Discussione:Ausbausprache - Abstandsprache - Dachsprache

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Italiano come Dachsprache[modifica wikitesto]

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Nonostante venga specificato che una Dachsprache funga da lingua tetto per altri dialetti subordinati ad esso, non per forza mutualmente intelligibili con la DSpr stessa, ma ad ogni modo parte dello stesso continuum dialettale della lingua che li subordina, vengono citati i "dialetti italiani" in modo generico e, dunque, poco accurato, essendo, ad esempio, le parlate settentrionali appartenenti per la maggior parte al gruppo gallo-italico, dunque linguisticamente più affini e CONTINUE con la lingua d'òc ed i vari dialetti (o lingue) d'oïl, nonostante storicamente abbiano e stiano vivendo un periodo di declino e subordinazione al "dialetto romanzo primario" di matrice toscana fiorentina; discorso simile per gli idiomi romanzi dell'Italia meridionale, sebbene l'appartenenza o meno di questi ad una stessa (Dach)Sprache (il termine Dachsprache non credo sia il più adatto in questo specifico caso, ma è quello che meglio riflette il concetto che voglio esprimere) che sia linguisticamente continua ai dialetti del centro Italia sia opinabile. La riflessione scaturisce dall'esempio della lingua romancia standard, nell'ultimo paragrafo della voce, e dalla lettura di una pubblicazione a proposito di uno dei maggiori utilizzatori della cosiddetta tecnica Ausbau, nonché eminente linguista: Žarko Muljačić, e delle nozioni coseriane: in seguito alla distinzione tra i vari dialetti romanzi primari, secondari e terziari, fa riferimento ai concetti di koinè e di lingua polinomica, spiegandone il significato e l'accezione che loro danno a questi termini, asserendo che la lingua italiana sia polinomica, essendo "costituita" da dialetti e, talvolta, lingue considerate tali, parlate da genti la cui lingua madre non è considerata prima lingua, per cause politiche accompagnate alla diglossia lingua locale-italiano, che spingono queste persone a scegliere la parlata più in considerazione sul piano sociale a livello interregionale:

"[...] Muljačić include nello spazio della lingua polinomica italiana non soltanto le varietà regionali d’italiano ma anche quelli da lui chiamati dialetti omoetnici (i.e. napoletano, siciliano, veneto, milanese, genovese, piemontese); sono invece esclusi dal quadro della lingua polinomica italiana i dialetti eteroetnici italo-romanzi, o lingue periitaliane (che per Muljačić sono il sardo, il friulano e il ladino dolomitico). Tale diversità di trattamento è spiegata da Muljačić (1991, p. 339) con il fatto che «la majorité des Siciliens, Vénitiens etc., bien que fiers de leur langue, de leur littérature “régionale” et de leur passé glorieux […] considèrent l’italien comme leur langue maternelle et, à part quelques exceptions, désirent vivre ensemble et produire ensemble, avec leurs frères d’Italie, dans le futur, de nouveaux biens de civilisation», mentre «[u] ne volonté analogue est […] beaucoup moins présente dans la population parlant les trois langues périitaliennes»"

(pag. 20 PDF, o pag. 156, considerando la numerazione stampata, della pubblicazione precedentemente linkata).

Dunque, il sunto è, perché indicare i dialetti romanzi italiani, di diversa matrice a seconda della longitudine dell'areale di distribuzione dei loro locutori (gallo-italiche e reto-romanze a nord e italo-romanze al centro e al sud, con comunque un'ulteriore notevole distinzione tra dialetti mediani, meridionali e siciliani) come dialetti romanzi secondari alla presunta Dachsprache italiana? I continuum linguistici fra i vari gruppi sono presenti solo in zone circoscritte, la cui geografia ha favorito il mescolamento di elementi morfosintattici piuttosto che lessicali di gruppi diversi in singole parlate, come ad esempio i dialetti gallo-piceni (elementi galloromanzi incontrano quelli italiani mediani), o le parlate dell'alta (inteso come di elevata altitudine, dunque, per forza di cose, distanti dai loro capoluoghi nella Bassa) fascia appenninica, ove molti dialetti, data la remotezza e la scarsità di infrastrutture che collegassero queste zone alle grandi città galloitalofone di pianura, hanno sviluppato parlate estremamente conservative con influssi perlopiù toscani, con esiti simili all'appunto conservativo veneto (vedi Fiumalbo, Pàvana e dialetti bolognesi montani alti)? I punti di congiunzione tra un sistema linguistico e un altro sono presenti solamente tra dialetti di confine e contigui tra loro. Ciò non implica che, ad esempio, l'intero continuum linguistico romagnolo, emiliano-romagnolo od anche gallo-italico nella sua interezza, a causa dell'esistenza di ristrette zone di transizione, debba sottostare ad una Dachsprache italiana per motivi puramente sociopolitici, né che questa Dachsprache esista realmente, mi verrebbe da dire.

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