Philantomba monticola

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Cefalofo azzurro[1]
Stato di conservazione
Rischio minimo[2]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaBovidae
SottofamigliaCephalophinae
GenerePhilantomba
SpecieP. monticola
Nomenclatura binomiale
Philantomba monticola
(Thunberg, 1789)
Sinonimi
Cephalophus monticola
(Thunberg, 1789)

Il cefalofo azzurro (Philantomba monticola Thunberg, 1789) è un piccolo cefalofo diffuso nelle foreste dell'Africa centrale e delle regioni meridionali del Sudafrica.

Tassonomia[modifica | modifica wikitesto]

Attualmente, gli studiosi riconoscono dodici sottospecie di cefalofo azzurro[1]:

  • C. m. monticola Thunberg, 1789 (Repubblica Centrafricana e Repubblica Democratica del Congo);
  • C. m. aequatorialis Matschie, 1892 (Repubblica Democratica del Congo orientale, Uganda e Sudan);
  • C. m. anchietae Bocage, 1879 (Angola);
  • C. m. bicolor Gray, 1863 (Sudafrica);
  • C. m. congicus Lönnberg, 1908 (regione tra i fiumi Cross e Congo);
  • C. m. defriesi W. Rothschild, 1904 (Tanzania occidentale, Zambia settentrionale e Katanga);
  • C. m. hecki Matschie, 1897 (Malawi, Zambia orientale e Mozambico settentrionale);
  • C. m. lugens Thomas, 1898 (altopiani della Tanzania);
  • C. m. melanorheus Gray, 1846 (Camerun meridionale e Isola di Bioko);
  • C. m. musculoides Heller, 1913 (Uganda orientale e Kenya occidentale);
  • C. m. simpsoni Thomas, 1910 (Repubblica Democratica del Congo orientale);
  • C. m. sundevalli Fitzinger, 1869 (isole di Pemba, Mafia e Zanzibar).

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il cefalofo azzurro è la più piccola e una delle più numerose e diffuse specie di cefalofo[3][4][5]. Come altri suoi simili, questa piccola antilope ha un caratteristico corpo tozzo, grandi quarti posteriori, dorso arcuato e zampe brevi e snelle, tutti adattamenti che le consentono di muoversi con facilità tra la fitta vegetazione del sottobosco[3][6][7]. Il nome duiker, con cui i cefalofi sono noti in lingua inglese, è una parola afrikaans che significa «tuffatore», e si riferisce all'abitudine, propria di questi animali, di tuffarsi tra la vegetazione se disturbati[6][7]; nel cefalofo azzurro questo comportamento è spesso accompagnato da un forte fischio simile a uno starnuto emesso dal maschio[4][5][8]. Misura 55-90 cm di lunghezza, 32-41 cm di altezza al garrese e pesa 3,5-9 kg; la coda misura 7-13 cm. La colorazione del mantello, diversa da una località all'altra[3][4][5][8], varia dal grigio ardesia al marrone scuro, talvolta con dei riflessi bluastri sul dorso, che hanno attribuito al cefalofo azzurro il nome comune[3][5][9]. Le regioni inferiori sono biancastre[3][5], così come la parte inferiore della coda, dove i peli bianchi leggermente scompigliati riflettono la luce così bene che sullo scuro suolo della foresta questa parte del corpo, tenuta costantemente in movimento, sembra un piccolo lampo che si accende e si spegne[4][5][8].

I cefalofi azzurri hanno occhi grandi, orecchie relativamente piccole e una larga bocca flessibile adattata a una dieta frugivora[3][8]. I sessi sono simili[6] ed entrambi possiedono brevi corna a forma di spina, che talvolta possono mancare nella femmina o essere nascoste da una breve cresta di peli[3][9][10]. Le femmine possono essere leggermente più grandi dei maschi[3][10]. Tutti i cefalofi hanno un ottimo senso dell'olfatto[4] e possiedono grandi e appariscenti chiandole preorbitali, simili a fessure, davanti agli occhi, impiegate nelle marcature odorose[3][5][6][10].

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

I cefalofi azzurri sono ampiamente diffusi, seppur in modo discontinuo, in tutta l'Africa centrale, orientale e meridionale, dalla Nigeria al Kenya, a est, ad Angola, Zambia, Malawi, Zimbabwe e alcune regioni del Mozambico centrale, a sud, nonché sulle isole di Zanzibar, Pemba e Mafia, e sull'isola di Bioko. Vivono anche in alcune zone del Sudafrica, benché sembri esserci una spaccatura nell'areale della specie, tra la popolazione sudafricana e quelle presenti in Zimbabwe e Mozambico[2][5][6][8][11].

Il cefalofo azzurro abita una vasta gamma di foreste e habitat boschivi, tra cui foreste pluviali di pianura, foreste a galleria, aree coltivate arbustive costiere, fitte boscaglie e foreste di montagna fino a 3000 m di quota. Si incontra sia nelle foreste primarie che in quelle secondarie, e può anche sopravvivere in piccole chiazze di foresta e boscaglia modificate o degradate, comprese quelle nei pressi degli insediamenti umani[2][3][5][8].

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

I cefalofi azzurri sono più attivi all'alba e al tramonto[4][5][10][12] e si nutrono soprattutto di frutta, così come di foglie, fiori, funghi, semi. Come altri cefalofi, talvolta seguono i branchi di scimmie e uccelli che si nutrono nella foresta, raccogliendo i frutti che lasciano cadere[5][6][8].

Il cefalofo azzurro è monogamo, con coppie che in apparenza rimangono unite per la vita e che vivono in un piccolo territorio, difeso dall'intrusione di altri cefalofi azzurri e regolarmente marcato con secrezioni odorose[4][5][6][8]. La riproduzione può avvenire in ogni periodo dell'anno[3][10], con un unico piccolo che nasce dopo una gestazione di 196-216 giorni[4][5][13]. I piccoli sono in grado di correre mezz'ora dopo la nascita, sebbene di solito rimangano nascosti nel sottobosco per le prime settimane di vita[4][6]. I cefalofi azzurri raggiungono la maturità sessuale all'età di un anno, quando abbandonano il territorio dei genitori[6][10], ed è stato accertato che possano vivere fino a dieci anni[8][9].

Conservazione[modifica | modifica wikitesto]

Il cefalofo azzurro viene cacciato attivamente in tutto il suo areale e in molte aree è uno dei più importanti componenti del bushmeat[2][14][15]. Le specie di cefalofo sono particolarmente popolari tra i cacciatori, dal momento che sono facili da abbattere e trasportare, e da esse si ricava abbastanza carne da renderne proficua la cattura[16]. Tuttavia, il cefalofo azzurro sembra essere in grado di sopportare la pressione venatoria in modo migliore della maggior parte delle specie più grandi di cefalofo e attualmente è sempre molto diffuso e numeroso[2][8][15].

Tra gli altri potenziali fattori di minaccia ricordiamo la distruzione dell'habitat dovuta all'abbattimento delle foreste per ricavare combustibile e materiale da costruzione, e per lasciare spazio all'agricoltura e agli insediamenti umani[10]. L'abbattimento di alberi da frutta e l'uccisione di scimmie, in particolare, impoverisce l'habitat del cefalofo azzurro e la disponibilità di cibo[8]. Sebbene questa specie, ancora una volta, tolleri meglio questi fattori di altre specie di cefalofo, tanto che riesce a sopravvivere spesso in una vasta gamma di habitat modificati dall'impatto umano, caccia e perdita dell'habitat uniti insieme potrebbero minacciare le popolazioni di alcune aree, portando a diminuzioni locali[2].

Voce correlata[modifica | modifica wikitesto]

Cefalofo rosso (cephalophus natalensis)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Philantomba monticola, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ a b c d e f (EN) IUCN SSC Antelope Specialist Group 2008, Philantomba monticola, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  3. ^ a b c d e f g h i j k Alden, P.C., Estes, R.D., Schlitter, D. and McBride, B. (1996) Collins Guide to African Wildlife. HarperCollins Publishers, London.
  4. ^ a b c d e f g h i Kingdon, J. (1988) East African Mammals: An Atlas of Evolution in Africa. Volume 3, Part C: Bovids. University of Chicago Press, Chicago.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m Wilson, V.J. (2005) Duikers of Africa: Masters of the African Forest Floor. Zimbi Books, Pretoria, South Africa.
  6. ^ a b c d e f g h i Macdonald, D.W. (2006) The Encyclopedia of Mammals. Oxford University Press, Oxford.
  7. ^ a b Estes, R.D. (1992) The Behavior Guide To African Mammals: Including Hoofed Mammals, Carnivores, Primates. University of California Press, Berkeley, CA.
  8. ^ a b c d e f g h i j k Kingdon, J. (1997) The Kingdon Field Guide to African Mammals. Academic Press, London.
  9. ^ a b c Ultimate Ungulate (December, 2008)
  10. ^ a b c d e f g Mills, M.G.L. and Hes, L. (1997) The Complete Book of Southern African Mammals. Struik, Cape Town.
  11. ^ Bioko Biodiversity Protection Program: Duikers Archiviato il 29 maggio 2009 in Internet Archive. (October, 2009)
  12. ^ Bowland, A.E. and Perrin, M.R. (1995) Temporal and spatial patterns in blue duikers Philatomba monticola and red duikers Cephalophus natalensis. Journal of Zoology, 237(3): 487 - 498.
  13. ^ Boehner, J., Volger, K. and Hendrichs, H. (1984) Breeding dates of blue duikers (Cephalophus monticola). Z. Saeugetierkunde, 49(5): 306 - 314.
  14. ^ East, R. (1990) Antelopes: Global Survey and Regional Action Plans: West and Central Africa. Antelope Specialist Group, IUCN, Gland.
  15. ^ a b East, R. (1998) African Antelope Database 1998. Antelope Specialist Group, IUCN, Gland.
  16. ^ Eves, H.E. and Stein, J.T. (2002) BCTF Fact Sheet: Duikers and the African Bushmeat Trade. Bushmeat Crisis Task Force, Washington, DC.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

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