Ašvieniai

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Gli Ašvieniai, comunemente chiamati piccoli cavalli, su un tetto di un'abitazione presso Nida

Gli Ašvieniai sono gemelli divini nella mitologia lituana, identici a quelli della cultura lettone chiamati Dieva dēli e alle versioni baltiche del vedico Ashvin.[1] Entrambi i nomi derivano dalla stessa radice protoindoeuropea con cui si indicava il cavallo, - * ek'w-: infatti, così come nell'antico lituano l'equino veniva contrassegnato con ašva, anche nel sanscrito il termine per designarlo era ashva.[2] Alla luce delle somiglianze con la figura dei Dioscuri greci Castore e Polluce, i due gemelli baltici divini appartengono al medesimo filone di miti indoeuropei.[3]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Gli Ašvieniai sono rappresentati mentre trainano la carrozza di Saulė (il Sole) attraverso il cielo.[1] Raffigurati come odonati (žirgeliai) o piccoli cavalli, i gemelli sono motivi comuni sui tetti delle case lituane,[1] posti a protezione della casa.[4] Motivi simili possono essere rintracciati anche sulle arnie, sulle imbracature, sui sostegni del letto o altri oggetti domestici.[5] Gli Ašvieniai sono legati da una parentela con l'Ūsinis e l'Ūsiņš lettone (cfr. Ushas vedico), ovvero le divinità protettrici degli equini.[6] Usins, uno degli Ašvieniai, viene descritto mentre guida il carro solare trainato nel cielo da una coppia di cavalli bianchi.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d (EN) Sumerian and Indo-European: a surprising connection, su new-indology.blogspot.com, 2 maggio 2015. URL consultato il 14 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2020).
  2. ^ (EN) Etimologia indo-europea, su rinet.ru. URL consultato il 14 agosto 2020.
  3. ^ (EN) Asko Parpola, The Roots of Hinduism: The Early Aryans and the Indus Civilization, Oxford University Press, 2015, p. 109, ISBN 978-01-90-22692-3.
  4. ^ (LT) Pranė Dundulienė, Lietuvių etnologija, 2ª ed., Mokslas, 1991, p. 50, ISBN 5-420-00713-4.
  5. ^ Un cavallo nella tradizione, su straipsniai.lt. URL consultato il 14 agosto 2020.
  6. ^ (EN) David Leeming, From Olympus to Camelot: The World of European Mythology, OUP USA, 2003, p. 126, ISBN 978-01-95-14361-4.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]