Utente:Giwiller/Sandbox

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Bryum bharatiense
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Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoBryobiotina
DivisioneBryophyta
ClasseBryopsida
SottoclasseBryidae
OrdineBryales
FamigliaBryaceae
GenereBryum
SpecieBryum bharatiense
Nomenclatura binomiale
Bryum bharatiense
W.U. Rehman, K. Gupta & Bast, 2021

Bryum bharatiense W.U. Rehman, K. Gupta & Bast 2021 è un muschio antartico della famiglia Bryaceae, endemico della Terra della Principessa Elisabetta.[1][2][3]

Fu scoperto nel 2017, nel corso della trentaseiesima spedizione scientifica indiana, alla quale presero parte alcuni botanici della Central University of Punjab e del DAV College di Bathinda, nello stato federato del Punjab, in India.[4]

L'ubicazione della base scientifica indiana Bharati e dei Colli Larsemann

I primi esemplari furono raccolti nella regione dell'Antartide Orientale presso l'oasi dei Colli Larsemann (località tipo: 69°22.910’S, 76*07.258’E) lungo la costa di Ingrid Christensen, sul fianco sud-orientale della Baia di Prydz, nella Terra della Principessa Elisabetta.[4][5]

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

L'epiteto specifico bharatiense, con cui si è voluto identificare la nuova specie, fa riferimento a Bharati, che è il nome di una delle basi scientifiche indiane in Antartide, la più remota, quella ubicata nella Baia di Prydz, nei cui dintorni furono raccolti i primi esemplari del muschio. A sua volta il nome della stazione di ricerca è un omaggio a Bharati, la prima delle tre grandi dee dell'induismo la patrona di ogni arte e scienza, "colei che irradia conoscenza e saggezza", conosciuta anche come Saraswatī.[4]

Descrizione[6][modifica | modifica wikitesto]

Il muschio, di medie dimensioni, si sviluppa prevalente in colonie. I fusticini (caulidi), eretti e non ramificati, sono alti da 1,5 cm a 3,0 cm, di colore verde scuro nella parte inferiore e marrone superiormente. I rizoidi sono fibrosi, lisci e ramificati e non sono distribuiti capillarmente. Le foglioline vegetative (fillidi) hanno la forma ovato-lanceolata, con apici lungamente acuminati e le basi decorrenti. Il margine fogliare è leggermente riflesso e finemente seghettato (serrulato) in corrispondenza dell'apice. La nervatura principale (costa) è percorrente e molto robusta. La lamina fogliare è formata da un singolo strato di cellule sub-rettangolari che si restringono e si allungano verso i margini del fillidio, mentre diventano sub-romboidali verso la costa.[4]

Come in tutte le briofite, il ciclo ontogenetico è aplodiplonte isosporeo, con alternanza di generazione antitetica eteromorfa e prevalenza della generazione gametofitica (aploide) su quella sporofitica (diploide)[7] che, in questa specie, non è nota.[8]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

G. gelida è diffusa nel Settore S (da 30°W a 90°W), R (da 150° W a 150° E) e B (da 150°W a 90°W ) dell'Antarctic Botanical Zone.[9] Specificatamente nelle isole Orcadi Meridionali, nelle Shetland Meridionali, lungo la costa occidentale della penisola Antartica dalla Costa di Graham all'isola Alessandro I; a nord della costa orientale della penisola antartica nell'isola di James Ross, nella terra della regina Victoria, nella Terra di Marie Byrd, e nelle isole sub-antartiche della Georgia del Sud e delle Kerguelen.

Le specie cresce in siti asciutti o umidi, preferibilmente riparati, in una vasta gamma di habitat, prediligendo le superfici rosa specie occiose affioranti con un po' di suolo o i substrati di cenere vulcanica.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

L'iter che ha portato alla caratterizzazione tassonomica del muschio dei Colli Larsemann, e alla sua accettazione come nuova specie, è stato particolarmente laborioso. Sia per la mancanza dello sporofito, sia perché il genere Bryum, il più ricco di specie tra i muschi antartici, è noto per la marcata variabilità fenotipica intraspecifica, tanto da essere stato definito il «confuse genus» dell'Antartide.[8]

Dalla raccolta dei primi esemplari, è occorso attendere cinque anni per arrivare alla conferma che si trattava effettivamente di una specie nuova. Dopo un primo approccio sistematico classico, non risolutivo, basato sul raffronto dei caratteri diagnostici anatomo-morfologici,[6] ha fatto seguito l'utilizzo delle tecniche di filogenesi molecolare, basate sull’amplificazione in vitro e sul sequenziamento di tratti cromosomici specifici del genoma nucleare, compresi tra due regioni oligonucleotidiche note (primer). Specificatamente è stato utilizzato uno tra i più appropriati marcatori molecolari per le briofite, il Nuclear Ribosomal Internal Transcribed Spacer 1 (nrITS1), una regione spaziatrice non codificante appartenente al DNA ribosomiale nucleare (nrDNA). Questo marcatore intergenico neutrale ha infatti un alto grado di variabilità,[10] che consente un’analisi adeguata della diversità genetica a basso livello gerarchico.[11]

Il campione esaminato comprendeva, oltre B. bharatiense, altri due muschi antartici, raccolti nel corso della stessa trentaseiesima spedizione indiana, il Bryoerythrophyllum recurvirostrum (Hedw.) P. C. Chen e il Coscinodon lawianus (J.H.Willis) Ochyra. Le tre sequenze generate sono state messe a confronto e allineate con ventuno sequenze omologhe, di dieci specie diverse, prelevate dalla GenBank, del National Center for Biotechnology Information (NCBI), e utilizzando Philonotis marchica Bridel, 1827 come gruppo esterno.[12]

I risultati dell'analisi filogenetica, condotta con il metodo della massima verosimiglianza, hanno restituito un filogramma (albero additivo) con tre cladi ben supportati, corrispondenti ad altrettante famiglie. Nel clado II, associato alle Bryaceae, il ramo di B. Bharatiense è apparso isolato e geneticamente distante dalle altre specie della famiglia incluse nella ricostruzione. Con nessuna di queste, infatti, B. Bharatiense formava gruppo ma, nemmeno formava un clado completo separato.

La sequenza che evidenziava le maggiori omologie era quella di B. pseudotriquetrum (Hedw.) G. Gaertn., B. Mey. & Scherb., un muschio ampiamente diffuso in Antartide dal quale, però, B. Bharatiense si differenzia per una serie di caratteri morfologici specifici.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Cfr. WFO.
  2. ^ Cfr. Tropicos, 2024.
  3. ^ Cfr. Rehman et al., 2021.
  4. ^ a b c d Cfr. Rehman et al., 2021, p. 288.
  5. ^ L'olotipo è depositato nel Janaki Ammal Herbarium (RRLH) presso l'Indian Institute of Integrative Medicine, di Jammu nel territorio dell'unione indiana di Jammu e Kashmir in India (cfr. Rehman et al., 2021, p. 288).
  6. ^ a b Nella descrizione sono riportati quei caratteri sinapomorfici che differenziano B. bharatiense dalle specie più simili di muschi antartici. Si tratta delle quattro specie del genere Bryum, il B. pseudotriquetrum,(Hedw.) G.Gaertn., B.Mey. & Scherb., il B. pseudotriquetrum var. bimum (Brid.) Lilj., il B. argenteum Hedw. e il B. amblyodon Mull. Hal.(cfr. Rehman et al., 2021, p. 286, tab. 3).
  7. ^ Cfr. Giada Cordoni, Raffaella Grassi, Lorenzo Peruzzi & Fancesco Roma-Marzio, La riproduzione nelle piante terrestri (PDF), su Piano Nazionale Laure Scientifiche, Orto e Museo botanico Università di Pisa.
  8. ^ a b Cfr. Rehman et al., 2021, p. 284.
  9. ^ L'Antarctic Botanical Zone, così definita dal briologo irlandese Stanley Wilson Greene nel 1964, include l'intero Continente antartico, l'insieme dei mari che lo circondano, entro il parallelo di latitudine 60°S, le isole vulcaniche sub-antartiche dell'arcipelago delle Sandwich Australi e l'isola, anch'essa vulcanica, di Bouvet. La zona è unica nel suo genere per essere la maggiore area al mondo ad avere una flora costituita pressoché interamente da crittogame (cfr. Greene et al., 1970, p. 3).
  10. ^ Gli spaziatori intergenici ITS ((Internal Trascribed Spacer = spaziatori interni trascritti), presenti in tutti i geni nucleari eucariotici per l’rRNA, sono sequenze non codificanti di DNA ribosomale nucleare, compresi tra unità trascrizionali conservate di DNA, specificatamente 18 S, 5.8 S e 26 S. L’ITS1 (spaziatore interno trascritto di tipo 1) è la regione spaziatrice compresa tra la fine del 18 S e l’inizio del 5.8 S, l’ITS2 (spaziatore interno trascritto di tipo 2) è compreso tra la fine del 5.8 S e l’inizio del 26 S (cfr. Carucci, 2011, pp. 41-42).
  11. ^ Cfr. Carucci, 2011, p. 42.
  12. ^ Cfr. Rehman et al., 2021, pp. 285-286.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]


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