Hannah Semer

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Hannah Semer

Hannah Semer (in ebraico חנה זמר?; Bratislava, 2 ottobre 1924Tel Aviv, 6 marzo 2003) è stata una giornalista israeliana.[1][2][3]

Fu la prima donna a diventare caporedattrice di un quotidiano nazionale in Israele. Diresse infatti Davar dal 1970 al 1990.[4]

Hannah Haberfeld (poi Semer) nacque in una famiglia ebraica ultraortodossa dal rabbino Shlomo Haberfeld.[1][5] Durante la seconda guerra mondiale fu detenuta nei campi di concentramento di Ravensbrück e Malchow. La maggior parte della sua famiglia venne uccisa durante l'Olocausto.[5]

Zemer emigrò in Israele nel 1950,[5] dove si sposò e cambiò il suo cognome da Zomer a Semer. Insegnò nel sistema scolastico ortodosso Bais Yaakov di Azor, a sudest di Tel Aviv.[1]

Nel 1950 iniziò a lavorare come redattrice notturna per un quotidiano israeliano in lingua tedesca intitolato Yediot HaYom, mentre l'anno successivo fu assunta come corrispondente dal quotidiano Omer, un supplemento del giornale Davar destinato ai nuovi immigrati. In seguito passò a Davar e ne divenne dapprima corrispondente per gli affari politici,[1] poi nel 1961 direttrice del comitato editoriale. Presso la medesima rivista lavorò anche come conduttrice radiofonica e televisiva, assistente al montaggio e infine nel 1970 caporedattrice, l'incarico mediatico più importante ricoperto da una donna all'epoca. Rimase nel ruolo per 20 anni e fu la prima donna a diventare caporedattrice di un giornale ebraico.[1] Si ritirò da Davar nel 1990.[6]

Fu autrice di voci per l'Encyclopaedia Judaica e venne eletta nel consiglio dell'International Institute of Journalism. Tra le sue opere si ricorda God Doesn't Live Here Anymore, che parla della sua visita al campo di concentramento di Ravensbrück dopo anni dalla sua deportazione.[1]

Premi e riconoscimenti

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Nel 1972 Semer vinse il Sokolow Award assegnatole dall'Università di Tel Aviv e nel 1975 le fu conferito il titolo di "donna israeliana dell'anno". Tra gli altri premi figurano il premio Herzl, il premio Nordau, il premio Ted Lurie, il premio Wolf Matsdorf per il giornalismo del 1993 conferitole da B'nai B'rith e il premio per le donne eccezionali dell'organizzazione Hadassah.[1][7]

  1. ^ a b c d e f g (EN) Hanna Zemer, su Jewish Women's Archive. URL consultato il 18 marzo 2023.
  2. ^ Yoram Peri, Telepopulism: media and politics in Israel, 2004, ISBN 9780804750028.
  3. ^ Gershom Gorenberg, The Accidental Empire: Israel and the Birth of the Settlements, 1967–1977, Macmillan, 2007, p. 142, ISBN 9780805075649.
    «zemer.»
  4. ^ (EN) J. Staff, Hanna Zemer, journalist, dies, su J., 14 marzo 2003. URL consultato il 18 marzo 2023.
  5. ^ a b c Hanna Zemer, renowned journalist, dies at 78, The Jerusalem Post. URL consultato il 2 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2012).
  6. ^ Emmanuel Mann, Women Editors, in The Jerusalem Post, 26 settembre 1990. URL consultato il 18 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2012).
  7. ^ Noted, in The Jerusalem Report, 18 novembre 1993. URL consultato il 18 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2012).

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Controllo di autoritàVIAF (EN69791732 · ISNI (EN0000 0000 6683 9723 · LCCN (ENno96043729 · J9U (ENHE987007299876005171