Arcosolio: differenze tra le versioni

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{{Collage|Orvieto - Chiesa di San Domenico, interno 02.jpg|Mausoleo Camponeschi.jpg|Bernardo rossellino, tomba bruni 01.JPG|Desiderio da settignano, tomba marsuppini 03.JPG|260|destra|Alcuni dei principali arcosoli presenti in [[Italia]].}}
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== Storia ==
== Storia ==

Versione delle 00:29, 2 lug 2018

Alcuni dei principali arcosoli presenti in Italia.

L'arcosolio (dal latino: arcosolium, ovvero “sepolcro arcato”) è una tipologia architettonica utilizzata per i monumenti funebri e, in particolare, nella catacombe[1].

Storia

Arcosolio nel sito medioevale di Externsteine

Tipico delle catacombe romane, l'arcosolio era costituito da un sarcofago o da una tomba chiusa da lastre di marmo o in muratura ed inserita in una nicchia sormontata da un arco a tutto sesto, in genere scavata nel tufo della parete. La sepoltura occupava interamente la parte inferiore della nicchia, e lo spazio che si veniva a creare sotto l'arco, la lunetta, veniva spesso decorato con pitture.

Dal XIII secolo (a partire dal Mausoleo del cardinale De Braye di Arnolfo di Cambio) questa struttura venne ripresa nella tipologia del monumento funebre a parete, sormontato da un arco ogivale, con la statua del defunto disteso sul sepolcro e in casi più rari in posizione orante.

Nel Rinascimento l'arco divenne a tutto sesto e numerosi artisti usarono questa tipologia, come nella tomba di Leonardo Bruni di Bernardo Rossellino o in quella di Carlo Marsuppini di Desiderio da Settignano, entrambe poste nella basilica di Santa Croce a Firenze. Altro monumento di rilievo è il mausoleo di Maria Pereyra Camponeschi nella basilica di San Bernardino all'Aquila.

Note

  1. ^ Vincenzo Golzio, Arcosolio, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 1° luglio 2018.

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 978-88-451-7107-9.
  • Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliano, Storia dell'arte italiana, Electa-Bruno Mondadori, Milano 1990

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