Cerambyx scopolii

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Piccolo capricornio
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
RamoBilateria
PhylumArthropoda
SubphylumTracheata
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteEndopterygota
SuperordineOligoneoptera
SezioneColeopteroidea
OrdineColeoptera
SottordinePolyphaga
InfraordineCucujiformia
SuperfamigliaCerambycoidea
FamigliaCerambycidae
SottofamigliaCerambycinae
TribùCerambycini
GenereCerambyx
SpecieC. scopolii
Nomenclatura binomiale
Cerambyx scopolii
Füssli, 1775
Sinonimi

Cerambyx cerdo[1]

Il piccolo capricornio[2] o cerambice dello Scopoli[3] (Cerambyx scopolii Füssli, 1775), è un insetto dell'ordine dei Coleotteri e della famiglia Cerambycidae.

Descrizione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Un esemplare su un filo d'erba

È diffuso in tutta Europa, compresa la totalità dell'Italia[3][4]. Si può trovare soprattutto in luglio, in particolare nei pressi di biancospini o, nelle zone di montagna, di ombrellifere[3].

È simile per aspetto al cerambice delle querce (Cerambyx cerdo); è però di dimensioni più piccole, variando fra gli 1,8 e i 3 centimetri di lunghezza[3] (è la specie più piccola della famiglia Cerambycidae[4]), di colore uniforme nero lucente e dotato di una corta peluria biancastra[3]. Le antenne sono ricoperte da peli setacei di colore bianco-grigio (così come le zampe) e, nel maschio, sono di poco più lunghe del corpo[3]. Il corsaletto è percorso da sei a otto grinze trasversali[3].

Le larve si rintanano nel legno di latifoglie quali carpino, acero, faggio, castagno, olmo, quercia, ciliegio e altre piante da frutto, ma scavano poco in profondità, rimanendo nell'alburno e causando poco danno[3]. Nel complesso, l'animale ha una vita media di due anni[3].

Denominazione[modifica | modifica wikitesto]

Si noti che, per un certo periodo di tempo, vari autori hanno designato questa specie con il nome di un'altra specie, Cerambyx cerdo (la quale a sua volta veniva chiamata con il nome di un'altra ancora, Cerambyx heros)[4].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Derwent, p. 245.
  2. ^ Merino-Rodríguez, p. 40.
  3. ^ a b c d e f g h i Cecconi, p. 257.
  4. ^ a b c van Helsdingen et al., p. 22.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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