Discussione:Erich Ludendorff

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Parzialità della voce[modifica wikitesto]

A quanto pare l'estensore, più che una seria documentazione, parrebbe aver recepito per intero la pubblicistica bellica e post-bellica germanica, tesa ad accreditare Ludendorff alla stregua di un infallibile dio della guerra; a lui viene ascritto il merito di aver concepito il piano per la battaglia di accerchiamento di Tannenberg; mentre, nella realtà, esso venne elaborato da Max Hoffman, capo ufficio operazioni di von Prittwitz, sulla base delle indicazioni strategiche fornite un decennio prima da von Schlieffen circa lo sfruttamento dello sbarramento strategico rappresentato dai Laghi Masuri.

Sempre a Ludendorff è riconosciuto il merito di aver condotto i tedeschi alla vittoria in quella battaglia, mentre già negli anni '20 B. H. Liddell Hart riconosceva correttamente come la diarchia Ludendorff-Hindenburg fosse subentrata a von Prittwitz soltanto dopo che Hoffman aveva emanato le proprie disposizioni. In seguito allo scacco subito da von Mackensen a Gumbinnen ad opera di Rennenkampf, egli decise di avvantaggiarsi dell'esitazione della I Armata nell'avanzare speditamente verso Königsberg: Hoffman, sfruttando l'indolenza di Rennenkampf ed il susseguente scollamento che si era determinato fra questi e la II Armata di Samsonov (che aveva nel frattempo sopravanzato il collega marciando più risolutamente), decise di concentrare le proprie forze contro quest'ultimo e pianificò il trasferimento ferroviario dei corpi di von François a fronteggiare il fianco sinistro dell'armata russa; mentre quelli di von Below e von Mackensen venivano inviati ad aggirare il suo fianco destro sospingendo inesorabilmente Samsonov verso i laghi.

Ennesimamente, in seguito alla caduta di von Falkenhayn, si ascrive a Ludendorff il merito esclusivo di aver proceduto nel corso del 1917 alla razionalizzazione delle posizioni germaniche sul fronte occidentale, dimenticando che l'adozione del cosiddetto sistema della "difesa in profondità" si dovette all'opera del colonnello Friedrich von Lossberg, che proprio da Ludendorff era stato incaricato di studiare il problema e procedere all'opera di riorganizzazione. Per tali ragioni il von Lossberg si guadagnò meritatamente la fama di maestro nell'organizzazione della difesa, ed ebbe fra i suoi discepoli quel Walther Model che durante la II Guerra Mondiale sarebbe asceso sino ai vertici della gerarchia militare germanica, legando indossolubilmente il proprio nome alla ricostituzione del'Armeegruppe Mitte annientato dall'offensiva sovietica in Ucraina (operazione Bagration).

Ed ancora, per l'autore merito sempre di Ludendorff sarebbe stato quello di aver individuato in "Caporetto" (ed in questo caso sarebbe più preciso parlare della conca di Plezzo) il punto nevralgico dello sforzo offensivo austro-tedesco, senza considerare che tale direttrice offensiva venne delineata dal generale von Below, capo della XIV Armata, e dal suo capo di S.M. Krafft von Dellmensingen (che già nel 1915 aveva avuto modo di operare sul fronte isontino al comando del Deutsche Alpenkorps).

Mentre, in conclusione, si tace sul clamoroso insuccesso della Kaiserschlacht, od "Offensiva di Primavera", del 1918, quando le forze germaniche passarono all'offensiva sul fronte occidentale, arenandosi dopo dei progressi promettenti a causa della mancanza di una strategia complessiva che motivasse e guidasse una simile operazione. In quella circostanza Ludendorff sbagliò su tutta la linea: credeva che gli inglesi fossero alle corde, che un'offensiva potesse metterli in ginocchio estromettendoli dal conflitto onde poter giungere ad una pace separata con la Francia prima dell'arrivo dei rinforzi americani. Si sbagliava e si trovò di fronte ad una durissima resistenza. Credeva che la superiorità dei metodi tattici maturati dai tedeschi nel corso del 1917-1918 fosse sufficiente a garantire un cruciale margine di vantaggio sugli alleati, rincorrendo senza rendersene conto quel mito dello "sfondamento" del fronte, slegato da un impianto strategico coerente, che era già stato proprio di von Falkenhayn a Verdun.

Insistendo sulla possibilità di conseguire il successo in un ambito meramente tattico Ludendorff perse di vista la dimensione strategica del problema, che indicava piuttosto come maggiormente proficuo un atteggiamento strettamente difensivo orientato a logorare un avversario costretto comunque ad attaccare onde strappargli la vitale pace di compromesso. Quando lo sfondamento, poi, non si verificò, egli si intestardì nel ricercarlo sebbene il contesto tattico avesse perso fluidità, pianificando ed autorizzanto una serie di ulteriori operazione offensive che portarono a guadagni territoriali insignificanti (Amiens, di fatto, fu ben lungi dal cadere in mano germanica). Come nel primo dopoguerra affermerà un testimone d'eccezione, il futuro Generalfeldmarschall Ritter von Leeb, l'azione delle forze germaniche fu grandemente ostacolata dalla mancanza di precise direttive strategiche verso cui orientare gli sforzi tattici.

Questi logorarono in definitiva la macchina bellica tedesca contro una difesa oramai irrigiditasi, col risultato che allo scattare dell'offensiva alleata in autunno l'esercito germanico era moralmente e materialmente impreparato a sostenere nuovi, pesanti combattimenti. E benché la responsabilità di una simile situazione dovesse essere ascritta a Ludendorff, cervello pensante del duo dietro la facciata di comodo offerta da Hindenburg, egli, ben lungi dall'essere dotato di un commendevole spirito autocritico o soltanto di sufficiente onestà, si limitò a scaricare ogni responsabilità su di un fantomatico tradimento da parte del fronte interno; non prima di aver supplicato il Kaiser di sbrigarsi a firmare un'armistizio prima che fosse "troppo tardi", laddove soltanto pochi mesi prima lo aveva assicurato circa la certezza della vittoria finale, sconsigliandogli qualsiasi accomodamento di compromesso. --Ungern 10:44, 15 giu 2007 (CEST)[rispondi]