Bianca Pittoni

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Bianca Pittoni (Trieste, 20 marzo 1904[1]Parigi, 12 settembre 1993[2]) è stata una politica italiana, attivista antifascista.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Bianca Pittoni era figlia di Valentino Pittoni e di Caterina Zebochin.[1] Dopo la fine della prima guerra mondiale con il conseguente ritorno di Trieste all'Italia, suo padre, che già era deputato socialista al parlamento austriaco,[1] venne eletto nelle file del partito socialista italiano e Bianca, che allora aveva quindici anni, ebbe modo di conoscere Filippo Turati e altri esponenti del partito socialista.[2]
Successivamente, a seguito del trasferimento del padre a Milano, Bianca conobbe Anna Kuliscioff, la compagna di Filippo Turati, e ne frequentò il salotto.[2]
Il 6 agosto 1925 mentre si trovava al mare con la sorellina Nella, un idrovolante precipitò su di loro uccidendo la piccola Nella e ferendo Bianca.[N 1] Dopo la morte di Anna Kuliscioff, avvenuta il 27 dicembre 1925, fu molto vicina a Turati e, dopo che questi si fu rifugiato a Parigi, Bianca decise di condividere la sorte degli antifascisti esuli in Francia e nel 1927 lo raggiunse per essergli vicina come segretaria, collaboratrice e amica.[2][1] [3][N 2] Un sodalizio filiale, come lo chiamò lei stessa,[4]che durò fino alla morte di Turati nel 1932.[2]
In questo periodo parigino Bianca Pittoni strinse amicizia con molti esuli antifascisti come Carlo Rosselli, Pietro Nenni, Claudio Treves, Sandro Pertini, Emanuele e Vera Modigliani, nonché il giornalista Alberto Giannini, direttore della rivista satirica antifascista «Il becco giallo», col quale ebbe una relazione sentimentale dalla quale nacque un figlio, Alberto.[1]Questa relazione fu interrotta tuttavia da Bianca quando il Giannini pubblicò il suo libro «Le memorie di un fesso» nel quale venivano ridicolizzati Filippo Turati e gli altri esuli antifascisti e quando divenne palese la sua collaborazione con la polizia fascista. Bianca inoltre gli impedì di rivedere il figlio.[1][5]
Nel 1936, nel corso della guerra civile spagnola, partì come volontaria delle Brigate internazionali, unendosi alla squadra di André Malraux.[2]Ritornò poi in Francia e, nel 1940, ricercata ormai dalla Gestapo e dalla polizia fascista italiana tramite l'Ovra riuscì a rifugiarsi sull’isola di Oléron, nell’atlantico, dove partecipò attivamente alla Resistenza francese.[2]
Alla fine della guerra fu richiamata a Parigi da Giuseppe Saragat, allora ambasciatore. Fu assunta dall'Ambasciata d'Italia a Parigi dove si occupò per oltre sedici anni di problemi sociali inerenti all’emigrazione.[2] Dopo una permanenza di cinque anni al ministero degli affari esteri, infine, dal 1967 al 1969 svolse la funzione di cancelliere principale e addetta al cerimoniale.[N 3][1]
Morì a Parigi il 12 settembre 1993.[2]

Scritti[modifica | modifica wikitesto]

Archivio[modifica | modifica wikitesto]

Il Fondo Pittoni Bianca, conservato presso «Fondazione di Studi Storici Filippo Turati», a Firenze, contiene documentazione dal 1907 al 1987.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ « [...] rimasi a mia volta, ferita, scossa, disperata, con negli occhi la visione terribile dell'idrovolante che precipitava contro di noi...»Turati 1968, p. 21.
  2. ^ « [...] in quel periodo [Turati] le si attaccò come a un’ancora di salvezza. La trattava come una nipotina. Terminava le sue lettere [a Bianca] con fantasiosi pseudonimi: nonno; bisnonno e arcavolo; il bisavolissimo; il nonno seccato; il nonno filosofante...». Monteleone 1987, p. 446.
  3. ^ Definirà questa sua occupazione «l’attività più beffarda della mia vita».

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g Giovanni Contini Bonacossi, Pittoni Bianca, su Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, vol. 84, 1º gennaio 2015.
  2. ^ a b c d e f g h i Giuseppe Muzzi, Pittoni Bianca, su SIUSA - Archivi Beni Culturali, 10 gennaio 2010. URL consultato il 14 marzo 2022.
  3. ^ Renato Monteleone, Turati, Torino, Utet, 1987, p. 446.
  4. ^ Filippo Turati, Lettere dall'esilio, collana Documenti per la Storia, prefazione di Luigi Preti, Milano, Pan Editrice, 1968, p. 17.
  5. ^ Sara Galli, Impegno politico e amicizie femminili tra emigrazione antifascista e secondo dopoguerra. L’itinerario di Bianca Pittoni, in Storia in Lombardia, XXIX, n. 3, Milano, Franco Angeli, 2009, pp. 57-77.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Filippo Turati, Lettere dall'esilio,, collana Documenti per la Storia, prefazione di Luigi Preti, con una memoria di Bianca Pittoni, Milano, Pan Editrice, 1968.
  • Renato Monteleone, Turati, Torino, Utet, 1987, ISBN 8802041415.
  • Alberto Giannini, Le memorie di un fesso. Parla Gennarino fuoriuscito con l’amaro in bocca - L’anteguerra, la guerra, l’esilio, Parigi, Levallois, Perret, 1934.
  • Sara Galli, Impegno politico e amicizie femminili tra emigrazione antifascista e secondo dopoguerra. L’itinerario di Bianca Pittoni, in Storia in Lombardia, XXIX, n. 3, Milano, Franco Angeli, 2009, pp. 57-77.
  • Giuseppe Muzzi, Pittoni Bianca, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 13 marzo 2022.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN304926197 · ISNI (EN0000 0004 1645 4656 · LCCN (ENnb2017014402 · GND (DE1042688842 · BNF (FRcb16697504b (data)