L'angelo di fuoco

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L'angelo di fuoco
Titolo originaleOgnenny angel
Lingua originaleRusso
Genereopera lirica
MusicaSergej Sergeevič Prokof'ev
LibrettoSergej Sergeevič Prokof'ev
Fonti letterarieL'angelo di fuoco di Valerij Brjusov
Atti5
Epoca di composizione1919 - 1926
Prima rappr.Venezia, 14 settembre 1955
TeatroLa Fenice
Personaggi
  • Renata (soprano),
  • Ruprecht (baritono),
  • Agrippa von Nettesheim (tenore),
  • Faust (basso),
  • Mefistofele (tenore),
  • Inquisitore (basso)
  • Jakob Glock (tenore)
  • Heinrich (mimo)

L'angelo di fuoco (titolo originale russo Огненный ангел, Ognenny angel) op. 37 è un'opera lirica in cinque atti scritta da Sergej Prokof'ev tra il 1919 e il 1926; il libretto è tratto da un romanzo di Valerij Jakovlevič Brjusov ed è stato redatto dal compositore stesso.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1919, durante la sua permanenza negli Stati Uniti, Prokof'ev trovò, in una libreria di New York, una nota rivista russa, Vesij; sfogliandola lesse la storia narrata dal poeta simbolista Brjusov sull'Angelo di fuoco, pubblicata a puntate.[1] Il compositore, affascinato dalla trama del romanzo, senza alcuna commissione, iniziò subito ad abbozzare un'opera sullo stesso argomento e ne scrisse il libretto. Il lavoro era però destinato a essere lungo e difficile, cosa insolita per Prokof'ev che era noto per comporre rapidamente le sue partiture. Quando nel marzo del 1922 il musicista si trasferì a Ettal sulle Alpi Bavaresi, l'ambiente e l'atmosfera suggestiva del luogo gli diedero ulteriori ispirazioni per la sua composizione; qui Prokof'ev rimase per più di un anno, fino all'ottobre del 1923, componendo gran parte dell'Angelo di fuoco. Il musicista terminò definitivamente l'opera a Parigi nel 1926 e si mise al lavoro per rifinire l'orchestrazione; nello stesso periodo Bruno Walter, direttore della Städtische Oper di Berlino ebbe notizia, probabilmente da Serge Kussevitzky, del lavoro di Prokof'ev e si dimostrò interessato a metterlo in scena.[2]

Le trattative però non andarono in porto, per diversi motivi; Prokof'ev aveva rivisto l'orchestrazione per la messinscena, ma le parti non arrivarono sufficientemente in tempo e la produzione venne sospesa. Inoltre, probabilmente, Bruno Walter si rese conto della complessità dell'opera e dei costi eccessivi per la realizzazione.[2] Nel giugno 1928 Kussevitzky si interessò ancora all'opera e volle dirigere, ma solo in forma di concerto, a Parigi alla Salle Pleyel, il secondo atto decurtato però di alcune scene. Nel 1930 il Metropolitan si mise in contatto con Prokof'ev per realizzare l'opera, ma anche questa volta le trattative non andarono a buon fine. Per non accantonare del tutto il suo lavoro il musicista nel 1928 ne riprese alcune parti inserendole nella Sinfonia n. 3 op.44.

Il destino dell'Angelo di fuoco fu di rimanere dimenticato per molto tempo presso l'editore parigino di Prokof'ev. Il compositore, essendo morto nel 1953, non riuscì mai a vedere realizzata la sua opera. La riscoperta del lavoro nel 1952 fece sì che venisse finalmente eseguito, prima in forma di concerto al Théâtre des Champs-Élysées a opera della Radio francese il 25 novembre 1954, poi, nella sua interezza, venne rappresentato al Festival di Musica Contemporanea di Venezia al Teatro La Fenice il 14 settembre 1955 nella versione italiana di Mario Nordio. La direzione fu di Nino Sanzogno, la regia di Giorgio Strehler, i costumi di Ezio Frigerio, le scene di Luciano Damiani, nel ruolo della protagonista vi fu Dorothy Dow.

La partitura autografa di Prokof'ev in russo, un tempo ritenuta perduta, fu ritrovata solo nel 1977 a Londra.[3]

Argomento[modifica | modifica wikitesto]

Il romanzo di Valerij Brjusov[modifica | modifica wikitesto]

Il poeta simbolista Brjusov scrisse L'angelo di fuoco in chiave simbolica per raccontare una sua vicenda personale in risposta ai ripetuti attacchi letterari subiti da parte di Andrej Bugaev detto Belyj, suo collega e amico poi diventato suo rivale; la causa di tutto fu la relazione con Nina Petrovskaja, moglie dell'editore che pubblicava le opere dei poeti simbolisti,[1] donna provocante dal carattere irrequieto e passionale che fu amante prima di Belyj e poi di Brjusov.

Brjusov finge nel romanzo di ritrovare un antico manoscritto in cui l'autore narra in sostanza la storia della sua relazione con Nina. Il racconto è fatto in prima persona dal protagonista maschile, Ruprecht, testimone dei fatti e sotto il cui nome si nasconde il poeta stesso. L'ambientazione è collocata nella Germania del XVI secolo; qui si svolge la storia della tragica ossessione di Renata (Nina), giovane che dopo esser stata avviata a una vita di santità, viene tentata e corrotta dal Diavolo che le è apparso come spirito luminoso, l'Angelo di fuoco (Belyj). Su di uno sfondo che riunisce storia e fantasia si sviluppano numerose vicende con scene di possessione, incantesimi, incontri col Demonio, duelli d'onore, fughe in convento, intervento dell'Inquisitore e infine la condanna al rogo della giovane. Renata muore in cella tra le braccia di Ruprecht che tentava di salvarla; il protagonista alla fine si riconcilia col rivale, decide di partire e, in attesa di imbarcarsi, scrive il manoscritto.
Al suo romanzo "storico" Valerij Brjusov aveva posto un sottotitolo:

«ovvero un veridico racconto in cui si narra del diavolo, il quale più di una volta, in figura di spirito luminoso, appare ad una vergine e la spinge a molteplici azioni peccaminose, in cui si parla delle pratiche, contrarie a Dio, della magia, dell'alchimia, dell'astrologia, della cabalistica e della negromantica, e si racconta del processo ad una vergine diretto dall'arcivescovo di Treviri, ed egualmente degli incontri e colloqui di un cavaliere con il tre volte dottore Agrippa di Nettesheim e con il dottor Faust, il tutto comunicato da un testimone oculare[4]»

L'opera di Prokof'ev[modifica | modifica wikitesto]

Il finale del romanzo che si risolve pacatamente senza eccessi non aveva soddisfatto Prokof'ev, soprattutto per ragioni teatrali; egli mirava infatti a un epilogo spettacolare a coronare un'opera importante e drammatica[2]. Il musicista concentrò allora tutto il lavoro sulla figura di Renata che divenne protagonista assoluta, e terminò l'opera con il rogo su cui muore la giovane.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Atto primo[modifica | modifica wikitesto]

XVI secolo. In una squallida locanda il cavaliere Ruprecht, appena tornato dall'America, trova riparo per la notte. Sta per addormentarsi quando viene svegliato dalle grida di una giovane, Renata, che, in preda al delirio, si sente assalita dal demonio. Ruprecht dà una spallata alla porta e va in suo soccorso; la giovane, terrorizzata, si getta verso di lui cercando aiuto. Il cavaliere stringe a sé Renata e riesce a calmarla. La giovane gli racconta che da bambina era stata visitata da un angelo luminoso, Madiel, che per lungo tempo la seguì, la protesse e la educò alla purezza, predicendole la morte per martirio. A sedici anni, tuttavia, Renata desiderò di unirsi carnalmente a Madiel: l'angelo, adirato, si trasformò in colonna di fuoco e sparì dopo averle bruciato le spalle e i capelli. In seguito Madiel le riapparve, promettendole di tornare da lei in forma umana. Una volta cresciuta, Renata credette di riconoscerlo nel conte Heinrich von Otterheim, del quale divenne amante; dopo un anno d'amore l'uomo, non potendo ammettere di essere Madiel, diventò cupo e, terrorizzato dai deliri della donna, la abbandonò; da allora la giovane ha vagato per l'Europa in cerca del conte, sempre tormentata da spaventose visioni. Renata chiede a Ruprecht di aiutala a ritrovare l'amato. La padrona della locanda e un servitore tentano di mettere in guardia Ruprecht poiché considerano la donna una poco di buono, ma, invaghitosi di lei, il cavaliere accetta di aiutarla. Prima di lasciare la locanda un'indovina tenta di predire l'avvenire di Renata, scorgendo solo del sangue sulla sua blusa e le dà un sacchetto con erbe e radici da portare con sé.

Atto secondo[modifica | modifica wikitesto]

Quadro primo[modifica | modifica wikitesto]

I due giovani si recano a Colonia. Nella stanza che condivide con Ruprecht, Renata consulta un grande libro di riti esoterici, quindi cerca di evocare gli spiriti, affinché gli riportino Heinrich, usando antichi testi di magia proibiti portati da Glock, un libraio amico di Ruprecht. L'incantesimo sembra funzionare, Renata brucia le radici che aveva avuto dall'indovina e si sentono tre colpi alla porta: la giovane corre ad aprire, ma non trova nessuno. Ritorna Glock promettendolo loro di condurli da un grande mago. Mentre la donna si dispera Ruprecht, sempre più innamorato di lei, decide, seguendo le indicazioni dell'amico, di recarsi da Agrippa von Nettesheim, un filosofo che ha fama di alchimista, per chiedergli aiuto.

Quadro secondo[modifica | modifica wikitesto]

In un'ambiente fantastico, Ruprecht si rivolge ad Agrippa che si presenta avvolto da un mantello cremisi alla presenza di tre cani neri. Egli nega di essere un mago, asserendo di essere soltanto uno scienziato e rifiuta di aiutare il giovane, sconsigliandolo di avventurarsi in situazioni oscure e pericolose.

Atto terzo[modifica | modifica wikitesto]

Quadro primo[modifica | modifica wikitesto]

In una strada nei pressi dell'abitazione del conte, Renata, che è riuscita a trovarlo dopo molti tentativi, lo supplica di aprire la porta. Ruprecht, rientrando verso casa, scorge la giovane e le racconta dell'incontro con Agrippa, rassicurandola. Renata, sconvolta, gli dice di aver visto Heinrich e di esser stata respinta da lui; convinta che Heinrich non sia il suo angelo, piangendo chiede a Ruprecht di vendicarla affrontando il conte in duello e di ucciderlo.

Quadro secondo[modifica | modifica wikitesto]

Il cavaliere accetta, nella speranza di farla finalmente sua. Nei pressi di un burrone lungo il Reno, Ruprecht viene ferito nel duello, giace a terra e inizia a delirare. Mentre il suo secondo Mathias va in cerca di un medico, Renata, vedendo Ruprecht in gravi condizioni, lo abbraccia e capisce di amarlo.

Atto quarto[modifica | modifica wikitesto]

Renata e Ruprecht vivono in una casa a Colonia; il giovane, guarito, crede che Renata sarà finalmente sua e le chiede di sposarlo, ma la giovane decide di fuggire per il bene della propria anima e per non nuocere più al cavaliere, ritirandosi in un convento. Ruprecht, messosi alla ricerca della donna, arriva in un'osteria dove si imbatte in Faust e Mefistofele. Qui assiste a un prodigio: Mefistofele, per punire un garzone negligente, lo divora in un boccone per poi farlo riapparire sano e salvo in un secchio della spazzatura; si rivolge poi allo sconfortato Ruprecht offrendogli di alleviare la sua tristezza, in cambio gli chiede di essere una guida per lui e Faust nelle strade della città.

Atto quinto[modifica | modifica wikitesto]

Mefistofele e Faust accompagnano Ruprecht al convento dove si è nascosta Renata, perché assista alla sua consacrazione. La donna è distesa sul pavimento con le braccia a croce; da una porta entra la madre superiora, preoccupata dagli inquietanti avvenimenti che hanno cominciato a verificarsi al suo arrivo e si rivolge a Renata che, alzatasi si inginocchia e nega di essere vittima degli spiriti maligni, insistendo nel voler farsi monaca. Durante la cerimonia, tuttavia, alcune consorelle manifestano i segni di una possessione demoniaca, tanto da richiedere l'intervento di un Inquisitore. La giovane afferma di essere accusata ingiustamente e inveisce contro l'Inquisitore. A poco a poco tutte le monache e la stessa Renata, in preda a convulsioni, diventano prede del diavolo e si esibiscono in una grottesca danza infernale. Ruprecht assiste alla scena con Faust e Mefistofele da una galleria superiore. Il giovane vorrebbe gettarsi per aiutare Renata, ma è trattenuto da Mefistofele. Non riuscendo a esorcizzare le forze del male, l'Inquisitore condanna al rogo Renata per aver avuto rapporti carnali con il diavolo e la costringe sul pavimento bloccandola con la croce; la donna sarà torturata e bruciata sul rogo.

Analisi[modifica | modifica wikitesto]

L'angelo di fuoco segna un punto fermo nella produzione musicale di Prokof'ev. L'opera è indicativa non solo del definitivo interesse "storico" del musicista, che prevarrà su quello, se pure importante, "favolistico", ma soprattutto denota un'importante mediazione fra l'origine ottocentesca della sua musica e il modernismo. Il compositore riesce infatti a conciliare nel suo lavoro un ampliamento dell'armonia con una concezione più tradizionale della tonalità.[5]

L'opera inizia senza alcuna introduzione con l'incontro dei due protagonisti ed è costruita con scene indipendenti, legate fra di loro solo dalla musica. Elemento dominante è Renata, la cui presenza pressoché incessante in scena ne fa praticamente l'unica vera protagonista; la sua vocalità esasperata caratterizza uno dei ruoli più impegnativi nella storia dell'opera[6].
La drammaticità del lavoro è sottolineata da un costante uso del declamato[1] e dalla violenza fonica sia nella difficile parte vocale di Renata, sia in diversi momenti orchestrali. L'ambivalenza dell'opera, sempre in bilico fra ragione e follia, fra realtà e magia, fra bene e male, è costruita da Prokof'ev con uno sviluppo musicale che alterna momenti di grande lirismo e tensione emotiva ad altri in cui l'ostinazione ritmica, il recitativo e il declamato ottengono un vero e proprio effetto ossessivo.

Caratteristico de L'angelo di fuoco è l'uso del leitmotiv, tanto da far parlare di un quiescente wagnerismo.[2] I motivi, sempre brevi, caratterizzano i personaggi e sono essenzialmente tre: il tema emotivo di Renata, quello di Ruprecht, più incisivo, e quello delle presenze malefiche, ostinato. In Prokof'ev però non sono temi conduttori, ma evocazioni che sottolineano i personaggi e richiamarli serve a riportare l'attenzione e l'emozione dell'ascoltatore agli avvenimenti, coinvolgendolo con incisività.[2] Indicativa è l'enunciazione del motivo di Renata con un fortissimo orchestrale sottolineato da dissonanze deformanti nell'epilogo, con la drammatica condanna pronunciata dall'Inquisitore[1]. Non mancano, tuttavia, in quest'opera, come d'altra parte in molte altre di Prokof'ev, momenti grotteschi e farseschi, se non addirittura caricaturali, come nella scena dello scherzo diabolico operato da Faust nell'osteria.

Soltanto dopo la sua tardiva rappresentazione pubblico e critica scoprirono come la musica di Prokof'ev avesse creato un realismo romantico che riusciva a fondere, in modo mirabile, modernismo e tradizione, facendo de L'angelo di fuoco il capolavoro teatrale del compositore.[5]

Organico orchestrale[modifica | modifica wikitesto]

Tre flauti (secondo e terzo anche ottavino), due oboi, corno inglese, due clarinetti, clarinetto basso, tre fagotti (terzo anche controfagotto), quattro corni, tre trombe, tre tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, tamburo militare, piatti, tam-tam, castagnette, tamburo, triangolo, campane, due arpe, archi.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Vincenzo Buttino, Invito all'ascolto di Prokofiev, Milano, Mursia, 2000.
  2. ^ a b c d e Piero Rattalino, Sergej Prokofiev. La vita, la poetica, lo stile, Varese, Zecchini, 2003.
  3. ^ Dizionario dell'Opera 2008, a cura di Piero Gelli, Firenze, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2008
  4. ^ Citato nella Storia dell'opera, vol.II, a cura di Carlo Marinelli, Utet, Torino, 1977
  5. ^ a b Massimo Mila, Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1963.
  6. ^ Carlo Marinelli, AA.VV. Storia dell'opera, Torino, Utet, 1977.

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