 15 dicembre 1947.

Tra il 1912 e il 1943 si succedettero 7 comandanti militari, 4 governatori civili provvisori e 4 governatori. Negli anni dell'occupazione tedesca si ebbero tre governatori e altri ancora sotto l'occupazione britannica, terminata nel 1947, quando il possedimento divenne parte integrante della Grecia.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

Isola Superficie Popolazione
Rodi e isolotti dipendenti 1.412 km² 60.244 ab.
Patmo e isolotti dipendenti 57,1 km² 3.214 ab.
Lero 52,9 km² 8.000 ab.
Lisso 17,4 km² 993 ab.
Calino e isolotti dipendenti 128,2 km² 15.338 ab.
Coo 296 km² 20.003 ab.
Stampalia e isolotti dipendenti 113,6 km² 1.767 ab.
Nisiro e isolotti dipendenti 48 km 2.375 ab.
Simi e isolotti dipendenti 63,6 km² 6.176 ab.
Piscopi e isolotti dipendenti 64,3 km² 1.227 ab.
Calchi e isolotti dipendenti 30,3 km² 1.476 ab.
Scarpanto e isolotti dipendenti 306 km² 7.893 ab.
Caso e isolotti dipendenti 69,4 km² 1.913 ab.
Castelrosso e isolotti dipendenti 11,5 km² 2.267 ab.
Totale 2.721,2 km² 140.289 ab.
Note: La popolazione si riferisce al censimento 1936
Fonte: Annuario Generale, Consociazione Turistica Italiana, Roma, 1938

Geologia[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'occupazione delle isole[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra italo-turca.

Le isole che formeranno il possedimento, già sottoposte al dominio dell'Impero ottomano, furono occupate dalle truppe italiane impegnate nel conflitto con la Sublime Porta per il possesso della Libia. Poiché la resistenza libica, incoraggiata dai turchi, non sembrava venir meno, lo Stato maggiore dell'Esercito decise un'attacco a sorpresa nel Mediterraneo orientale, per portare le operazioni più vicino alla Turchia e costringere il sultano alla pace.

L'attacco iniziò il 23 aprile 1912 con l'occupazione dell'isola di Stampalia, avvenuta previo tacito consenso delle grandi potenze europee, preoccupate dal perdurare del conflitto. A Stampalia è posta una base per i rifornimenti al corpo di spedizione, il cui comando viene affidato al generale Giovanni Ameglio: tale corpo comprende 4 reggimenti di fanteria, un reggimento di bersaglieri, un battaglione di alpini e 2 sezioni di artiglieria, una da campagna e una da montagna, con mitragliatrici supplementari. Sono 7 i navigli impiegati per trasferire le truppe nell'Egeo, sotto la scorta delle siluranti comandate dal Duca degli Abruzzi. Le operazioni di sbarco vennero orchestrate dal vice ammiraglio Viale, al comando di una squadra di 4 corazzate (Vittorio Emanuele, Regina Elena, Napoli e Roma) che si aggrega lungo la via al convoglio diretto nel Dodecaneso. Un'altra squadra, comprendente le corazzate Benedetto Brin, Regina Margherita, Saint Bon ed Emanuele Filiberto, è al comando del vice ammiraglio Amero d'Aste; una terza, comandata dal contrammiraglio Presbitero, era composta dalle corazzate Pisa, San Marco ed Amalfi.

Il 4 maggio cominciarono le operazioni a Rodi. Intorno alle ore 3 le navi italiane cominciano l'avvicinamento a fari spenti alla baia di Calitea, accostando per sbarcare 8 000 soldati. Il presidio turco abbandona il villaggio e si trincera nell'interno. Alle ore 14, Ameglio dà l'ordine di avanzare a nord, verso la città di Rodi, mentre le altre divisioni navali circondano l'isola su tutti i lati. L'avanzata terrestre prosegue con tre colonne disposte sulle due coste dell'isola ed al centro, mentre le navi cannoneggiano le postazioni ancora occupate dai turchi. Nella mattina del 5 maggio, Ameglio può fare ingresso trionfale in Rodi, portando con sé i prigionieri ottomani e le bandiere catturate.

Contemporaneamente, nel porto di Rodi approdano navi italiane che sbarcano a terra diversi marinai. Le residue forze turche si concentrano nell'area di Psithos, sui monti dell'interno, dove si ritirano anche le autorità civili ottomane. L'attacco a queste posizioni venne sferrato il 15 maggio e si concluse dopo cinque giorni, con la resa definitiva dei soldati turchi[5].

L'arrivo degli italiani fu accolto positivamente dalla popolazione rodiese[6], la quale sottostava al dominio turco sin dal 1522. Contrariamente a molte altre isole a maggioranza greca, Rodi non aveva preso parte ai moti indipendestiti sviluppatisi a partire dal 1821, ma sotto l'occupazione italiana emerse rapidamente una tendenza ellenofila nell'opinione pubblica. Molti intellettuali dodecanesini emigrarono all'estero, in Grecia ma anche negli Stati Uniti, dove fondarono associazioni destinate a perorare la causa dell'unione alla madrepatria greca delle isole occupate dagli italiani. Non mancavano poi le resistenze da parte della popolazione turca, specialmente i locali esponenti dei Giovani Turchi[6]. Il Corpo di occupazione dell'Egeo ricevette ordini espliciti di dimostrare ogni qual volta era possibile le buone intenzioni degli italiani e l'amicizia alla popolazione locale:

«Abitanti di Rodi, siate fiduciosi nei sentimenti di giustizia e di amore che sono caratteristiche del Governo Italiano; non temete per la religione, per la famiglia, per le proprietà che saranno scrupolosamente rispettate; accoglietevi fidenti e grati sotto la sua protezione, che sempre fu e sempre sarà simbolo di civiltà e progresso»

Le truppe ottomane vennero allontanate definitivamente dall'isola di Rodi il 20 maggio 1912. Ma la situazione non si placò, anzi ancora il 27 febbraio 1913 Ameglio fu costretto a destituire dalla sua carica il sindaco di Rodi, Paulidis, perché accusato di collusione con alcune manifestazioni nazionaliste elleniche avvenute poco prima nella città. Al suo posto f nominato Attilio Brizi, il quale divenne il primo sindaco italiano di Rodi[8]. Ogni manifestazione che potesse turbare l'ordine pubblico fu espressamente proibita[9]. A garanzia dell'ordine vennero distribuiti su tutto il territorio i 200 carabinieri sbarcati durante le operazioni militari, oltre ad 11 ufficiali dell'Arma. Venne anche aperta una scuola per "carabinieri indigeni"[10]. Si trovavano a Rodi anche 200 finanzieri, aumentati a 600 nel 1915[10].

La strategia italiana per mettere pressione alla Turchia non partorì i risultati sperati. Il trattato di pace siglato ad Ouchy il 18 ottobre 1912, che pose fine alle ostilità italo-turche, prevedeva la riconsegna delle isole occupate qualora fossero state ritirate le rimanenti truppe ottomane in Libia, per permettere l'annessione all'Italia di questo territorio. Questa prospettiva non si verificò mai, per una serie di motivi. Innanzitutto, la Turchia si ritrovò subito impegnata su due fronti perché, mentre era in guerra con l'Italia, subì l'attacco del Montenegro e, a catena, quello degli altri Stati della Lega Balcanica. Poiché l'esercito ottomano passava di sconfitta in sconfitta, la Sublime Porta decise di non ritirare i suoi emissari in Libia in quanto ciò avrebbe prolungato l'occupazione italiana del Dodecaneso e, così facendo, era impossibile che quelle isole cadessero in mano greca. La prima guerra balcanica si concluse con la sconfitta della Turchia, ma la Grecia non poté estendere le operazioni marittime per non entrare in conflitto con l'Italia. Poco dopo scoppiò la prima guerra mondiale che, dal 21 agosto 1915, vide nuovamente opposte Italia e Turchia.

«Sin dal primo momento della firma del trattato di pace di Losanna [...], il Governo Ottomano ebbe a violare il trattato stesso. Tali violazioni hanno continuato senza tregua sino ad ora. Il Governo imperiale non adottò mai seriamente misura alcuna perché si addivenisse in Libia alla cessazione immediata delle ostilità...»

A guerra terminata, il 29 luglio 1919, fu sottoscritto un accordo segreto fra il ministro degli Affari esteri, Tommaso Tittoni e la sua controparte greca, Eleftherios Venizelos, accordo in base al quale l'Italia rinunciava al tutte le isole occupate - salvo Rodi - in cambio dell'appoggio greco ad un mandato italiano sull'Albania. Tale accordo, peraltro, fu denunciato dal successivo ministro Carlo Sforza nel giugno 1920, per il fallimento delle mire italiane nei Balcani. Con l'Impero ottomano si arriverà al trattato di Sèvres (10 agosto 1920), che assegnò all'Italia il possesso di tutto il Dodecaneso con l'inclusione dell'isola di Castelrosso, facendo cadere ogni pretesa turca.

Dopo la cacciata del sultano e la costituzione della Repubblica turca, il trattato di Sèvres fu annullato e sostituito, nel 1923, dal trattato di Losanna. In base a tale accordo, ratificato il 6 agosto 1924, Mustafa Kemal Atatürk e la comunità internazionale tutta riconobbero la piena sovranità italiana sul Dodecaneso e sulla Libia.

Il periodo di splendore[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1926 le isole vennero ribattezzate Governo delle Isole Italiane dell'Egeo e qualche anno dopo, tra il 19 e il 24 maggio 1929, alcune di esse furono visitate dal re Vittorio Emanuele III.

La seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

La 281ª squadriglia nella base di Gadurrà (Isole Italiane dell'Egeo) giugno 1941. Si riconoscono gli aerosiluratori Carlo Emanuele Buscaglia e Carlo Faggioni

Nei primi anni della seconda guerra mondiale il Dodecaneso fu importante base navale italiana e circa 40.000 militari italiani erano stanziati nelle isole.

Dopo l'8 settembre 1943 il Dodecaneso venne attaccato dai tedeschi che non volevano fornire agli Alleati una base operativa per l'attacco alla Grecia. le isole furono teatro di violenti scontri tra italiani e tedeschi, allorquando caddero in mano alle forze armate tedesche.

La divisione d'assalto Rhodos, comandata dal generale Ulrich Kleemann riuscì a conquistare le isole grazie ad una mescolanza di azioni di forza e tattiche dilatorie, entro pochi giorni[2]. Ciò fu possibile anche grazie alla scarsa iniziativa del comando italiano, che però era vincolato alle clausole armistiziali ed alla estrema ambiguità delle informazioni inviate dallo Stato Maggiore.

Inizialmente non furono attaccate le isole di Coo, Calino, Piscopi, Levita, Simi, Stampalia, Lero (con la più importante base navale italiana nell'Egeo), Lisso e Patmo. Coo fu attaccata dai tedeschi il 3 ottobre e conquistata il 6 ottobre. Calino fu occupata il 7 ottobre. Piscopi e Levita furono occupate a metà ottobre. Stampalia fu occupata il 22 ottobre, dopo un primo tentatitivo fallito un mese prima. Simi fu occupata il 2 novembre, dopo che un primo assalto tedesco in ottobre era stato respinto dalle truppe italiane e britanniche. Lero rimase in mano italiana fino a metà novembre 1943 difesa dalle forze italiane di guarnigione comandate dal contrammiraglio Luigi Mascherpa, e da rinforzi inviati dagli Alleati. Le ultime isole ad essere evacuate dalle truppe italiane furono Lisso e Patmo, dopo che era giunta la notizia della caduta di Lero. Gran parte dei soldati italiani fuggiti dalle isole riparò in Turchia, dove furono internati. Chi scelse di rimanere fu fatto prigioniero e internato in Germania. A Coo i prigionieri italiani furono oggetto di giustizia sommaria, in quello che è ricordato come l'Eccidio di Coo.

Sorte diversa per Castelrosso, che fu occupata il 10 settembre dai britannici, senza che i tedeschi tentassero successivamente di conquistarla.

Il governatore, ammiraglio Inigo Campioni rimase in carica fino al 18 settembre 1943, quando fu deportato. Venne sostituito dal vicegovernatore Igino Ugo Faralli, che, avendo aderito alla R.S.I., restò in carica fino al 1945, ma il vero potere passò all'esercito tedesco, comandato dai generali Ulrich Kleemann (1943-1944) e Otto Wagener (1944-1945).

Dopo l'occupazione tedesca fu conservata l'amministrazione civile italiana, ma, interrotte le comunicazioni con Salò, gli amministratori italiani subirono pesanti restrizioni dal comando tedesco.

L'8 maggio 1945 le isole vennero occupate dagli inglesi e venne nominato governatore Peter Bevil Edward Acland.

L'ingegnere Antonio Macchi, già podestà di Rodi, fu autorizzato a costituire la Commissione per la tutela degli interessi italiani nel Dodecaneso, che operò fino alla fine del 1947, con lo scopo di riferire al Governo italiano e organizzare il rimpatrio degli italiani e di tutelare quelli che ancora restavano nel Dodecaneso. La Commissione contribuì anche alla ricostruzione degli avvenimenti bellici in madrepatria.

Il 1º gennaio 1947 i britannici consegnarono l'amministrazione del Dodecaneso alla amministrazione greca, con a capo il colonnello Gigantes, che revocò l'ordine di espulsione degli italiani, perché li riteneva utili a risollevare l'economia locale.

Successivamente, con il Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, le isole passarono alla Grecia come prevedeva l'art.14 del trattato:

Art. 14.
  1. L'Italia cede alla Grecia in sovranità piena le Isole del Dodecaneso in appresso indicate e precisamente: Stampalia (Astropalia) Rodi (Rhodos) Calki (Kharki), Scarpanto, Casos (Casso), Piscopis (Tilos), Misiros (Nisyros), Calimnos (Kalymnos), Leros, Patmos, Lipsos (Lipso), Simi (Symi), Cos (Kos) e Castellorizo, come pure le isolette adiacenti.
  2. Le predette isole saranno e rimarranno smilitarizzate.
  3. La procedura e le condizioni tecniche che regoleranno il trapasso di tali isole alla Grecia saranno stabilite d'accordo fra i Governi del Regno Unito e di Grecia ed accordi verranno presi per il ritiro delle truppe straniere non oltre 90 giorni dall'entrata in vigore del presente Trattato.

Il 15 settembre 1947 a Rodi vi fu la cerimonia che trasferì i poteri al governatore greco Periklis Ioannidis (1947-8), sostituito nel 1948 da Nikolaos Mavris. Il 7 marzo 1948 le isole si trasformarono ufficialmente da Governatorato del Dodecaneso a Prefettura del Dodecaneso entrando quindi a far parte a tutti gli effetti della Grecia.

L'amministrazione greca attuò un regime di repressione dell'elemento italiano. Le chiese cattoliche furono convertite in ortodosse, l'ospedale di Rodi fu organizzato per zone separate tra italiani e greci.

Le proteste dell'ing. Macchi, che si recò a Roma per perorare la causa degli italiani nel Dodecaneso, produsse l'invio di alcuni mercantili che il 1º settembre del 1947 evacuarono circa 6.000 italiani, che furono ospitati in campi profughi nella zona di Bari.

Il 31 agosto 1949 fu siglato un accordo tra il governo italiano e quello greco che prevedeva il rimpatrio entro un anno di tutti gli italiani restanti. I profughi dovettero svendere le proprietà, portando con sé solo pochi beni mobili. I pochi italiani rimasti avevano già in precedenza ottenuto la doppia cittadinanza.

Il 9 settembre del 1950 gli ultimi due Fratelli delle Scuole Cristiane italiani lasciarono Rodi e la loro scuola italiana venne chiusa definitivamente. L'associazione degli ex alunni lasalliani di Rodi, fondata nel 1969, mantiene tuttora i contatti coi pochi cattolici e italiani che vivono nel Dodecaneso.[11]

Tuttora vi sono molti abitanti delle isole in grado di comprendere la lingua italiana, insegnata fino al 1950 nelle scuole e parlata soprattutto dagli anziani. L'italiano è conosciuto in quasi tutti gli esercizi commerciali anche per il consistente afflusso turistico.

Demografia[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Della popolazione dodecanesina nei primi anni dieci non si hanno dati uniformi e le cifre differiscono anche nell'ordine delle migliaia di abitanti. L'unica cosa che sembra certa è che, dall'arrivo degli italiani nel 1912 al definitivo possesso delle isole, sancito nel 1923, la popolazione del Dodecaneso subì un notevole decremento.

In particolare, da una popolazione complessiva di 158 040 persone nel 1912, si passò in dieci anni a 104 523 abitanti. Le stime indicavano un tracollo della popolazione ortodossa, passata da 146 421 a 88 156 abitanti, mentre i mussulmani, gli ebrei e gli stranieri erano in leggero aumento. I regnicoli residenti nell'Egeo, nel 1923, erano appena 56. L'isola di Rodi risultava la più popolata, con quasi il 40% della popolazione complessiva del possedimento; nel 1941 sarà il 45% e, nel 1947, quando le isole verranno cedute alla Grecia, Rodi ospiterà il 48% della popolazione totale del Dodecaneso.

La principale causa di decremento demografico fu la guerra. Secondo Cerone, nel 1917 l'emigrazione aveva già dimezzato la popolazione nelle isole di Calimno, Caso e Simi. Simi in particolare perse 6 674 emigranti rispetto a 7 305 abitanti rimanenti.

Al censimento del 21 aprile 1936, l'ultimo sotto il dominio italiano, la popolazione totale residente nel Dodecaneso risultava composta da 129 135 unità, fra cui 7 015 regnicoli e 4 333 stranieri di varie nazionalità. Gli italiani erano concentrati per lo più nella città di Rodi. Nel 1939 risultavano 122 410 abitanti più i militari.

Comuni più popolosi[modifica | modifica wikitesto]

Politica[modifica | modifica wikitesto]

Suddivisione amministrativa[modifica | modifica wikitesto]

Storia amministrativa[modifica | modifica wikitesto]

Per quanto riguarda l'attività giudiziaria, le Isole Italiane dell'Egeo possedevano due tribunali, a Rodi e Coo. Con legge 2 giugno 1927, n. 847, venne istituita una sezione speciale di Corte d'appello, avente sede a Rodi; in precedenza la Corte d'appello competente era quella di Ancona.

Con legge 4 gennaio 1937, n. 27, a Rodi fu istituita anche la Corte d'assise.

Elenco dei governatori[modifica | modifica wikitesto]

Governatori militari[modifica | modifica wikitesto]

Governatori civili[modifica | modifica wikitesto]

Governatori britannici[modifica | modifica wikitesto]

  • 1945 [[]]
  • 1946 [[]]
  • 1947 [[]]

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

Società[modifica | modifica wikitesto]

Gli abitanti delle Isole Italiane dell'Egeo erano in possesso della cittadinanza italiana, tuttavia gli "autoctoni" godevano di una forma limitata di cittadinanza, in quanto privi di diritti politici e assolti dal servizio militare. I regnicoli, cioè gli italiani emigrati nell'Egeo, erano i soli depositari della piena cittadinanza.

Con legge 15 febbraio 1937, n. 371, venne concessa la piena cittadinanza italiana ai carabinieri aggiunti in servizio nelle isole, in quanto l'arruolamento nell'Arma dei Carabinieri comportava automaticamente l'entrata nel Regio esercito. Pertanto, anche agli autoctoni veniva concessa in questi casi la piena cittadinanza, previo parere conforme del governatore.

Lingue[modifica | modifica wikitesto]

La lingua ufficiale era quella italiana. In ogni caso, la grande maggioranza della popolazione parlava prevalentemente il greco.

All'arrivo degli italiani nelle isole era il turco ad essere lingua ufficiale e molti abitanti, non solo fra i turchi, lo parlavano. Negli anni, molti turchi lasciarono il Dodecaneso e ritornarono in patria, diminuendo sensibilmente il numero dei parlanti la lingua turca.

La comunità ebraica di Rodi, piuttosto consistente prima dei rastrellamenti tedeschi del 1943-1944, era composta in massima parte da ebrei sefarditi che parlavano una lingua fortemente influenzata dal castigliano.

Religioni[modifica | modifica wikitesto]

La religione cristiana cattolica era, per Statuto, religione di Stato. La maggioranza della popolazione era però cristiana ortodossa.

La comunità musulmana, pressoché esclusivamente composta da persone di etnia turca, diminuì notevolmente per via dell'emigrazione successiva all'avvento della dominazione italiana e la maggior parte delle moschee venne chiusa al culto. Come già visto sopra, esisteva una forte comunità ebraica, la cui presenza è testimoniata dalle sinagoghe ancora esistenti nelle Isole egee.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Le Isole Italiane dell'Egeo ebbero un notevole sviluppo economico negli anni trenta, grazie agli investimenti in infrastrutture. Il governatore Mario Lago fu apprezzato dalle comunità greche, turche ed ebree dell'isola dando al Dodecaneso un cosiddetto "anni d'oro" tra il 1923 ed il 1936 [12], che fu seguito da un periodo contrassegnato da misure finalizzate all'assimilazione forzosa della popolazione autoctona introdotte dal governatore De Vecchi nel quadro di una politica di italianizzazione perseguita dal fascismo.

Trasporti, mobilità e infrastrutture[modifica | modifica wikitesto]

Istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Le tracce della presenza italiana rimane visibile nei seguenti edifici:

  • l'ex Grande Albergo delle Rose (oggi Casinò Rodos) costruito da Florestano Di Fausto e Michele Platania tra il 1925 e il 1927, che unisce elementi dell'architettura islamica, bizantina, veneta ed elementi gotici decò
  • l'ex Casa del Fascio di Rodi realizzata tra il 1936 e il 1939, ora sede del municipio
  • l'ex Casa del Fascio di Coo, con annesso cinematografo e dopolavoro, di Armando Bernabiti, realizzata tra il 1934 e il 1935
  • il Mercato delle Erbe di Coo, di Rodolfo Petracco, realizzato tra il 1934 e il 1935, ancora adibito allo stesso uso
  • il Palazzo del Governo di Coo, di Florestano Di Fausto, realizzato tra il 1927 e il 1929
  • l'ex chiesa cattolica di S.Giovanni costruita tra il 1924 e il 1925 da Rodolfo Petracco, che ricostruisce la chiesa di San Giovanni di Collachio dei Cavalieri di San Giovanni distrutta da un'esplosione nel 1856
  • le Terme di Kallithea vicine a Rodi, inaugurate nel luglio 1929, complesso restaurato nel 2006
  • l'ex Teatro Puccini oggi Teatro Nazionale inaugurato il 1º agosto 1937, che conteneva 1200 spettatori
  • l'ex Villaggio rurale San Benedetto oggi Kolymbia costruito tra il 1935 e il 1938 con la scuola, la chiesa, la casa del fascio, la caserma e le case allineate verso il mare, oggi è ricovero per anziani
  • l'ex Palazzo del Governo costruito nel 1926-7 sede del governatore del Dodecaneso e ospitava inoltre gli uffici governativi, l'ufficio del turismo, ispirata al gotico veneziano con mobili in stile, lampadari di Murano e pavimenti in maiolica, oggi sede della prefettura del Dodecaneso (la ristrutturazione si è conclusa da poco)
  • l'ex Caserma Principe di Piemonte sede dei Carabinieri e ora della polizia greca.
  • il centro di Portolago (oggi Lakki) nell'isola di Lero, sullo stile razionalista italiano anni '30 costruita tra il 1934 e il 1938 in cattivo stato di conservazione.
Il Castello del Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi, ristrutturato dagli italiani nel 1940.

Salute[modifica | modifica wikitesto]

Sport[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Vittorio Bertarelli, Guida d'Italia : Possedimenti e colonie, Touring Club Italiano, Milano, 1929
  • Antonicelli, Franco. Trent'anni di storia italiana 1915 - 1945. Mondadori. Torino, 1961.
  • Calace, Francesca (a cura di), «Restituiamo la Storia» – dagli archivi ai territori. Architetture e modelli urbani nel Mediterraneo orientale. Gangemi, Roma, 2012 (collana PRIN 2006 «Restituiamo la Storia»)
  • Levi, Aldo. La Marina italiana nella Seconda guerra mondiale. Avvenimenti in Egeo dopo l’armistizio. Rodi, Lero e isole minori. Ufficio Storico della Marina Militare. Roma, 1957
  • Manicone, Gino. Italiani in Egeo La Monastica. Casamari, 1989.
  • Manicone, Gino. I martiri dell'Egeo La Monastica. Casamari, 2001.
  • Pignataro, Luca. Le Isole Italiane dell'Egeo dall'8 settembre 1943 al termine della seconda guerra mondiale in "Clio. Rivista internazionale di studi storici", 3(2001).
  • Pignataro, Luca. Il tramonto del Dodecaneso italiano 1945-1950 in "Clio. Rivista internazionale di studi storici", 4(2001)
  • Labanca, Nicola. Oltremare. Storia dell’espansione coloniale italiana, Il Mulino. Bologna, 2002.
  • Doumanis, Nicholas. Una faccia, una razza. Le colonie italiane nell'Egeo. Il Mulino. Bologna, 2003.
  • Pasqualini, Maria Gabriella. L'esercito italiano nel Dodecaneso. Speranze e realtà. I documenti dell'Ufficio Storico dell'Esercito, Roma, AUSSME, 2005.
  • Battaglia, Antonello. Il Dodecaneso italiano. Una storia da rivisitare (1912-1943), in "Eurostudium" 15 (2010)
  • Pignataro, Luca. Il Dodecaneso italiano, con appendice fotografica, in "Nuova Storia Contemporanea" 2(2010)
  • Pignataro, Luca. La presenza cattolica in Dodecaneso tra 1924 e 1937, in "Nova Historica" 32(2010)
  • Arca Petrucci, Marcella (a cura di). Atlante geostorico di Rodi. Territorialità, attori, pratiche e rappresentazioni (1912-1947), Roma, Gangemi (collana PRIN 2006 «Restituiamo la Storia»), 2010
  • Pignataro, Luca. Il collegio rabbinico di Rodi, in "Nuova Storia Contemporanea", 6(2011)
  • Pignataro, Luca. Il Dodecaneso italiano, I, II, III, Chieti, Solfanelli, 2012-2013-
  • Grosselli, Enzo Maria. Gli uomini del legno sull'isola delle rose. La vicenda storica del villaggio italiano di Campochiaro a Rodi 1935-1947, Trento, Curcu & Genovese, 2012.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Campioni fu l'ultimo governatore delle Isole Italiane dell'Egeo. A lui seguirono tre governatori dell'Asse (uno italiano e due tedeschi) e tre governatori militari britannici sino al 1947.
  2. ^ Fino all'8 settembre 1943. Dopo tale data, Campioni rifiutò di aderire alla Repubblica sociale italiana e venne condannato a morte.
  3. ^ AA. VV., EGEO, Isole Italiane dell', in Enciclopedia Italiana, I appendice, treccani.it, 1938, p. 527. URL consultato il 1° settembre 2013.
  4. ^ L'Italia in Egeo, cartina dell'Istituto geografico militare
  5. ^ Michele Rallo, Operazioni terrestri e navali italiane nel Dodecaneso e in Egeo (1912), su europaorientale.net. URL consultato il 1° settembre 2013.
  6. ^ a b Pasqualini, p. 49.
  7. ^ Sertoli Salis Renzo, p. 20.
  8. ^ nome, p. 135.
  9. ^ Pasqualini, p. 72.
  10. ^ a b Pasqualini, p. 77.
  11. ^ [1] Pagina consultata il 23 febbraio 2013
  12. ^ [2]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

{{Colonialismo italiano}} {{Portale|Grecia|Guerra|Italia|Storia}} <pre>[[Categoria:Isole Italiane dell'Egeo|*]]</pre>