Chiesa di Santa Chiara (Messina)

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Chiesa di Santa Chiara
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
LocalitàMessina
Religionecattolica di rito romano
TitolareSanta Chiara
Arcidiocesi Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela
Stile architettonicoNormanno - sveva
Inizio costruzione1253, anteriore
Demolizione1908, post terremoto

La chiesa di Santa Chiara e l'aggregato monastero dell'Ordine francescano sotto il titolo di «Santa Maria degli Angioli» costituivano un unico complesso religioso e polo monumentale della città di Messina.[1][2][3]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini - XIII secolo[modifica | modifica wikitesto]

La chiesa e monastero dell'Ordine francescano sotto il titolo di «Santa Maria degli Angioli», sebbenero sorti durante il regno di Federico II di Sicilia imperatore,[4] il primo atto documentale attestante la loro esistenza risale al 1253.[2]

Con la canonizzazione di Santa Chiara nel 1255, pontefice Papa Alessandro IV,[4] regnante Corrado I di Sicilia, il tempio fu dedicato alla fondatrice del secondo Ordine francescano, il monastero fu riconosciuto canonicamente attraverso la bolla pontificia di Papa Clemente V.

Epoca dal XIV al XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Istituzione esente dall'ordinaria giurisdizione su richiesta di Re Federico III di Sicilia nel 1311.[2]

Nella seconda metà del Trecento, la fazione latina capeggiata da Manfredi Chiaramonte nella capitale Palermo, osteggiando con qualsivoglia comportamento aveva "confinato" nelle capitali minori del Regno, Messina e Catania, gli esponenti della Famiglia reale siciliana sostenuti dalla fazione catalana. Pertanto la città di Messina rivestì un importante ruolo istituzionale essendo la sede, pur di comodo e "temporanea", delle massime gerarchie politiche.

Eletta a Cappella Reale, la chiesa fu destinataria di concessioni e privilegi, le attestazioni relative andarono perdute durante un incendio che distrusse l'archivio, come riferisce Placido Samperi.[5] Il tempio era collegato tramite via coperta all'adiacente Palazzo Reale.[4]

Epoca contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

Il luogo di culto gravemente danneggiato durante il terremoto di Messina del 1908 e successivamente sottoposto a demolizione. Itinerario e opere pittoriche documentate nella Guida per la Sicilia di Giovanna Power.[1][6]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Struttura opera dell'architetto Giovanni Carrara.[5]

Cripta[modifica | modifica wikitesto]

Ambiente preposto alle sepolture dei reali, con particolare riguardo alle religiose, componenti femminili delle varie famiglie reali obbligate al pronunciamento dei voti o trascorrere deliberatamente in clausura la vedovanza.[5]

Monastero[modifica | modifica wikitesto]

Presso questo monastero vestirono l'abito monacale dell'Ordine:

Durante l'assedio alla Real Cittadella le religiose si rifugiarono presso il monastero di Santa Maria di Basicò.[5]

Oratorio di Santa Lucia[modifica | modifica wikitesto]

[5]

Monastero di Sant'Elia[modifica | modifica wikitesto]

Luoghi di culto limitrofi[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di Sant'Omobono dei Sartori[modifica | modifica wikitesto]

Chiesa di San Demetrio o di Sant'Omobono dei Sartori.[1][4][7] Il luogo di culto della Congregazione di Sant'Omobono dei Sartori fu gravemente danneggiato durante il terremoto di Messina del 1908 e successivamente sottoposto a demolizione. Itinerario e opere pittoriche documentate nella Guida per la Sicilia di Giovanna Power.[1][6]

Chiesa di Sant'Elena e Costantino[modifica | modifica wikitesto]

Le maestranze degli Orefici e Argentieri già insediate nella chiesa di San Pietro e Paolo dei Pisani e successivamente nella chiesa di Santa Maria la Carità ottennero il tempio di Sant'Elena e Costantino nel 1555 ubicato dietro il monastero di Sant'Elia in contrada del Paraporto.[4][8][9]

Il luogo di culto gravemente danneggiato durante il terremoto di Messina del 1908 e successivamente sottoposto a demolizione. Itinerario e opere pittoriche documentate nella Guida per la Sicilia di Giovanna Power.[1][6] Oggi la chiesa e parrocchia di Sant'Elena sorge nel rione Regina Elena.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l Giovanna Power, pag. 6.
  2. ^ a b c Caio Domenico Gallo, pag. 114.
  3. ^ Giuseppe La Farina, pag. 29.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n Giuseppe La Farina, pag. 30.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p Caio Domenico Gallo, pag. 115.
  6. ^ a b c Non tutte le opere sono riportate nei testi consultati indicati. Il susseguirsi degli eventi sismici e di altre cause esterne ha comportato verosimilmente l'arricchimento o il depauperamento dei capolavori custoditi, trasferimenti in genere determinati dalla chiusura o demolizione di siti monumentali adiacenti o dalla vetustà delle opere medesime o cedute o confiscate o rubate.
  7. ^ a b c d e f Caio Domenico Gallo, pag. 54.
  8. ^ a b c Giovanna Power, pag. 7.
  9. ^ a b c d e Caio Domenico Gallo, pag. 123.
  10. ^ a b Giuseppe La Farina, pag. 31.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]