Urania's Mirror

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La tavola 32 illustra dodici costellazioni: nove (Corvo, Cratere, Sextans [Sextans Uraniæ], Idra, Lupo, Centauro, Macchina Pneumatica [Antlia Pneumatica] e Bussola [Pyxis Nautica]) tuttora riconosciute, una (Nave Argo) oggi suddivisa in più parti e due (Civetta e Gatto) obsolete.

Urania's Mirror; or, a view of the Heavens (Lo Specchio di Urania) è una serie di 32 carte celesti pubblicata per la prima volta nel novembre del 1824[1][2]. Comprendeva illustrazioni basate su quelle presenti nell'Atlante Celeste (A Celestial Atlas) di Alexander Jamieson[2], ma con l'aggiunta di fori creati con un punteruolo che permettevano di rappresentare con la luce le stelle delle varie costellazioni[1]. I disegni furono incisi da Sidney Hall e si diceva che fossero stati realizzati da «una signora», anche se pare che siano stati opera del reverendo Richard Rouse Bloxam, un assistente alla Rugby School[3]

La copertina del set di tavole mostrava una rappresentazione di Urania, la musa dell'astronomia, e ad esso si accompagnava un libro intitolato A Familiar Treatise on Astronomy... («Trattato Familiare sull'Astronomia»)[2][4]. Peter Hingley, il ricercatore cui dobbiamo la risoluzione del mistero di chi abbia disegnato le carte centocinquant'anni dopo la loro pubblicazione, considerava quest'opera tra le più interessanti carte stellari prodotte agli inizi del XIX secolo.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il coperchio della scatola, raffigurante Urania.

In Urania's Mirror sono illustrate 79 costellazioni, alcune delle quali sono ormai obsolete o integrate in altre costellazioni, come Caput Medusæ (la testa di Medusa), ora parte della costellazione di Perseo[2]. L'opera venne originariamente pubblicizzata come l'insieme di «tutte le costellazioni visibili nell'Impero britannico»[1][4], ma, in effetti, ometteva le costellazioni australi e, a partire dalla seconda edizione (1825), gli annunci affermavano semplicemente che si trattava della raffigurazione delle costellazioni visibili dalla «Gran Bretagna»[4]. Alcune tavole si concentrano su una singola costellazione, ma altre ne includono diverse, come la tavola 32, focalizzata sull'Idra, che ne raffigura dodici (alcune delle quali non più riconosciute). La tavola 28 ne presenta sei, e nessun'altra ne contiene più di quattro[2]. Ogni tavola misura circa 20 cm per 14[4]. Un libro di Jehoshaphat Aspin intitolato Trattato Familiare sull'Astronomia (o, per dare il nome completo, Trattato Familiare sull'Astronomia, spiegante i Fenomeni Generali degli Organi Celesti, con Numerose Illustrazioni Grafiche) venne scritto per accompagnare queste tavole[2]. Sia il libro che le tavole furono originariamente pubblicati da Samuel Leigh, 18 Strand, Londra[4], anche se la casa editrice si era trasferita al 421 Strand e cambiò il suo nome in M. A. Leigh a partire dalla quarta edizione[5]. Le tavole e il libro venivano venduti in una scatola raffigurante una donna, quasi certamente Urania, la musa dell'astronomia[4].

P. D. Hingley, riferendosi a quest'opera, l'ha definita «uno dei più affascinanti e visivamente attraenti tra i molti supporti all'astronomia autodidattica prodotti nei primi anni del diciannovesimo secolo»[4]. Nella versione principale, i fori delle stelle permettevano di vedere la costellazione quando si poneva la mappa davanti a una luce, e producevano una rappresentazione abbastanza realistica della costellazione stessa, in quanto le dimensioni dei fori contrassegnati corrispondevano alla magnitudine delle stelle[4]. Ian Ridpath concorda su questo e descrive l'idea come una «caratteristica attraente», pur rilevando che, a causa della luce dell'epoca fornita principalmente da candele, molte tavole probabilmente andavano in fiamme a causa della mancanza di attenzione che si aveva nel cercare di tenerle davanti alla fiamma. Lo stesso studioso cita anche altri tre tentativi di riprodurre le costellazioni con la luce - Atlas céleste (1826) di Franz Niklaus König (1826), Himmels-Atlas in transparenten Karten (1850) di Friedrich Braun e Himmelsatlas (1851) di Otto Möllinger -, ma afferma che tutte queste erano prive della maestria di Urania's Mirror[2].

La fonte originaria, A Celestial Atlas[modifica | modifica wikitesto]

I disegni delle costellazioni ricalcano direttamente quelli di A Celestial Atlas di Alexander Jamieson, pubblicato circa tre anni prima, ma comprendono anche alcune novità, comprese le nuove costellazioni della Civetta (Noctua) e del Nilometro (Norma Nilotica) - uno strumento utilizzato per misurare le piene del Nilo -, tenuto in mano dall'Acquario (Aquarius)[2].

Chi disegnò Urania's Mirror?[modifica | modifica wikitesto]

Questo manifesto di Urania's Mirror del dicembre del 1824 suggerisce l'opera come regalo di Natale «accettabile»[1][2].

I manifesti che pubblicizzavano Urania's Mirror, così come l'introduzione del libro che accompagnava l'opera, A Familiar Treatise on Astronomy, accreditano i disegni delle tavole semplicemente ad una «signora», che nell'introduzione del libro viene descritta come «giovane». Questa affermazione ha spinto gli studiosi a formulare le più varie speculazioni: alcuni ritenevano che i disegni fossero opera di importanti astronome dell'epoca come Caroline Herschel o Mary Somerville, altri li accreditavano all'incisore Sidney Hall, ma nessuna ipotesi è mai stata ritenuta particolarmente credibile[4]. La vera identità del disegnatore è rimasta ignota per circa 170 anni: poi, nel 1994, mentre stava archiviando i certificati delle elezioni anticipate usati per proporre nuovi membri per la Royal Astronomical Society, P. D. Hingley ne trovò uno che proponeva il reverendo Richard Rouse Bloxam, dichiarandolo «autore di Urania's Mirror»[3]. Sebbene avesse avuto dei figli che ricoprirono cariche importanti, di lui non conosciamo altre pubblicazioni, e la sua principale distinzione è stata quella di avere lavorato come assistente alla Rugby School per 38 anni[3].

Le ragioni del perché il vero autore abbia cercato di nascondere la sua identità sono sconosciute. Hingley afferma che molte pubblicazioni dell'epoca cercarono di suggerire che le donne avessero avuto un ruolo nella loro creazione, forse per cercare di affievolire la situazione in un periodo di disordini per l'emancipazione femminile. Lo stesso autore suggerisce che l'anonimato potrebbe essere stato necessario per proteggere la posizione di Bloxam presso la Rugby, ma fa notare che la Rugby era una scuola piuttosto progressista, il che rende questo improbabile; infine, adduce come spiegazione la semplice modestia[6]. Ian Ridpath, notando il plagio dei disegni di A Celestial Atlas, suggerisce che questo da solo potrebbe essere stato sufficiente a indurre l'autore a desiderare di rimanere anonimo[2].

Le varie edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Un manifesto pubblicitario del dicembre 1824, in cui si afferma che le tavole erano state «appena pubblicate», offriva le tavole «semplici» a 1 sterlina e 8 e quelle «completamente colorate» a 1 sterlina e 14[1]. Questa prima edizione non raffigurava nessuna delle stelle che circondavano le costellazioni nominate e queste parti erano lasciate vuote. A partire dalla seconda edizione, tuttavia, furono aggiunte nuove stelle attorno alle costellazioni principali[2]. Un'edizione americana venne pubblicata nel 1832. Ristampe moderne furono prodotte nel 1993 e Barnes & Noble riprodusse l'edizione americana (con il libro di accompagnamento) nel 2004[2]. Del libro di accompagnamento, A Familiar Treatise on Astronomy di Jehoshaphat Aspin, furono realizzate almeno quattro edizioni, l'ultima delle quali uscita nel 1834[2]. La seconda edizione presentava una notevole estensione dei contenuti, passando da 121 pagine a 200[4]. Il libro, almeno a partire dall'edizione americana del 1834, consisteva in un'introduzione, un elenco delle costellazioni boreali e australi, una descrizione di ciascuna delle tavole, con la storia e le informazioni delle costellazioni rappresentate, e un elenco alfabetico dei nomi delle stelle (come Achernar) con la loro nomenclatura di Bayer, magnitudine e rispettiva costellazione[7]

Una «Seconda Parte» di Urania's Mirror, che avrebbe dovuto includere illustrazioni dei pianeti e un planetario meccanico portatile, venne pubblicizzata[8], ma non esistono prove che dimostrino che sia mai stata rilasciata[2].

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Costellazioni raffigurate[modifica | modifica wikitesto]

Le costellazioni raffigurate, nell'ordine in cui compaiono sulle tavole, sono[2]:

Inoltre, sono raffigurati anche il Monte Menalo (Mons Mænalus) sotto i piedi di Boote, la Testa di Medusa (Caput Medusæ) come parte di Perseo e Cerbero (Cerberus) mostrato con Ercole[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Advertisement, in Monthly Critical Gazette, Londra, Sherwood, Jones, and Co., dicembre 1824, p. 578.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Ian Ridpath, Urania's Mirror, su Ian Ridpath's Old Star Atlases. URL consultato il 7 marzo 2014.
  3. ^ a b c P. D. Hingley, Urania's Mirror - A 170-year old mystery solved?, in Journal of the British Astronomical Association, vol. 104, n. 5, 1994, pp. 238-40, Bibcode:1994JBAA..104..238H. p. 239
  4. ^ a b c d e f g h i j P. D. Hingley, Urania's Mirror - A 170-year old mystery solved?, in Journal of the British Astronomical Association, vol. 104, n. 5, 1994, pp. 238-40, Bibcode:1994JBAA..104..238H. p. 238.
  5. ^ P. D. Hingley, Urania's Mirror - A 170-year old mystery solved?, in Journal of the British Astronomical Association, vol. 104, n. 5, 1994, pp. 238-40, Bibcode:1994JBAA..104..238H. p. 239 (illus.).
  6. ^ P. D. Hingley, Urania's Mirror - A 170-year old mystery solved?, in Journal of the British Astronomical Association, vol. 104, n. 5, 1994, pp. 238-40, Bibcode:1994JBAA..104..238H. p. 240.
  7. ^ Informazioni tratte dalla riproduzione del libro comprese nell'edizione facsimile di Urania's Mirror della Barnes & Noble.
  8. ^ [Advertisement], in The Quarterly Literary Advertiser (Part of The Quarterly Literary Journal), ottobre 1828, Duke-Street, Piccadilly, Londra, John Sharpe, 1828, p. 17. URL consultato il 16 marzo 2014.
  9. ^ Una versione plurale obsoleta della costellazione del Triangolo.
  10. ^ Ian Ridpath, Rangifer, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  11. ^ Ian Ridpath, Custos Messium, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  12. ^ Ian Ridpath, Honores Friderici, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  13. ^ Ian Ridpath, Telescopium Herschilii, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  14. ^ Ian Ridpath, Quadrans Muralis, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  15. ^ Ian Ridpath, Taurus Poniatovii, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  16. ^ Ian Ridpath, Scutum, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  17. ^ Ian Ridpath, Antinous, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  18. ^ Ian Ridpath, Vulpecula, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  19. ^ Ian Ridpath, Musca Borealis, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  20. ^ Ian Ridpath, Globus Aerostaticus, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  21. ^ Ian Ridpath, Harpa Georgii, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  22. ^ John Hill, Fluvius, in Urania: Or, a Compleat View of the Heavens; Containing the Antient and Modern Astronomy, in Form of a Dictionary: Illustrated with a Great Number of Figures ... A Work Intended for General Use, Intelligible to All Capacities, and Calculated for Entertainment as Well as Instruction, Londra, T. Gardner, 1754.
  23. ^ Ian Ridpath, Machina Electrica, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  24. ^ John Hill, Pigeon, in Urania: Or, a Compleat View of the Heavens; Containing the Antient and Modern Astronomy, in Form of a Dictionary: Illustrated with a Great Number of Figures ... A Work Intended for General Use, Intelligible to All Capacities, and Calculated for Entertainment as Well as Instruction, Londra, T. Gardner, 1754.
  25. ^ Ian Ridpath, Officina Typographica, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  26. ^ Ian Ridpath, Turdus Solitarius, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  27. ^ Ian Ridpath, Sextans, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  28. ^ Ian Ridpath, Felis, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  29. ^ Ian Ridpath, Antlia, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  30. ^ Ian Ridpath, Argo Navis, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.
  31. ^ Ian Ridpath, Pyxis, su Star Tales. URL consultato il 7 marzo 2014.

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