Oda di Meißen

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Oda di Meißen
Ritratto immaginario di Oda
Duchessa consorte di Polonia
In carica1018 –
dopo il 1018
PredecessoreEmnilda di Lusazia
SuccessoreRicheza di Lotaringia
Nascita996 circa
Morte31 ottobre o 13 novembre dopo il 1018
DinastiaEccardingi
PadreEccardo I di Meißen
MadreSchwanhilde
ConiugeBoleslao I di Polonia
FigliMatilde
Pagina della cronaca di Tietmaro dell'anno 1018 riguardo al matrimonio di Oda con Boleslao I (facsimile). SLUB Dresden, Msc. R 147, foglio 176 b

Oda di Meißen, chiamata anche Ode, antico alto tedesco per Uta o Ute, (996 circa – 31 ottobre o 13 novembre dopo il 1018) fu una contessa della nobile stirpe sassone degli Eccardingi. Il 3 febbraio 1018 sposò il duca della stirpe Piast Boleslao I, che in seguito divenne re di Polonia.

Gli Eccardingi erano tra i principi più influenti dell'impero sotto Ottone III. Dopo la morte dell'imperatore e l'ascesa al trono di Enrico II, tentarono di mantenere la loro posizione di margravi di Meißen cercando di stringere legami più stretti con il vicino regno di Boleslao, il loro più potente amico e alleato. Dopo lo scoppio del conflitto tra Enrico e Boleslao a partire dal 1002, parteciparono con riluttanza alle campagne contro il sovrano polacco. Quando la pace di Bautzen pose fine al conflitto nel 1018, il matrimonio di Oda con Boleslao servì a consolidare l'accordo.

Fino al XIX secolo, Oda era considerata dagli storici polacchi come la prima regina della Polonia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e stirpe[modifica | modifica wikitesto]

L'anno e il luogo di nascita di Oda sono sconosciuti[1]. Essendo la figlia più giovane del matrimonio del margravio Eccardo I di Meißen e Schwanhilde, una figlia di Ermanno Billung, Oda proveniva da una delle stirpi più illustri e influenti della Sassonia. Grazie a questa reputazione, suo padre Eccardo I fu uno dei candidati alla elezione reale del 1002 contro il successivo re Enrico II. Suo fratello maggiore Ermanno successe a suo padre come margravio di Meißen nel 1009 e fu a sua volta succeduto nel 1038 dall'altro fratello di Oda, Eccardo II. Gli altri due fratelli ricoprirono alte cariche ecclesiastiche: Gunther dal 1024 fu arcivescovo di Salisburgo ed Eilward dal 1016 fu vescovo di Meißen. Oda aveva due sorelle, Liutgarda e Matilde[2].

La stirpe mantenne stretti legami con la dinastia polacca dei Piast. Lo zio di Oda, Gunzelino, era imparentato con Boleslao I per matrimonio. Dopo che il fratello di Oda, Ermanno, aveva sposato Regelinda, una figlia di Boleslao, nel 1002, Oda sposò Boleslao nel 1018 e divenne così la "suocera" del fratello[3].

Il matrimonio di Oda con Boleslao I diede frutto probabilmente ad una figlia di nome Matilde[4].

Matrimonio con Boleslao[modifica | modifica wikitesto]

Il 3 febbraio 1018 o pochi giorni dopo, sposò il duca polacco Boleslao I[1]. Dalla morte della sua terza moglie Emnilda nel 1017, aveva iniziato il corteggiamento della molto più giovane Oda[5], e il fratello maggiore di questa, Ermanno, essendo il capofamiglia, diede il consenso al matrimonio[6]. Accompagnato da Ermanno e dal figlio di Boleslao, Ottone, Oda si recò al castello di Cziczani, residenza dei Piast nella Bassa Lusazia[7]. Ella arrivò al castello di notte, venendo accolta da Boleslao I e da una grande folla con un mare di luci. Il matrimonio che seguì consistette probabilmente in un semplice rito secolare, con al massimo un contributo ecclesiastico subordinato, in quanto la Chiesa in questo periodo aveva iniziando da poco a interessarsi all'istituto del matrimonio[8].

Destino personale[modifica | modifica wikitesto]

Con la sua cronaca scritta tra il 1012 e il 1018, Tietmaro di Merseburgo fornisce l'unico resoconto contemporaneo delle celebrazioni[9]. Secondo l'interpretazione usuale, egli critica il modo in cui avvenne l'unione e dipinge un quadro cupo del futuro di Oda, in quanto da quel momento in poi avrebbe dovuto vivere una vita indegna per una nobile dama[10], poiché il matrimonio era stato contratto contro le regole ecclesiastiche e senza il consenso della Chiesa, essendo stato celebrato durante la Quaresima. Le osservazioni successive di Tietmaro sembrano confermare la sua previsione: in relazione alla vittoria sul principe di Kiev Yaroslav I, il vescovo di Merseburgo chiama Boleslao "vecchio fornicatore" (antiquus fornicator) in quanto fece della sorella di Jaroslav, Predizlawa, la sua concubina, senza riguardo a sua moglie e contro ogni diritto[11]. Che si possano effettivamente trarre conclusioni da questo sul matrimonio con Oda è dubbio: secondo lo storico polacco Andrzej Pleszczyński, il comportamento di Boleslao non può essere misurato con gli standard morali di oggi[12], in quanto in tal modo aveva così soddisfatto le aspettative arcaiche di un sovrano vittorioso, che a quel tempo erano ancora molto più radicate nel suo dominio rispetto ai valori cristiani.

Secondo le interpretazioni storiografiche più vecchie della cronaca di Tietmaro, la critica di quest'ultimo è diretta anche contro Oda: la frase sine matronali consuetudine dovrebbe essere tradotta come "senza verginità"[13]. Oda aveva condotto uno stile di vita permissivo fino al matrimonio e non come sarebbe stato degno di un patto matrimoniale così prestigioso[14]. Robert Holtzmann negli MGH commenta l'affermazione di Tietmaro, che ha inteso allo stesso modo, come "amara ironia"[15].

Dimensione politica[modifica | modifica wikitesto]

Oltre al suo significato per il destino personale di Oda, il matrimonio con Boleslao I aveva una dimensione politica: essa faceva parte della pace di Bautzen, con la quale Boleslao I e l'imperatore Enrico II misero fine alle loro controversie decennali sulla posizione gerarchica del sovrano polacco, ma anche sulle rivendicazioni territoriali sulla marca di Lusazia, sulla terra dei Milceni e sul l'adiacente marca di Meißen[16]. Nelle campagne di Enrico contro Boleslao, la stirpe di Oda, essendo membri di un "gruppo di alleanza favorevole ai polacchi"[17], parteciparono alle azioni belliche con tiepidezza accanto alla potente stirpe dei Billunghi. Il matrimonio rinnovò la tradizionale amicizia tra i Piast e gli Eccardingi, dopo che la figlia di Boleslao I, Regelinda, sposata con il fratello di Oda, Ermanno, era già morta nel 1016. Inoltre, il prestigioso matrimonio di Boleslao con una donna d'alto rango come Oda fece sì che si ripristinasse il suo onore e fu quindi l'espressione della sua vittoria[18]: infatti la pace di Bautzen confermò il dominio di Boleslao sulla Lusazia e sulla terra dei Milceni, su cui aveva diritto tanto quanto gli Eccardingi sulla base del suo terzo matrimonio con Emnilda, una figlia del principe lusaziano Dobromir[19]. Infine, non ci sono pervenuti fonti riguardo ad attacchi di Boleslao I alla vicina marca di Meißen, dove il fratello di Oda, Ermanno, aveva la carica di margravio.

Vita successiva[modifica | modifica wikitesto]

Non si sa nulla della figura di Oda dopo ciò[1]. Considerazioni secondo cui ella ritornò alla sede ancestrale degli Eccardingi a Naumburg[20] insieme a sua figlia Matilde nel tumulto che seguì la morte di Boleslao I il 17 giugno 1025 non possono essere sostanziate da fonti scritte contemporanee. Anche l'anno della sua morte non ci è pervenuto[1]. Nel necrologio della chiesa di San Michele di Lüneburg le voci per una Ode com, e per una contessa Oda (Ode comitessa), sono registrate sotto il 31 ottobre e il 13 novembre. Gerd Althoff è giunto alla conclusione che una delle due voci è dedicata alla memoria di Oda, poiché nella necrologia sono presenti anche Boleslao I e molti membri della stirpe degli Eccardingi[21].

Ricezione[modifica | modifica wikitesto]

Statua di Uta di Naumburg in pietra arenaria, maestro di Naumburg, 1250 circa, cattedrale di Naumburg, Naumburg (Saale).

Nel mondo germanofono, Oda non ha ricevuto molta attenzione. I resoconti storici la menzionano nel migliore dei casi come figura marginale in connessione alla pace di Bautzen, come moglie di Boleslao I[22] o come membro della nobile stirpe degli Eccardingi[23]. Fa eccezione una riflessione dello storico Ferdinand Wachter della prima metà del XIX secolo, secondo cui la figura del fondatore Uta di Naumburg non rappresenta la moglie di Eccardo II, Uta di Ballenstedt, ma sua sorella Oda di Meißen[24]. In particolare, la corona della figura in pietra arenaria, che era incisa solo con il nome "Uta", aveva recentemente indotto lo storico dell'arte Michael Imhof a dubitare dell'identificazione della figura del donatore come Uta di Ballenstedt, sebbene sospetti sia da identificare con la cognata di Oda, Regelinda[25]. Secondo Kerstin Merkel, la persona raffigurata doveva essere percepita dai contemporanei come una donna senza Dio, perché indossava il mantello come un uomo[26].

Gli storici polacchi consideravano Oda la prima regina della Polonia fino al XIX secolo. La ragione di questa ipotesi era una nota dello storiografo polacco Jan Długosz nella sua cronaca del XV secolo Annales seu Chronicae incliti Regni Poloniae ("Annali o cronache del glorioso regno di Polonia")[27]. In esso riporta, in linea con gli annali sassoni contemporanei[28], che Boleslao I si fece incoronare re nel 1025 dopo la morte del suo avversario Enrico II. In quell'occasione, Długosz indica che una regina senza nome fu incoronata insieme a Boleslao I, e le generazioni successive identificarono questa regina con Oda. Attualmente, però, la supposizione che vuole identificare la regina senza nome con Oda è considerata altrettanto infondata quanto la nota di fondo di Jan Długosz[27]. L'esame degli studiosi delle opere di Jan Długosz ha dimostrato che spesso aggiungeva alle fonti che usava eventi che credeva dovessero essere accaduti[29].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Kazimierz Jasiński: Rodowód pierwszych Piastów. = Genealogy of the First Piasts (= Poznańskie Towarzystwo Przyjaciół Nauk. Wznowienia. Band 19). Poznań 2004, ISBN 83-7063-409-5, S. 89.
  2. ^ Riguardo ai genitori e i fratelli di Oda con le fonti, si veda Ruth Bork: Die Billunger. Mit Beiträgen zur Geschichte des deutsch-wendischen Grenzraumes im 10. und 11. Jahrhundert. Greifswald 1951, S. 114–117, (Greifswald, Universität, phil. Dissertation, 1951, maschinschriftlich).
  3. ^ Herbert Ludat: An Elbe und Oder um das Jahr 1000. Skizzen zur Politik des Ottonenreiches und der slavischen Mächte in Mitteleuropa. Böhlau, Köln u. a. 1971, ISBN 3-412-07271-0, S. 19.
  4. ^ Gli Annali di Hildesheim danno solo il nome del padre per l'anno 1035, ma la discendenza da Oda è generalmente data per scontato; si veda ad esempio Gabriele Rupp: Die Ekkehardiner, Markgrafen von Meissen und ihre Beziehung zum Reich und zu den Piasten. Lang, Frankfurt am Main u. a. 1996, ISBN 3-631-49868-3, S. 201.
  5. ^ Tietmaro VIII, 32 (Bugiani p.696) si riferisce a Boleslao come antiquus nell'estate del 1018.
  6. ^ Herbert Ludat: An Elbe und Oder um das Jahr 1000. Skizzen zur Politik des Ottonenreiches und der slavischen Mächte in Mitteleuropa. Böhlau, Köln u. a. 1971, ISBN 3-412-07271-0, S. 19 Anmerkung 224.
  7. ^ Il castello di Presenchen vicino a Zinnitz, si veda inoltre Joachim Henning: Neue Burgen im Osten: Handlungsorte und Ereignisgeschichte der Polenzüge Heinrichs II. im archäologischen und dendrochronologischen Befund. In: Achim Hubel, Bernd Schneidmüller (Hrsg.): Aufbruch ins zweite Jahrtausend. Innovation und Kontinuität in der Mitte des Mittelalters (= Mittelalter-Forschungen. Band 16). Thorbecke, Ostfildern 2004, ISBN 3-7995-4267-1, S. 151–181, hier S. 166.
  8. ^ Andrzej Pleszczyński: The Birth of a Stereotype. Polish Rulers and their Country in German Writings c. 1000 A.D. (= East Central and Eastern Europe in the Middle Ages, 450–1450. Band 15). Brill, Leiden u. a. 2011, ISBN 978-90-04-18554-8, S. 238 f.
  9. ^ Tietmaro VIII, 1 (Taddei p. 233; Bugiani pp. 651-653)
  10. ^ Così l'interpretazione di Tietmaro…,quae vivebat hactenus sine matronali consuetudine admodum digna tanto fordere. da Werner Trillmich in: Bugiani p.652; Thietmar von Merseburg: Chronik (= Ausgewählte Quellen zur deutschen Geschichte des Mittelalters. Band 9). Neu übertragen und erläutert von Werner Trillmich. Mit einem Nachtrag und einer Bibliographie von Steffen Patzold. 9., bibliographisch aktualisierte Auflage. WBG – Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 2011, ISBN 978-3-534-24669-4, S. 441.
  11. ^ Tietmaro VIII, 32 (Taddei p. 247-248; Bugiani pp. 695-697).
  12. ^ Andrzej Pleszczyński: The Birth of a Stereotype. Polish Rulers and their Country in German Writings c. 1000 A.D. (= East Central and Eastern Europe in the Middle Ages, 450–1450. Band 15). Brill, Leiden u. a. 2011, ISBN 978-90-04-18554-8, S. 180 f.
  13. ^ Siegfried Hirsch: Jahrbücher des Deutschen Reichs unter Heinrich II. Band 3. Herausgegeben und vollendet von Harry Bresslau. Duncker & Humblot, Leipzig 1875, S. 88 Anmerkung 1.
  14. ^ Kurt Engelbert: Die deutschen Frauen der Piasten Mieszko I. bis Heinrich I. In: Archiv für schlesische Kirchengeschichte. Band 12, 1954, S. 1–51, hier S. 6; Johannes Strebitzki (Hrsg.): Die Chronik des Thietmar von Merseburg. Uebersetzt von M. Laurent (= Die Geschichtschreiber der deutschen Vorzeit. 2. Gesamtausgabe, Band 39, ZDB-ID 1402490-1). 2. Auflage. Dyksche Buchhandlung, Leipzig 1892, S. 333.
  15. ^ Robert Holtzmann (Hrsg.): Thietmari Merseburgensis episcopi chronicon. = Die Chronik des Bischofs Thietmar von Merseburg und ihre Korveier Überarbeitung (= Monumenta Germaniae Historica. Scriptores. 6: Scriptores rerum Germanicarum. Nova Series Band 9). Weidmann, Berlin 1935, S. 494.
  16. ^ Knut Görich: Die deutsch-polnischen Beziehungen im 10. Jahrhundert aus der Sicht sächsischer Quellen. In: Frühmittelalterliche Studien. Band 43, 2009, S. 315–325, hier S. 320 f.
  17. ^ (DE) «polenfreundliche Bündnisgruppe»; citazione da Stefan Weinfurter: Heinrich II. (1002–1024). Herrscher am Ende der Zeiten. 3., verbesserte Auflage. Pustet, Regensburg 2002, ISBN 3-7917-1654-9, S. 210.
  18. ^ Eduard Mühle: Die Piasten. Polen im Mittelalter (= Beck’sche Reihe. C.H. Beck Wissen. Band 2709). Beck, München 2011, ISBN 978-3-406-61137-7, S. 27.
  19. ^ Tietmaro IV, 58 (Taddei, pp. 111-112; Bugiani pp. 309-311).
  20. ^ Ferdinand Wachter: Eckhart II. In: Johann S. Ersch, Johann G. Gruber (Hrsg.): Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste in alphabetischer Folge. Section 1: A – G. Theil 30: Eberhard – Ecklonia. Brockhaus, Leipzig 1838, S. 488–497, hier S. 496 f.
  21. ^ Gerd Althoff: Adels- und Königsfamilien im Spiegel ihrer Memorialüberlieferung. Studien zum Totengedenken der Billunger und Ottonen (= Münstersche Mittelalter-Schriften. Band 47). Fink, München 1984, ISBN 3-7705-2267-2, S. 420, 423.
  22. ^ Norbert Kersken: Heiratsbeziehungen der Piasten zum römisch-deutschen Reich. In: Dariusz Adamczyk, Norbert Kersken (Hrsg.): Fernhändler, Dynasten, Kleriker. Die piastische Herrschaft in kontinentalen Beziehungsgeflechten vom 10. bis zum frühen 13. Jahrhundert. Harrassowitz, Wiesbaden 2015, ISBN 978-3-447-10421-0, S. 79–105, hier S. 97.
  23. ^ Gabriele Rupp: Die Ekkehardiner, Markgrafen von Meissen und ihre Beziehung zum Reich und zu den Piasten. Lang, Frankfurt am Main u. a. 1996, ISBN 3-631-49868-3, S. 201.
  24. ^ Ferdinand Wachter: Eckhart II. In: Johann S. Ersch, Johann G. Gruber (Hrsg.): Allgemeine Encyclopädie der Wissenschaften und Künste in alphabetischer Folge. Section 1: A – G. Theil 30: Eberhard – Ecklonia. Brockhaus, Leipzig 1838, S. 488–497, hier S. 496 f.
  25. ^ Michael Imhof, Holger Kunde: Uta von Naumburg. Imhof, Petersberg 2011, ISBN 978-3-86568-655-8, S. 58.
  26. ^ Kerstin Merkel: Neue Beobachtungen zur Kleidung der Naumburger Stifterfiguren. In: Hartmut Prohm, Holger Kunde (Hrsg.): Der Naumburger Meister – Tagungsband zur Landesausstellung 2011. Imhoff, Petersberg 2012, ISBN 978-3-86568-742-5, S. 188–203, hier S. 191 (PDF)
  27. ^ a b Zbigniew Satała: Poczet polskich królowych, księżnych i metres. [Galerie der polnischen Königinnen, Prinzessinnen und Mätressen]. Glob, Szczecin 1990, ISBN 83-7007-257-7, S. 24.
  28. ^ Si veda ad esempio gli annali di Quedlinburg nell'anno 1025.
  29. ^ Ryszard Grzesik: Mittelalterliche Chronistik in Ostmitteleuropa. In: Gerhard Wolf, Norbert H. Ott (Hrsg.): Handbuch Chroniken des Mittelalters. de Gruyter, Berlin u. a. 2016, ISBN 978-3-11-034171-3, S. 773–804, hier S. 794.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Robert Holtzmann (Hrsg.): Thietmari Merseburgensis episcopi chronicon. = Die Chronik des Bischofs Thietmar von Merseburg und ihre Korveier Überarbeitung (= Monumenta Germaniae Historica. Scriptores. 6: Scriptores rerum Germanicarum. Nova Series Band 9). Weidmann, Berlin 1935, (digitalizzato).
  • Kurt Engelbert: Die deutschen Frauen der Piasten Mieszko I. bis Heinrich I. In: Archiv für schlesische Kirchengeschichte. Band 12, 1954, ISSN 0066-6491 (WC · ACNP), S. 1–51.
  • Norbert Kersken: Heiratsbeziehungen der Piasten zum römisch-deutschen Reich. In: Dariusz Adamczyk, Norbert Kersken (Hrsg.): Fernhändler, Dynasten, Kleriker. Die piastische Herrschaft in kontinentalen Beziehungsgeflechten vom 10. bis zum frühen 13. Jahrhundert. Harrassowitz, Wiesbaden 2015, ISBN 978-3-447-10421-0, S. 79–105.
  • Herbert Ludat: An Elbe und Oder um das Jahr 1000. Skizzen zur Politik des Ottonenreiches und der slavischen Mächte in Mitteleuropa. Böhlau, Köln u. a. 1971, ISBN 3-412-07271-0.
  • Gabriele Rupp: Die Ekkehardiner, Markgrafen von Meissen und ihre Beziehung zum Reich und zu den Piasten (= Europäische Hochschulschriften. Reihe 3: Geschichte und ihre Hilfswissenschaften. Band 691). Lang, Frankfurt am Main u. a. 1996, ISBN 3-631-49868-3 (Zugleich: München, Ludwig-Maximilians-Universität, Dissertation, 1995).

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