Feth-i Bülend

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Feth-i Bülend
L'affondamento della Feth-i Bülend in una cartolina greca
Descrizione generale
Tipopirocorvetta corazzata a batteria centrale
Classeclasse Feth-i Bülend
ProprietàOsmanlı Donanması
CostruttoriThames Ironworks and Shipbuilding Company
CantiereLondra, Regno Unito
Impostazionemaggio 1868
Varo1869
Entrata in servizio1870
Ammodernamento1882-1890
1903-1907
Destino finaleaffondata il 31 ottobre 1912 nel porto di Salonicco dalla torpediniera greca N. 11
Caratteristiche generali
Dislocamentostandard: 2.672 t
Lunghezza71,6 m
Larghezza11,9 m
Pescaggio5,2 m
Propulsioneun motore a vapore ad espansione, un albero motore; 3.250 hp
Armamento velicodue alberi a vele quadrate (tipo brig)
Velocità13 nodi (24,08 km/h)
Autonomia1.500 miglia a 10 nodi
Equipaggio16 ufficiali
153 marinai
Armamento
Artiglieriaalla costruzione:
  • 4 cannoni da 222 mm

aggiunti nel 1882-1890:

  • un cannone da 170 mm
  • due cannoni da 87 mm
  • due cannoni da 63 mm
  • due cannoni da 37 mm
  • un cannoncino da 25,4 mm

Nel 1906:

  • quattro cannoni da 150 mm L/40
  • sei cannoni da 75 mm
  • sei cannoni da 57 mm
Corazzaturacintura: 102-230 mm
batteria: 203–254 mm
paratie: 140 mm
fonti citate nel corpo del testo
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La Feth-i Bülend fu una pirocorvetta corazzata (indicata anche come "ironclad") della marina militare ottomana, prima unità dell'omonima classe. Costruita nel Regno Unito ed entrata in servizio nel 1870, fu molto attiva durante la guerra russo-turca venendo poi più volte ricostruita e potenziata; praticamente radiata dal servizio attivo nel 1910 e trasformata in pontone, fu affondata la notte del 31 ottobre 1912 nel porto di Salonicco dalla torpediniera greca N. 11, nell'ambito della prima guerra balcanica.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Impostata nei cantieri della Thames Ironworks and Shipbuilding Company di Londra nel maggio del 1868, la nave venne varata nel 1869 con il nome di Feth-i Bülend (in lingua turca "Grande autore di conquiste") entrando poi in servizio nel 1870; si trattava di una pirocorvetta con lo scafo corazzato, del tipo "a batteria centrale" (con l'armamento, cioè, concentrato in una casamatta corazzata posta al centro della nave): insieme alla gemella Mukaddami Khair (completata nel 1873), era una delle più avanzate e pesantemente armate navi corazzate della sua epoca.

La nave partecipò intensamente alle operazioni navali nel Mar Nero durante la guerra russo-turca del 1877-1878: dopo aver bombardato il porto di Sukhumi tra il 14 e il 16 maggio 1877, il 23 luglio seguente fu leggermente danneggiata durante uno scontro con la nave russa Vesta, mentre il 25 agosto mancò l'intercettamento dello yacht Livadia[1]. Nel 1882 fu messa in cantiere a Istanbul per lavori di riparazione e ristrutturazione durati fino al 1890, durante i quali l'armamento fu notevolmente potenziato tramite l'aggiunta di un gran numero di pezzi di artiglieria secondari[2]; nel 1898 la nave fu però privata dell'armamento originario prima di essere inviata, nel 1903, nei cantieri Ansaldo di Genova per estesi lavori di ricostruzione e ammodernamento protrattisi fino al 1907[3].

Nonostante la ristrutturazione, la Feth-i Bülend risultava ormai obsoleta e allo scoppio della guerra italo-turca nel 1911 fu privata di gran parte del suo armamento (destinato alla difesa costiera) e ancorata nel porto di Salonicco come pontone adibito alle riparazioni[4]. Nella notte del 31 ottobre 1912, la torpediniera greca N. 11 del tenente Nikolaos Votsis penetrò non vista nel porto di Salonicco aggirando gli sbarramenti di mine; portatasi a tiro della Feth-i Bülend, verso le 23:30 la torpediniera lanciò tre siluri contro la nave: uno mancò il bersaglio ma gli altri due colpirono la corazzata che si capovolse affondando rapidamente, con la perdita di sette uomini dell'equipaggio (compreso l'imam di bordo), mentre Votsis fu in grado di allontanarsi senza essere attaccato[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Bernd Langensiepen, Ahmet Güleryüz, The Ottoman Steam Navy, 1828–1923, Conway Maritime Press, 1995, ISBN 0-85177-610-8.

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