Utente:PrincipeRoby/Cappella

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La cappella Parva

La cappella Parva è un luogo di culto addossato al fianco nord dell'abside della chiesa di Santa Maria del Carmine a Brescia. Costruita nel 1490 da Bernardino da Martinengo in funzione di cappella cimiteriale per il monastero annesso alla chiesa, fu completamente affrescata all'inizio del secolo successivo con un ciclo unitario di affreschi, esteso a tutte le superfici e alle pareti esterne della cappella. Dopo circa duecento anni di interpretazioni critiche, che hanno avanzato diverse attribuzioni e proposto la collaborazione di due o più artisti, gli affreschi della cappella Parva sono stati interamente riferiti a Floriano Ferramola e datati al 1513-1514, in coerenza con una serie di raffronti stilistici e cronologici ben definiti, soprattutto tra essi e gli affreschi della chiesa di Santa Maria in Solario.

Tra le maggiori e meglio riuscite opere del Ferramola, il ciclo pittorico della cappella Parva è un'importante testimonianza del suo stile, raffinato quanto narrativo e immediato, elaborato nella profonda influenza di Vincenzo Foppa e Bernardo Zenale e con libera ispirazione, spesso reciproca, agli altri pittori della scuola locale, soprattutto Vincenzo Civerchio. All'apice del linguaggio ferramoliano anche i molti dettagli naturalistici e di spontaneità sparsi tra gli affreschi, certo molto apprezzati dalla folta committenza del pittore, che con la successiva opera del Moretto diventeranno una delle principali caratteristiche della scuola rinascimentale bresciana.

Dedica e significato del nome[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il contesto monasteriale[modifica | modifica wikitesto]

Nel XV secolo la chiesa di Santa Maria del Carmine a Brescia viene interessata da profonde opere edili[1], avviate il 4 maggio 1429 con la posa della prima pietra di quello che diverrà il tempio odierno[2]. In questo primo cantiere, probabilmente entrato a regime solo nel 1432, il progetto della nuova chiesa prevede ancora un'abside piatta, effettivamente realizzata negli stessi anni[1]. Nel 1459 la gestione del monastero passa a un gruppo di Carmelitani di Mantova[3], che tuttavia non interrompono i lavori, in quegli anni giunti ormai alla nuova facciata[4]. Anche il nuovo colonnato era già stato edificato, nel 1453, mentre nel 1454-1456 era stata innalzata la cappella Averoldi[5]. I nuovi frati danno al cantiere l'impulso finale, completando l'edificazione delle ultime due campate sud e della facciata della nuova chiesa nel 1462[5]. Negli anni successivi sono portati a termine altri interventi di peso minore o di carattere decorativo: risalgono a questo periodo la Pala dei Disciplini[6] e l'esecuzione, per mano di Vincenzo Foppa, degli Evangelisti sulla volta della cappella Averoldi[7]. Alla fine degli anni 1470, con l'innalzamento del campanile e la pavimentazione dell'aula, le opere edili della nuova chiesa possono dirsi completamente concluse[8].

Il 4 ottobre 1480, tuttavia, Carlo Averoldi lascia per testamento capitale e rendite necessarie all'allungamento del coro[9], certo pensando ad esso come un nuovo e maestoso luogo devozionale per sé e per i propri discendenti[10]. L'Averoldi muore pochi giorni dopo la redazione del testamento e i lavori di ampliamento hanno probabilmente inizio entro il 1485[10]. Nel nuovo cantiere, la precedente abside piatta viene sfondata e ridisegnata secondo un profilo esagonale, con un doppio ordine di monofore[11]. Per il progetto e la direzione dei lavori, l'allora rettore del Capitolo fra Cristoforo Martignoni chiama Bernardino da Martinengo[12], che realizza qui la sua prima opera bresciana nota dopo la costruzione della basilica di Santa Maria degli Angeli a Gardone Val Trompia[13]. Nel quinquennio 1485-1490 viene quindi completamente risolta la sistemazione di questa parte del monastero, ossia la nuova abside e i locali a nord-ovest, in angolo al chiostro maggiore del monastero: hanno termine i lavori di consolidamento della cappella De Rosis, sopra la quale era stata elevata la torre campanaria, e viene costruito il portico della odierna Corte dei carri, lungo il quale viene aperta la piccola cappella cimiteriale[N 1].

La costruzione della cappella[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1645 il rettore Giovanni Battista Guarguanti, nella sua Collectanea rerum memorabilium in Carmelitana Congregatione, una raccolta di documenti e informazioni sulla storia del monastero bresciano, specifica che:

(LA)

«Cappella parva prope ostium chori anno 1490 constructa fuit et depicta.»

(IT)

«La cappella piccola vicino alla porta del coro fu costruita e dipinta nell'anno 1490.»

Alcune pagine prima, l'autore specifica inoltre che la "parva Cappella" "pro fratribus sepulchrum sunt constructa", ossia che fu costruita per la sepoltura dei frati[14]. Risale dunque al 1490 l'edificazione della cappella con funzione cimiteriale per i religiosi, al suo interno e nei pressi[15], tanto che la tumulazione dei primi sepolcri è registrata a partire dal medesimo anno[16]. L'autore dell'opera muraria è ancora, molto probabilmente, Bernardino da Martinengo, che in quegli stessi anni è impegnato sui muri di fatto perimetrali alla cappella, sui quali sarà impegnato fino a oltre il 1499 per la costruzione della cella campanaria in cima al campanile[16]. Il vano della cappella viene sapientemente inserito nella nuova costruzione, sfruttando il sottoscala della scala posteriore per aprirvi l'absidiola archiacuta, mentre alla sala antistante viene dedicata l'intera altezza del piano[17]. L'assenza di stemmi o dediche, dipinte o scolpite, all'interno della cappella lascia intendere che essa non abbia mai avuto committenti al di fuori degli stessi frati, né per l'edificazione, né per la decorazione, e ciò è coerente con la destinazione d'uso dell'ambiente, estraneo a sepolture private e prettamente relativo all'ambito monasteriale, probabilmente neppure accessibile ai fedeli[16].

Secondo il Guarguanti, sempre nel 1490 le pareti della cappella vengono decorate dal ciclo affrescato, tuttavia considerazioni stilistiche e cronologiche, esposte più avanti, portano a escludere questa ipotesi. Non è inverosimile, comunque, che il dato riportato dal Guarguanti si riferisca a un precedente manto pittorico, in seguito cancellato dall'intervento ancora oggi visibile: di questa eventuale, precedente decorazione, tuttavia, non è mai stata trovata traccia[18]. All'inizio del XVI secolo, pertanto, la cappella ha già assunto il suo aspetto definitivo, che conserverà immutato nei secoli a venire. Tra il XVI e il XVIII secolo, nessuna fonte edita o manoscritta cita questa cappella e le sue pitture, nemmeno le guide storiche di Brescia pubblicate dal XVII secolo in poi, molto probabilmente a causa dell'inaccessibilità dell'ambiente[19].

Dall'abbandono al recupero[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1797, il Governo Provvisorio della Repubblica bresciana espropria il convento dei frati carmelitani, che viene indemaniato e convertito in caserma per le truppe francesi di occupazione[20]. Con l'ingresso degli austriaci nel 1814, dopo l'istituzione del Regno Lombardo-Veneto, la situazione non migliora e il complesso di edifici viene diviso tra ospedale carcerario e caserma della Guardia di Finanza[20]. Al 22 aprile 1841 è datata una dettagliata pianta del piano terra e del primo piano dell'ex-convento, redatta dal tecnico Francesco de Dominici, in cui sono ordinatamente segnalate le varie funzioni dei singoli locali[21]. La cappella cimiteriale è segnata come abitazione del sagrestano della chiesa, nel frattempo rimasta attiva e aperta al culto[22]. Anche da documenti successivi, qui presentati a breve, perviene la notizia della chiusura al culto della cappella, che subisce tra l'altro una triste sorte: l'arcata d'ingresso viene tamponata con un muro e l'interno trasformato in cantina dell'abitazione[23].

La prima citazione moderna dell'ambiente affrescato è di Pietro da Ponte, il quale nel 1878, in occasione della Esposizione della pittura bresciana organizzata dall'Ateneo di Brescia, rende noto che "affreschi notevoli di ignoto autore sono nella cappelletta a fianco del presbiterio dietro la chiesa"[24]. Anche Federico Odorici, nella seconda edizione della sua guida di Brescia pubblicata nel 1882, annota che "a fianco dell'abside dietro la chiesa è una celletta tutta dipinta a buon fresco da ignoto ma probabilmente bresciano pittore; è deplorevole che questa cappella siasi chiusa adoperandola come locale di servizio con grave danno dei lodati dipinti"[25].

Si deve alla direzione di Luca Beltrami dell'Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti in Lombardia, però, il primo reale interesse a recuperare e valorizzare la cappella e i suoi affreschi[23]. Il celebre architetto, nella Prima relazione annuale dell'Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti in Lombardia del 1893 scrive che "l'Ufficio Regionale studiò e propose le opere necessarie a dare maggiore luce e ventilazione ad una cappella adiacente all'abside della chiesa del Carmine di Brescia, recante pregevoli dipinti del secolo XV, procurando altresì di rendere questa meglio accessibile agli studiosi"[26]. L'anno successivo l'ufficio si attiva per la raccolta dei finanziamenti necessari al restauro: nell'operazione viene coinvolto anche il Comune di Brescia e il Ministero di Grazia e Giustizia, proprietario delle carceri ancora insediate in gran parte dell'ex-convento[27]. Recuperati i fondi, nello stesso 1895 hanno inizio i lavori di recupero, descritti sempre dal Beltrami nella Seconda relazione annuale:

«Ottenuti i contributi per parte del Comune e del Ministero di Grazia e Giustizia, l'Ufficio Regionale procedette al ripristino della interessante cappelletta, la quale privata di aria e di luce, era stata tramutata in cantina annessa all'abitazione del Parroco. Il progetto primitivo si limitava ad aprire maggiormente la parete di testa della cappelletta; nel corso dei lavori si trovò opportuno di aprire interamente l'arcata di testa che era stata murata, sia per dare maggiore luce, sia per mettere meglio in evidenza le decorazioni pittoresche, tanto sulle pareti interne, che sull'arcata di accesso alla cappella. Tale modificazione rese necessari maggiori lavori di adattamento, per rendere affatto indipendente il locale della cappella da quelli adibiti ad abitazione. Le pitture delle pareti laterali e delle volte a crociera vennero diligentemente ripulite dalla polvere: la composizione principale, dipinta sulla parete di fondo, venne staccata dal muro per sottrarla al continuo danno dell'umidità, riportata su tela, e rimessa nuovamente a posto, per modo di non alterare l'effetto d'assieme della decorazione pittorica.»

Dalla relazione di Luca Beltrami si apprende molto sullo stato di degrado raggiunto dalla cappella, in particolare l'intervento di tamponamento dell'arcata d'accesso e la nuova, snaturante destinazione d'uso che l'ambiente aveva assunto. Nei decenni successivi all'intervento di restauro, che aveva ridato dignità e leggibilità al monumento, la situazione torna tuttavia a peggiorare: l'isolamento della cappella dal pubblico accesso, dovuto anche all'attigua presenza delle carceri, assieme al progressivo degrado dell'intero complesso di edifici e del quartiere circostante, ne favoriscono un nuovo abbandono[23]. Gran parte del complesso, tuttavia, viene acquistato direttamente dal Comune nel 1874 dopo essere stato messo all'asta dallo Stato e, in alcuni locali al piano terra, vengono aperte le Scuole Tecniche Comunali, in sostituzione alle precedenti Scuole Tecniche Regie[28]. All'inizio del XX secolo, infatti, è proprio l'assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Brescia a segnalare all'economo municipale le cattive condizioni della cappella[29], proponendo un intervento adeguato:

«Dietro la Chiesa del Carmine esiste una cappelletta, la quale è in consegna al Comune. Mi si riferisce che i vetri di detta cappelletta in parte sono rotti, ed in parte sono così sporchi da essere diventati opachi. L'ufficio competente provveda o riferisca secondo il caso.»

La risposta dell'economo arriva qualche giorno dopo, rifiutando la proposta in quanto "la cappelletta è di proprietà del Demanio e non è mai stata in consegna al Comune"[30]. Questo rimando di competenze tra un ente e l'altro può essere ben contestualizzato nelle svariate vicende burocratiche che hanno interessato alcuni edifici dell'ex-convento almeno fino alla prima metà del XX secolo, in particolare la chiesa stessa, che nel frattempo era stata direttamente occupata dai militari[N 2]. Tuttavia, la direzione della Scuola Tecnica, in seguito convertita in istituto secondario di primo grado dedicato a Giacinto Mompiani, con il passare del tempo prende a cuore le sorti del complesso, soprattutto dopo la dismissione delle carceri, avvenuta nel 1914-1915 con la costruzione del carcere di Canton Mombello[29]. Alla fine degli anni 1940, infatti, è proprio la direttrice della scuola Mompiani, Giulia Magnoli, ad interessarsi del nuovo restauro della cappella: i lavori terminano trionfalmente con la riconsacrazione al culto dell'ambiente nel 1952, durante una cerimonia dedicata presieduta dal vescovo Giacinto Tredici[31]. L'invito alla cerimonia, avvenuta il 4 febbraio 1952, contiene una nota che delinea bene le avvenute dinamiche:

«La cappella riconsacrata oggi al culto fu, secondo le memorie manoscritte di Flaviano Capretti, gentilmente comunicate dall'Egregio Monsignor Guerrini, eretta dietro il coro dell'insigne Tempio del Carmine, dai religiosi dell'Ordine del Carmelo. [...] Riscoperta verso la fine del secolo scorso, mentre era adibita a legnaia, la cappella venne sgombrata, ripulita e - ahimè - ritoccata negli affreschi. Se non che, cessato l'interesse del momento, la cappella, ridimenticata, ritornò ad essere legnaia, carbonaia e magazzino, fino a quando all'attuale Direttrice della Scuola Mompiani sorse l'idea di farne il cuore vivo del suo Istituto. Ottenuta l'autorizzazione della Sovrintendenza ai Monumenti, procedette ai più urgenti lavori: ripulitura e sigillatura degli affreschi, acquisto e collocazione della Mensa dell'altare, apertura di una entrata verso il cortile della Scuola, rimessa a nuovo della porta a vetri verso il cortile, riparazione del pavimento in parte ceduto, definitiva sistemazione del pronaetto, illuminazione. Lavori tutti di cui si assunse l'onere per onorare la memoria dei genitori e di una cara collega.»

Per la pulitura degli affreschi, eseguita nel dicembre 1951, viene interpellato il restauratore Mario Pescatori, attivo anche nella stessa chiesa del Carmine pochi anni dopo[32]. Un ulteriore intervento di restauro si registra nel 1975 da parte dello studio Scalvini-Casella, che interviene sulla Resurrezione e sui due affreschi laterali[32]. La cappella è ancora oggi aperta al pubblico, con accesso dalla Corte dei carri sul retro della chiesa, e saltuariamente vi si tengono messe o altre celebrazioni.

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

La cappella si apre direttamente sulla parete di fondo del portico della Corte dei carri, senza alcun ambiente intermedio se non il portico stesso che fa da pronao. Tra due successive lesene che ribattono sulla parete le colonne del portico, coperto da volte a crociera, è ritagliato l'arcone d'ingresso, contornato da una fascia di spessore uniforme, sulla quale si trovano i primi due affreschi con i Santi carmelitani. Il vero e proprio vano della cappella è ricavato all'interno dell'edificio e l'organizzazione del contesto circostante, oltre alle medesime tecniche murarie di cui si è già parlato, impongono che il tutto sia stato realizzato nell'ambito di un unico cantiere, con un progetto a monte[17]. La cappella occupa esattamente l'altezza del piano terra e al piano superiore si trova un'altra sala, ex dimora del parroco, affacciata sulla loggetta del primo piano. Il collegamento tra i due piani avviene mediante una scala interna che sale prima dietro la parete sinistra della cappella, dunque dietro l'Apparizione di Cristo alla Madonna, e poi, con una seconda rampa perpendicolare alla prima, dietro la Resurrezione. Nel sottoscala della seconda rampa è ricavato l'abside della cappella, in un interessante quanto inusuale incastrarsi di ambienti e funzioni.

Il vano principale della cappella, di pianta rettangolare, è coperto da una volta a crociera impostata su archi a sesto acuto sui lati lunghi e su archi a tutto sesto sui due lati corti. L'abside, invece, è coperta da un'unica volta archiacuta. I soli elementi architettonici sono i quattro peducci della volta, in pietra, e alcune modanature in terracotta all'imposta dell'arco d'ingresso. Ogni altra superficie si presenta intonacata e affrescata. Il pavimento, invece, è in piastrelle di cotto. Sulla parete sinistra dell'abside, infine, si apre una piccola porta che immette nel sottoscala della prima rampa, utilizzato come locale di servizio.

Affreschi[modifica | modifica wikitesto]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Apparizione di Cristo alla Madonna
Apparizione di Cristo alla Maddalena

Il manto pittorico che riveste l'interno della cappella è articolato essenzialmente sulle tre superfici piane disponibili, ossia le due pareti laterali e la parete di fondo dell'abside, più il muro esterno accanto all'arco d'ingresso. Qui si trovano i primi due affreschi, molto degradati e parzialmente frammentari, raffiguranti due non identificati Santi carmelitani entro una cornice architettonica. Anche l'intradosso dell'arcone è affrescato con nove riquadri a motivi geometrici, ricavati intrecciando motivi vegetali e zoomorfi, ma l'intero fregio è ugualmente molto rovinato e la pellicola pittorica appare consunta. Molto meglio conservati sono i dipinti all'interno: nei due ampi spazi sulle pareti laterali sono affrescati l'Apparizione di Cristo alla Madonna a sinistra e l'Apparizione di Cristo alla Maddalena a destra.

Nella prima scena, Gesù risorto appare a Maria entro un portico dall'architettura nobile, che fa da ingresso a un edificio di cui si vede la porta a destra. Il portico è costituito da volte a crociera poggianti su pilastri quadrangolari dal capitello variopinto e la testata, di cui si scorgono i dettagli in alto a destra, presenta un lungo fregio a grottesche e un tondo inscritto nel pennacchio, in cui si scorge un uomo pregante di fronte a un angelo. A sinistra, invece, si scorge uno specchio d'acqua con un alto monte sullo sfondo. Sulla riva si vede ancora Gesù durante l'apparizione a sant'Andrea e san Pietro[33]. La seconda scena, invece, mostra una scena molto simile al più classico Noli me tangere, tuttavia Cristo non è in atteggiamento scostante, bensì benedice la Maddalena inginocchiata ai suoi piedi[33]. Sono comunque presenti gli altri dettagli dell'iconografia classica, ossia l'ingresso del sepolcro aperto con il sarcofago recanti le lettere R.V.G., scoperchiato, l'ambientazione nel giardino e il dettaglio della vanga in mano a Gesù, simboleggiante la svista della Maddalena che l'aveva scambiato per il custode del giardino. Lo sfondo di questa scena è molto più ampio e profondo di quello dell'affresco opposto e mostra un paesaggio collinare con un villaggio in secondo piano, una sorta di monastero sulla cima del colle più alto e un terzo agglomerato di edifici all'orizzonte. Il paesaggio è completato da alcune figure umane e da due alberi in primo piano. Essi sembrano entrambi seccati, tuttavia quello alle spalle della Maddalena presenta in cima nuove foglie appena sbocciate. Ai piedi dei due protagonisti, invece, si trovano una quaglia e una coppia di conigli.

Sulla parete di fondo del vano principale, sopra l'abside, si trova invece la Resurrezione di Cristo. Il protagonista è rappresentato al centro in posa trionfale, nell'atto di emergere dal sepolcro, raffigurato ai suoi piedi in prospettiva centrale e recante le lettere R.G. Su entrambi i lati si vedono invece quattro soldati di guardia, tre in atteggiamento impaurito e uno ancora dormiente, colto oltretutto di scorcio. Dietro il Cristo si trova una grande roccia che sembra perdersi nell'oscurità, mentre ai due lati, sopra i soldati, si apre un profondo paesaggio montuoso dal cielo terso e albeggiante[33]. La parete di fondo dell'abside, invece, è decorata da una raffinata Sacra conversazione raffigurante la Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Evangelista e Maria Maddalena. La Madonna in trono è posta entro un vano absidato con copertura a conchiglia, inquadrato da lesene e da un fregio a candelabre, il tutto sormontato da un frontone triangolare con tondi decorati inscritti nel timpano e nei due pennacchi. I due santi a lato, invece, sono di fronte a un'architettura che prosegue idealmente quella centrale, con un cornicione sul fondo e due ulteriori lesene alle estremità. Tutti i personaggi sono riccamente vestiti e la Maddalena è in atto di porgere un dono al Gesù Bambino, mentre san Giovanni è intento nella lettura[33].

Sia la volta a crociera del vano principale, sia la volta archiacuta dell'abside, sono dipinte di blu e ornate da stelle dorate, il cui effetto originale, prima del degrado dei secoli che ha portato a un generale scolorimento, doveva essere molto simile alla volta dell'aula superiore della chiesa di Santa Maria in Solario. Al centro della volta a crociera, inoltre, si trova il Cristogramma di san Bernardino da Siena, circondato da ampi raggi[33]. Completano la decorazione figurata della cappella due angeli musicanti, di cui solo uno conservato integralmente, posti nei due spazi triangolari di risulta tra la Resurrezione e il profilo del vano absidale. Lungo le tre pareti della cappella, alla base delle scene istoriate, corre infine una fascia uniforme, decorata a spesse righe verticali multicolori. Solo in corrispondenza dell'abside la fascia è impostata più bassa e si interrompe poco oltre, senza arrivare a terra. La maggior parte di questa decorazione, comunque, è andata perduta e ha riacquistato un minimo di leggibilità solo con il restauro integrativo degli anni 1950[34].

Segue una tabella riassuntiva dei dipinti e della loro rispettiva collocazione all'interno della cappella:

1
Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Maria Maddalena
2
Resurrezione di Gesù
3
Apparizione di Cristo alla madre
4
Apparizione di Gesù alla Maddalena
5
Santo carmelitano
6
Santo carmelitano
a
Decorazione a bande verticali

Attribuzione del ciclo pittorico[modifica | modifica wikitesto]

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Note al testo
  1. ^ Ragioni costruttive, legate al rilievo tipologico murario dei materiali e delle tecniche utilizzate, impongono che i muri del portico della Corte dei carri, il portico stesso, i muri della cappella, la scala sul retro e la sala al piano superiore siano stati realizzati unitariamente nell'ambito dello stesso cantiere. Si veda Volta, pp. 39, 47, 111 n. 52.
  2. ^ Chi fosse realmente l'ente proprietario della chiesa fu, negli anni 1910, un argomento dibattuto, affrontato soprattutto per risolvere il nodo finanziario della sua manutenzione e conservazione in quanto architettura di pregio. Nel 1917-1918 un'investigazione burocratica stabilì che la chiesa era effettivamente proprietà demaniale e figurava come Monumento nazionale di proprietà dello Stato, il quale tuttavia, e più di una volta, presentò al Comune il conto per gli interventi di manutenzione. La situazione era inoltre complicata dalla paradossale sovrapposizione di funzioni dell'edificio, che contemporaneamente era occupato dai soldati ma anche aperto al culto. Si veda Prestini, pp. 251, 267-268.
Fonti
  1. ^ a b Volta, p. 32.
  2. ^ Archivio Storico Civico di Brescia, Atti del cancelliere Malvezzi 1427-1439, n. 1099
  3. ^ Prestini, pp. 127-128.
  4. ^ Volta, pp. 32-34.
  5. ^ a b Volta, p. 34.
  6. ^ Prestini, p. 145.
  7. ^ Prestini, p. 149.
  8. ^ Volta, p. 36.
  9. ^ Archivio di Stato di Brescia, Archivio Averoldi, b. 51, fascicolo 2
  10. ^ a b Prestini, p. 149.
  11. ^ Volta, p. 93.
  12. ^ Volta, p. 38.
  13. ^ Volta, p. 111 n. 46.
  14. ^ Guarguanti, foglio 132 verso.
  15. ^ Volta, p. 111 n. 56.
  16. ^ a b c Volta, p. 45.
  17. ^ a b Volta, p. 111 n. 52.
  18. ^ Corna Pellegrini, pp. 56-57.
  19. ^ Corna Pellegrini, p. 49.
  20. ^ a b Volta, p. 105.
  21. ^ Volta, pp. 105-108.
  22. ^ Volta, p. 106.
  23. ^ a b c Corna Pellegrini, p. 52.
  24. ^ Da Ponte, p. 69.
  25. ^ Odorici, p. 106.
  26. ^ Beltrami 1894, p. 256.
  27. ^ Beltrami 1895, p. 249.
  28. ^ Prestini, p. 256.
  29. ^ a b Prestini, p. 267.
  30. ^ Archivio di Stato di Brescia - Comune di Brescia, rubrica ottava 12/1.
  31. ^ Prestini, pp. 272-273.
  32. ^ a b Prestini, p. 273.
  33. ^ a b c d e Prestini, p. 158.
  34. ^ Corna Pellegrini, pp. 50, 53.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luca Beltrami, Prima relazione annuale dell'Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti in Lombardia, Milano, 1893.
  • Luca Beltrami, Seconda relazione annuale dell'Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti in Lombardia, Milano, 1894.
  • Alessandra Corna Pellegrini, Floriano Ferramola in Santa Maria del Carmine, Brescia, Tipografia Camuna, 2011.
  • Giovanni Battista Guarguanti, Collectanea rerum memorabilium in Carmelitana Congregatione, 1645.
  • Federico Odorici, Guida di Brescia, rapporto alle arti ed ai monumenti antichi e moderni, Brescia, 1882.
  • Rossana Prestini, Una chiesa, un quartiere: storie di devozione e di minuta quotidianità, in AA.VV. (a cura di), La chiesa e il convento di Santa Maria del Carmine in Brescia, Brescia, La Scuola, 1991.
  • Valentino Volta, Le vicende edilizie del complesso di Santa Maria del Carmine, in AA.VV. (a cura di), La chiesa e il convento di Santa Maria del Carmine in Brescia, Brescia, La Scuola, 1991.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]