Coordinate: 41°13′26.62″N 13°04′58″E

Grotta delle Capre

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Disambiguazione – Se stai cercando l'antico nome della grotta delle Felci a Capri, vedi Grotta delle Felci.
Grotta delle Capre
L'ingresso della grotta
Stato
Regione  Lazio
Provincia  Latina
Comune  San Felice Circeo
Lunghezza35 m
Esplorazione1936
Coordinate41°13′26.62″N 13°04′58″E
Mappa di localizzazione: Lazio
Grotta delle Capre
Grotta delle Capre

La grotta delle Capre è una grotta che si trova sul versante meridionale del promontorio del Circeo, in zona "Quarto Caldo", nel comune di San Felice Circeo, in provincia di Latina.

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

La grotta delle Capre è così chiamata perché, data la sua ampiezza, un tempo veniva utilizzata dai pastori come ricovero per le greggi; è sicuramente la più conosciuta e visitata, dopo la Grotta Guattari, tra le numerose grotte che si aprono alla base del promontorio del Circeo. Raggiungibile via mare o via terra tramite un sentiero, è lunga circa 35 metri ed alta dai 15 ai 20 metri nel mezzo della volta. La cavità è ricca di cunicoli ed antri, il più importante dei quali inizia nella parte terminale della grotta e penetra profondamente nella massa della montagna.

Storia geologica ed archeologica[modifica | modifica wikitesto]

Il sentiero che conduce alla grotta

La grotta, che venne esplorata già nell'Ottocento dall'archeologo Arturo Issel, fu oggetto di studi sistematici a partire dal 1936 ad opera di Alberto Carlo Blanc, nell'ambito di una serie di indagini sulle grotte del Circeo. Nel riempimento della grotta, messo in luce dagli scavi, che riportarono alla luce 12 strati di terreno, si sono riscontrate le vicende geologiche, climatiche e paleoecologiche succedutesi durante l'ultima glaciazione (Würm da 80.000 a 10.000 anni) quando il mare, che prima invadeva completamente la cavità, trovandosi svariati metri al di sopra dell'attuale livello e isolando così completamente tutto il massiccio del Circeo, iniziò a regredire di alcuni chilometri. Tutto ciò perché, durante i periodi glaciali, gran parte dell'acqua del mare evapora e si deposita sotto forma di ghiaccio e neve nei grandi ghiacciai polari: in tal modo si verifica un abbassamento del livello del mare (regressione marina) e dunque una conseguente dilatazione dei territori costieri. Gli studi effettuati all'interno della grotta hanno permesso di stabilire che, durante la suddetta glaciazione, il mare si trovava circa 8 metri al di sopra dell'attuale livello: questo calcolo si è potuto eseguire grazie all'analisi delle perforazioni dei molluschi litodomi (animali marini, volgarmente chiamati "datteri di mare" che sono soliti rifugiarsi in rocce dure, forandole con una secrezione acida), ancora ben visibili sulle pareti, perforazioni che terminano proprio all'altezza di 8 metri; a maggiore conferma di ciò, è altresì ben visibile un solco di battigia, oltre la fascia dei litodomi, che indica proprio il livello del mare in quel periodo.

Il prof. Blanc, oltre a rinvenire resti di industria paleolitica che egli stesso ribattezzò “pontiniana”, definendo con essa l'industria musteriana su ciottoli silicei tipica di questa zona, rinvenne, nello strato 5, sotto ad una frana, resti di ippopotamo, animale tipico delle zone calde, e carboni derivanti dalla combustione di legno di abete, specie invece tipica di zone fredde. Ciò può voler dire una sola cosa: l'abbassamento della temperatura dovuto alla glaciazione aveva fatto sì che una specie arborea come l'abete avesse potuto vivere a livelli più bassi, addirittura a livello del mare; e un animale come l'ippopotamo, abituato a vivere in climi caldi, avesse trovato come ultimo rifugio una zona a contatto con il mare, una grotta appunto, dove la termoregolazione tipica delle zone marine aveva potuto un poco attenuare il rigore glaciale.

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