Villa romana delle Grotte: differenze tra le versioni

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[[File:Le Grotte (Portoferraio).jpg|miniatura]]
{{Sito archeologico
| Nome = Villa romana delle Grotte
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| Immagine = Villa delle Grotte (2).jpg
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| Didascalia = La piscina posta al centro dell'area residenziale della villa
| Civiltà = [[civiltà romana|Romana]]
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| Epoca = epoca imperiale
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| Ente = Fondazione Villa romana delle Grotte
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| Visitabile = La villa è aperta tutto l'anno previa prenotazione.
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= Il complesso monumentale delle Grotte =
[[File:Psiche_alata_(Villa_delle_Grotte)_Isola_d'Elba.jpg|thumb|Lastra in terracotta con Psiche alata che nasce da un cespo di acanto (Museo archeologico di Portoferraio)]]
[[File:Psiche_alata_(Villa_delle_Grotte)_Isola_d'Elba.jpg|thumb|Lastra in terracotta con Psiche alata che nasce da un cespo di acanto (Museo archeologico di Portoferraio)]]


Il complesso monumentale delle Grotte domina il braccio di mare compreso tra Populonia e Portoferraio e fronteggia l’edificio romano della Linguella, sull’altro lato della rada. I primi scavi archeologici sulla collina (1960-1972) si devono a Giorgio Monaco, Ispettore della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria.
La '''villa romana delle Grotte''' è un'antica ''[[domus]]'' romana che sorge sul [[promontorio]] affacciato sul golfo di [[Portoferraio]], a dominare tutto il braccio di mare compreso tra il litorale di [[Piombino]] e l'approdo di Portoferraio e a fronteggiare la [[Villa romana della Linguella]], che chiude la rada dall'altro lato.


==Storia==
==Storia==
L’edificio venne costruito nella seconda metà del I secolo a.C. in ''opus reticulatum'', sulla base di un progetto architettonico che prevedeva un complesso di forme “a blocco”, organizzato su due terrazze ed emergente dal territorio circostante. Interpretato per molti anni come lussuosa villa marittima destinata agli ''otia'' di un personaggio importante dell’élite senatoria, il complesso racconta oggi una storia diversa, grazie alle ricerche condotte dal 2019 al 2022 da parte dell’Università degli Studi di Siena. L'edificio venne probabilmente abbandonato alla fine del I secolo d.C., poiché nessun reperto trovato si spinge oltre questo periodo. I materiali archeologici rinvenuti sono piuttosto limitati, a testimonianza di un abbandono programmato e con un vero e proprio trasloco dei beni più preziosi, fatto che spiegherebbe l'assenza di materiali e decorazioni di maggior pregio, di cui sicuramente il complesso era dotato.
La villa delle Grotte venne costruita alla fine del [[I secolo a.C.]] su un ''podium'', in parte naturale ed in parte artificiale; nella prima metà del [[I secolo]] d.C. è interessata da una ristrutturazione, che avvia la seconda fase di vita della villa riferibile alla tarda [[età augustea]] e [[Tiberio|tiberiana]].
L'edificio venne probabilmente abbandonato alla fine del I secolo d.C., poiché nessun reperto trovato si spinge oltre questo periodo. I materiali archeologici rinvenuti sono piuttosto limitati, a testimonianza di un abbandono programmato e con un vero e proprio trasloco dei beni più preziosi, fatto che spiegherebbe l'assenza di materiali e decorazioni di maggior pregio, di cui sicuramente la villa era dotata.


Una nuova fase interessa la villa tra la fine del [[IV secolo]] e gli inizi del [[VI secolo]], in piena età tardo antica: si tratta forse di piccole comunità monastiche o eremiti, diffusi in questo periodo in tutte le isole dell'[[Arcipelago toscano]], che riadattarono alcuni ambienti per farne i loro modesti rifugi. In seguito la villa subirà un abbandono completo e un lento declino ma, grazie alla solidità delle strutture, volte e pareti dovettero sempre restare in parte visibili: a partire dal [[XVIII secolo]] i ruderi attrassero infatti l'interesse di tanti viaggiatori e di eruditi locali, e vennero rappresentati in alcune riproduzioni della città di Portoferraio. Sono proprio le volte del podio su cui si erge la villa, così simili a «grotte» per chi si avvicinava dal mare, ad avere originato il nome della villa stessa.
Una nuova fase interessa l'edificio tra la fine del [[IV secolo]] e gli inizi del [[VI secolo]], in piena età tardo antica: si tratta forse di piccole comunità monastiche o eremiti, diffusi in questo periodo in tutte le isole dell'[[Arcipelago toscano]], che riadattarono alcuni ambienti per farne i loro modesti rifugi. In seguito Le Grotte subiranno un abbandono completo e un lento declino ma, grazie alla solidità delle strutture, volte e pareti dovettero sempre restare in parte visibili: a partire dal [[XVIII secolo]] i ruderi attrassero infatti l'interesse di tanti viaggiatori e di eruditi locali, e vennero rappresentati in alcune riproduzioni della città di Portoferraio. Sono proprio le volte del podio su cui si erge l'edificio, così simili a «grotte» per chi si avvicinava dal mare, ad avere originato il nome dell'edificio stesso.


Nel [[1728]] la testimonianza di Antonio Sarri, ingegnere presso il granduca [[Cosimo III de' Medici]], assicura che tra le vestigia della ''domus'' si potevano ancora vedere statue, colonne, arredi marmorei e resti di cornicioni. La struttura quindi, sebbene in abbandono, era ancora sufficientemente leggibile. Durante la guerra iniziata all'Elba nel [[1799]] tra i francesi impadronitisi di Portoferraio e il [[Regno di Napoli]] che controllava [[Porto Azzurro|Porto Longone]], il promontorio delle grotte costituì un importante punto strategico per la posizione rispetto alla città di Portoferraio; è presumibile che per l'installazione di batterie militari sulla villa siano stati rasati al suolo i muri degli ambienti che si sviluppavano sulla sommità del promontorio e quelli che delimitavano il giardino.
Nel [[1728]] la testimonianza di Antonio Sarri, ingegnere presso il granduca [[Cosimo III de' Medici]], assicura che tra le rovine di questo complesso si potevano ancora vedere statue, colonne, arredi marmorei e resti di cornicioni. La struttura quindi, sebbene in abbandono, era ancora sufficientemente leggibile. Durante la guerra iniziata all'Elba nel [[1799]] tra i francesi impadronitisi di Portoferraio e il [[Regno di Napoli]] che controllava [[Porto Azzurro|Porto Longone]], il promontorio delle Grotte costituì un importante punto strategico per la posizione rispetto alla città di Portoferraio; è presumibile che per l'installazione di batterie militari sulla siano stati rasati al suolo i muri degli ambienti che si sviluppavano sulla sommità del promontorio e quelli che delimitavano il giardino. Nel [[1901]] l'edificio fu riconosciuto come sito di ruderi d'importanza regionale per la Regia Soprintendenza, ma solo nel [[1960]] si avviò la ricerca archeologica per indagare la complessità del sito, guidata dall'archeologo [[Giorgio Monaco]], Direttore dei beni archeologici dell'isola.
Nel [[1901]] fu riconosciuta come sito di ruderi d'importanza regionale per la Regia Soprintendenza, ma solo nel [[1960]] si avviò la ricerca archeologica per indagare la complessità del sito, guidata dall'archeologo [[Giorgio Monaco]], Direttore dei beni archeologici dell'isola.


== Descrizione ==
== Descrizione ==
Il complesso presenta due fasi costruttive distinte.
Per la sua posizione e lo sviluppo architettonico può essere annoverata tra le lussuose ''villae maritimae'' che costellavano tutte le isole dell'[[Arcipelago toscano]], costruite da nobili esponenti delle classi aristocratiche di Roma per il riposo e lo svago dagli impegni politici della capitale.


Nella prima fase (40-30 a.C.), che coincide con la costruzione, l’edificio è strettamente connesso all’immagazzinamento e alla ridistribuzione dell’acqua, funzionale non solo ad alimentare coltivazioni ed edifici della pianura sottostante ma soprattutto a rifornire di acqua dolce navi in transito in questo tratto del Tirreno.
L'edificio, che si estendeva complessivamente su una superficie di due ettari, era ripartito su due livelli: sul pianoro si trovavano la parte residenziale, dotata di un avancorpo affacciato sul mare, e un grande giardino rivolto verso i fianchi della collina; il piano inferiore era costituito da una doppia struttura di terrazzamento, articolata in archi e portici, che circondava la villa sui tre lati panoramici.
L'ingresso si trovava in corrispondenza di un grande giardino rettangolare (''hortus''), fiancheggiato da un portico coperto (''ambulatio''), che doveva proteggere dalla calura estiva o dai venti nella stagione più fredda, da cui si accedeva ai quartieri residenziali del piano superiore.
Punto panoramico privilegiato della villa era la grande piscina posta al centro dell'area residenziale, percorsa da un grande condotto in muratura e circondata su tre lati da un ampio giardino delimitato da un portico colonnato (''peristilium''): un porticato decorato con lastre di terracotta a vari soggetti, tra cui prevale il motivo di Psiche tra suonatori di cetra e di [[aulos]] (visibile al Museo archeologico della Linguella) e impreziosito inoltre da intonaci con soggetto vegetale, a dare l'impressione di uno spazio verde ancora più grande di quello racchiuso dal porticato stesso.


L’imponente complesso monumentale delle Grotte nasce come una struttura la cui funzione principale era quella di raccolta, immagazzinamento e redistribuzione delle acque. Per alimentare il sofisticato sistema idraulico presente sul promontorio furono costruite una serie di opere costituite da cisterne, canalizzazioni, pozzi, piscine e veri e propri acquedotti, frutto di un unico progetto ingegneristico. Il sistema idraulico che alimentava le Grotte non era basato sulla semplice raccolta di acqua piovana, ma sfruttava le sorgenti situate alle spalle del promontorio alle pendici del Monte Orello, in un luogo dal significativo nome di Fonte Murata. Da qui l’acqua veniva convogliata, attraverso le tubature dell’acquedotto, nella cisterna a monte del complesso; da questa, un’altra serie di tubature, conduceva l’acqua all’edificio monumentale dove si trovavano una serie di pozzi quadrati e vasche, dotate di fori passanti, che alimentavano anche la grande vasca posta al centro del complesso. Una parte dell’acqua raccolta defluiva verso la piana di San Giovanni, situata ad Est del promontorio, mentre un’ingente quantità veniva incanalata verso Ovest, raggiungendo il mare e le imbarcazioni che qui si rifornivano. In questa località, chiamata Calello, è tuttora presente un impianto di canalizzazione, utilizzata fino ai primi decenni del secolo scorso, per il rifornimento di acqua dolce delle imbarcazioni in sosta. L’utilizzo di una sorgente perenne, rispetto alla più canonica e diffusa raccolta dell’acqua piovana, assicurava un flusso costante di acqua anche nei mesi di siccità estiva e garantiva la pressione necessaria per far funzionare, in seguito, anche le terme, le fontane, i ninfei e i giochi d’acqua ad essi collegati.
Sul lato meridionale la vasca terminava in un'[[esedra]] semicircolare e, per tutta la sua lunghezza e al centro di essa, correva un grande condotto in muratura: l'acqua doveva giungere alla vasca da una cisterna posta su un livello superiore posta all'estremità dell'ampio giardino rettangolare (oggi al di là dell'attuale strada provinciale) e che era servita da un acquedotto di tubi di terracotta alimentato da una sorgente situata sul vicino [[Monte Orello]]; probabilmente l'acqua ricadeva dall'alto, per venire poi raccolta dal condotto che attraversa la vasca nel senso della lunghezza e andava a sfociare nella terrazza sottostante, sul lato mare, anch'essa sistemata a giardino e conclusa al centro da un ninfeo. All'estremità nord del bacino una serie di stanze, probabilmente i due quartieri del ''dominus'' e della ''domina'', erano disposti simmetricamente ai suoi lati, lungo la linea del litorale.


L’acqua, che costituiva una risorsa di primaria importanza sia per le attività agricole e forestali dell’isola, deve avere rivestito un ruolo strategico anche per l’approvvigionamento delle navi in transito nel Tirreno, tanto da giustificare la costruzione di un’imponente opera idraulica, promossa con ogni probabilità da personalità di spicco del mondo romano. L’isola d’Elba era infatti un luogo di passaggio obbligato per la navigazione antica ed il controllo di un elemento vitale come l’acqua significava anche il controllo dei traffici marini nel Mediterraneo tra Roma e le province Occidentali.
La villa venne costruita utilizzando la tecnica edilizia dell'''[[opus reticulatum]]'', di grande effetto cromatico, i cui ''cubilia'' verde scuro furono ricavati da [[ofiolite|rocce ofiolitiche]] estratte dallo stesso sito, e quelli grigio chiaro dai calcari della costa nord circostante.
Tutto il quartiere residenziale era accuratamente decorato, secondo i gusti correnti in quel periodo nella capitale: le stanze erano affrescate o rivestite di marmi colorati, soprattutto marmo bianco e cipollino dell'Elba. Il tetto a travi lignee era coperto da tegole smarginate di un rosso vivo, anch'esse di bell'impatto cromatico anche a lunga distanza.
Al sottotetto era applicato un controsoffitto in canne rivestite in [[intonaco]] e sorrette da una leggera intelaiatura e gli angoli tra pareti e soffitto erano decorati con cornici modanate in [[stucco]].
Le pareti erano coperte da intonaci dipinti con impressioni prospettiche varie o con motivi floreali ed in alcuni ambienti erano inoltre applicate ''crustae'' marmoree, in palombino e [[Marmo cipollino|cipollino]].
Le decorazioni pavimentali erano realizzate a [[mosaico]] in bianco e nero, mentre nei vani di maggior prestigio erano preferite pavimentazioni costituite da formelle in marmo e pietra di forma geometrica (triangoli, esagoni, quadrati, rombi) che, alternando il bianco, il nero ed il verde (marmo, [[ardesia]] e cipollino), venivano a creare motivi a nido d'ape, a reticolo, a stella.


Nel suo impianto originario il complesso monumentale delle Grotte rappresentava forse una ''mansio'' marittima, un luogo cioè di sosta per la navigazione, per scopi forse anche militari, adibito al controllo e alla redistribuzione di un importante risorsa come l’acqua dolce.
Nella prima metà del I secolo d.C. la villa venne interessata da alcune opere di ristrutturazione e di riconversione di alcuni ambienti: il terrazzo inferiore venne per buona parte occupato da zone di servizio coperte o da vani completamenti chiusi, che avevano l'unico scopo di sostenere le strutture residenziali poste al piano superiore.
Tali ambienti vennero raccordati da nuovi corridoi e collegati all'area superiore attraverso la realizzazione di due scale, che costituivano anche l'ingresso principale della villa.
A questa fase va riferita anche la costruzione di piccolo quartiere termale, impreziosito da pavimentazioni a mosaico e lastrine marmoree. Esso era costituito di quattro stanze: il ''[[Calidario|calidarium]]'', ambiente dotato di doppia pavimentazione con ''suspensurae''; il ''[[Frigidario|frigidarium]]'', posto all'altro estremo, con piccola vasca semicircolare per i bagni freddi; l'''apodyterium'' e il ''[[Tepidario|tepidarium]]'', stanze intermedie che potevano essere utilizzate come spogliatoi e ambienti di passaggio graduale dal caldo al freddo. Il rifornimento idrico necessario al funzionamento termale era garantito da una cisterna sotterranea, articolata in tre stanze e rivestita in [[cocciopesto]], un impasto di malta e laterizi frantumati che garantiva l'impermeabilizzazione delle pareti e del pavimento.


Alla fine del I secolo a.C. una generale ristrutturazione dell’area portò ad un cambio funzionale. Gli ambienti connessi con l’adduzione dell’acqua furono chiusi e riempiti di terra per rialzare i piani di calpestio, e poi decorati con pavimenti a mosaico e in ''opus sectile''. Nei vani sostruttivi a nord, adibiti probabilmente a magazzini nella prima fase, vennero costruiti un impianto termale ed una cisterna per le acque piovane.
All'esterno, l'inserimento della villa nell'ambiente circostante e l'effetto che doveva suscitare a chi si avvicinava sia dal mare che dalla terra era accuratamente studiato: le esedre disposte lungo il muro perimetrale sul lato del mare (funzionali sia al contenimento del terreno che come effetto scenografico) e la policromia del muro di terrazzamento, con pietre di colore verde scuro e bianche alternate, dovevano caratterizzare fin da lontano l'importanza e il prestigio della residenza.


L’articolazione dei nuovi ambienti e la raffinatezza delle decorazioni rinvenute indicano, per questa fase, un complesso monumentale privato, con stanze di rappresentanza, giardini e vasche con scenografici giochi d’acqua: la presenza di motivi decorativi, strettamente legati alla propaganda politica dell’imperatore Augusto, consentono di collegare la proprietà di questo edificio alla casa imperiale.
== Proprietari storici ==
Mentre per le lussuose ville marittime costruite nelle isole del [[Isola del Giglio|Giglio]], di [[Isola di Giannutri|Giannutri]] e di [[Isola di Pianosa (Toscana)|Pianosa]] non mancano indizi archeologici o fonti scritte che permettano di attribuire la proprietà di tali residenze, per l'[[Isola d'Elba|Elba]] è invece ancora difficile definire quali siano state le personalità a scegliere l'isola come luogo per le loro dimore. Tuttavia il celebre poeta [[Ovidio]], in una delle epistole destinate a Massimo Cotta (''Ex Ponto'', II, 3, vv. 83-84) ricorda all'amico il loro ultimo incontro, avvenuto all'Elba nell'8 d.C., alla vigilia della partenza del poeta per l'esilio; questi è il figlio minore di ''M. Valerius Messalla Corvinus'', che essendo stato adottato dallo zio materno M. Aurelius Cotta ne ha assunto il nome (''L. Aurelius Cotta Maximus Messallinus''). Come già osservato dalla studiosa Orlanda Pancrazzi, senza avere altri indizi oltre le parole di Ovidio, sull'isola Massimo Cotta doveva possedere una residenza degna del suo alto rango che, verosimilmente, poteva riconoscersi in una delle tre monumentali ville marittime note, quella della [[Villa romana della Linguella|Linguella]], di [[Villa romana di Capo Castello|Capo Castello]] e delle Grotte.

Grazie al rinvenimento di alcune testimonianze epigrafiche nella ''pars rustica'' individuata grazie alle ricerche archeologiche nella [[San Giovanni (Portoferraio)|Piana di San Giovanni]], condotte dall'[[Università degli Studi di Siena]], è stato possibile ricavare preziose indicazioni sulla proprietà degli edifici scavati e, dunque, della vicina villa marittima delle Grotte, verosimilmente appartenenti al patrimonio dei ''Valerii Messallae'': due dei ''dolia'' interrati finora individuati nell'ambiente produttivo presentavano infatti due bolli in ''planta pedis'' che, sebbene frammentari, hanno consentito di recuperare l'intero contenuto testuale con il nome del produttore: ''H˚ermia V˚a(leri) M(arci) s(ervus) / fecit''. La proprietà faceva quindi capo a ''Marcus Valerius Messalla'', ''princeps senatus'' e protettore delle lettere e delle arti, tanto da essere ricordato come il fondatore del [[Marco Valerio Messalla Corvino|Circolo di Messalla]]; il ''fundus'' sarebbe passato poi al figlio ''Aurelius Cotta Maximus Messallinus'', che avrebbe avuto come ospite il poeta Ovidio prima della partenza di quest'ultimo per l'esilio nel [[Mar Nero]].


==Bibliografia==
==Bibliografia==
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*F. Cambi, L. Pagliantini, "''L'isola d'Elba, i paesaggi antichi di un'isola mediterranea''", in Milliarium n. 11, Speciale Elba, 2014, pp.&nbsp;20/21.
*F. Cambi, L. Pagliantini, "''L'isola d'Elba, i paesaggi antichi di un'isola mediterranea''", in Milliarium n. 11, Speciale Elba, 2014, pp.&nbsp;20/21.
*L. Alderighi, "''La villa romana delle Grotte a Portoferraio''", in Milliarium n. 11, Speciale Elba, 2014, pp.&nbsp;46–61.
*L. Alderighi, "''La villa romana delle Grotte a Portoferraio''", in Milliarium n. 11, Speciale Elba, 2014, pp.&nbsp;46–61.
*E. Vanni, L. Pagliantini, ''Ceci n’est pas une Villa. La ripresa delle indagini archeologiche al sito romano delle Grotte (Portoferraio, Isola d’Elba)'', in the Journal of Fasti Online, 2022, http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2022-533.pdf.
*L. Pagliantini, Le terrecotte architettoniche dal complesso monumentale delle Grotte: tra vecchie conoscenze e nuove interpretazioni, in the Journal of Fasti Online, 2023, <nowiki>https://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2023-559.pdf</nowiki>


== Altri progetti ==
== Altri progetti ==

Versione delle 16:09, 28 feb 2024

Il complesso monumentale delle Grotte

Lastra in terracotta con Psiche alata che nasce da un cespo di acanto (Museo archeologico di Portoferraio)

Il complesso monumentale delle Grotte domina il braccio di mare compreso tra Populonia e Portoferraio e fronteggia l’edificio romano della Linguella, sull’altro lato della rada. I primi scavi archeologici sulla collina (1960-1972) si devono a Giorgio Monaco, Ispettore della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria.

Storia

L’edificio venne costruito nella seconda metà del I secolo a.C. in opus reticulatum, sulla base di un progetto architettonico che prevedeva un complesso di forme “a blocco”, organizzato su due terrazze ed emergente dal territorio circostante. Interpretato per molti anni come lussuosa villa marittima destinata agli otia di un personaggio importante dell’élite senatoria, il complesso racconta oggi una storia diversa, grazie alle ricerche condotte dal 2019 al 2022 da parte dell’Università degli Studi di Siena. L'edificio venne probabilmente abbandonato alla fine del I secolo d.C., poiché nessun reperto trovato si spinge oltre questo periodo. I materiali archeologici rinvenuti sono piuttosto limitati, a testimonianza di un abbandono programmato e con un vero e proprio trasloco dei beni più preziosi, fatto che spiegherebbe l'assenza di materiali e decorazioni di maggior pregio, di cui sicuramente il complesso era dotato.

Una nuova fase interessa l'edificio tra la fine del IV secolo e gli inizi del VI secolo, in piena età tardo antica: si tratta forse di piccole comunità monastiche o eremiti, diffusi in questo periodo in tutte le isole dell'Arcipelago toscano, che riadattarono alcuni ambienti per farne i loro modesti rifugi. In seguito Le Grotte subiranno un abbandono completo e un lento declino ma, grazie alla solidità delle strutture, volte e pareti dovettero sempre restare in parte visibili: a partire dal XVIII secolo i ruderi attrassero infatti l'interesse di tanti viaggiatori e di eruditi locali, e vennero rappresentati in alcune riproduzioni della città di Portoferraio. Sono proprio le volte del podio su cui si erge l'edificio, così simili a «grotte» per chi si avvicinava dal mare, ad avere originato il nome dell'edificio stesso.

Nel 1728 la testimonianza di Antonio Sarri, ingegnere presso il granduca Cosimo III de' Medici, assicura che tra le rovine di questo complesso si potevano ancora vedere statue, colonne, arredi marmorei e resti di cornicioni. La struttura quindi, sebbene in abbandono, era ancora sufficientemente leggibile. Durante la guerra iniziata all'Elba nel 1799 tra i francesi impadronitisi di Portoferraio e il Regno di Napoli che controllava Porto Longone, il promontorio delle Grotte costituì un importante punto strategico per la posizione rispetto alla città di Portoferraio; è presumibile che per l'installazione di batterie militari sulla siano stati rasati al suolo i muri degli ambienti che si sviluppavano sulla sommità del promontorio e quelli che delimitavano il giardino. Nel 1901 l'edificio fu riconosciuto come sito di ruderi d'importanza regionale per la Regia Soprintendenza, ma solo nel 1960 si avviò la ricerca archeologica per indagare la complessità del sito, guidata dall'archeologo Giorgio Monaco, Direttore dei beni archeologici dell'isola.

Descrizione

Il complesso presenta due fasi costruttive distinte.

Nella prima fase (40-30 a.C.), che coincide con la costruzione, l’edificio è strettamente connesso all’immagazzinamento e alla ridistribuzione dell’acqua, funzionale non solo ad alimentare coltivazioni ed edifici della pianura sottostante ma soprattutto a rifornire di acqua dolce navi in transito in questo tratto del Tirreno.

L’imponente complesso monumentale delle Grotte nasce come una struttura la cui funzione principale era quella di raccolta, immagazzinamento e redistribuzione delle acque. Per alimentare il sofisticato sistema idraulico presente sul promontorio furono costruite una serie di opere costituite da cisterne, canalizzazioni, pozzi, piscine e veri e propri acquedotti, frutto di un unico progetto ingegneristico. Il sistema idraulico che alimentava le Grotte non era basato sulla semplice raccolta di acqua piovana, ma sfruttava le sorgenti situate alle spalle del promontorio alle pendici del Monte Orello, in un luogo dal significativo nome di Fonte Murata. Da qui l’acqua veniva convogliata, attraverso le tubature dell’acquedotto, nella cisterna a monte del complesso; da questa, un’altra serie di tubature, conduceva l’acqua all’edificio monumentale dove si trovavano una serie di pozzi quadrati e vasche, dotate di fori passanti, che alimentavano anche la grande vasca posta al centro del complesso. Una parte dell’acqua raccolta defluiva verso la piana di San Giovanni, situata ad Est del promontorio, mentre un’ingente quantità veniva incanalata verso Ovest, raggiungendo il mare e le imbarcazioni che qui si rifornivano. In questa località, chiamata Calello, è tuttora presente un impianto di canalizzazione, utilizzata fino ai primi decenni del secolo scorso, per il rifornimento di acqua dolce delle imbarcazioni in sosta. L’utilizzo di una sorgente perenne, rispetto alla più canonica e diffusa raccolta dell’acqua piovana, assicurava un flusso costante di acqua anche nei mesi di siccità estiva e garantiva la pressione necessaria per far funzionare, in seguito, anche le terme, le fontane, i ninfei e i giochi d’acqua ad essi collegati.

L’acqua, che costituiva una risorsa di primaria importanza sia per le attività agricole e forestali dell’isola, deve avere rivestito un ruolo strategico anche per l’approvvigionamento delle navi in transito nel Tirreno, tanto da giustificare la costruzione di un’imponente opera idraulica, promossa con ogni probabilità da personalità di spicco del mondo romano. L’isola d’Elba era infatti un luogo di passaggio obbligato per la navigazione antica ed il controllo di un elemento vitale come l’acqua significava anche il controllo dei traffici marini nel Mediterraneo tra Roma e le province Occidentali.

Nel suo impianto originario il complesso monumentale delle Grotte rappresentava forse una mansio marittima, un luogo cioè di sosta per la navigazione, per scopi forse anche militari, adibito al controllo e alla redistribuzione di un importante risorsa come l’acqua dolce.

Alla fine del I secolo a.C. una generale ristrutturazione dell’area portò ad un cambio funzionale. Gli ambienti connessi con l’adduzione dell’acqua furono chiusi e riempiti di terra per rialzare i piani di calpestio, e poi decorati con pavimenti a mosaico e in opus sectile. Nei vani sostruttivi a nord, adibiti probabilmente a magazzini nella prima fase, vennero costruiti un impianto termale ed una cisterna per le acque piovane.

L’articolazione dei nuovi ambienti e la raffinatezza delle decorazioni rinvenute indicano, per questa fase, un complesso monumentale privato, con stanze di rappresentanza, giardini e vasche con scenografici giochi d’acqua: la presenza di motivi decorativi, strettamente legati alla propaganda politica dell’imperatore Augusto, consentono di collegare la proprietà di questo edificio alla casa imperiale.

Bibliografia

  • Pancrazzi O., Frequentatori di "ville di delizie": una visita di Ovidio all'Elba, Miscellanea in memoria di Giuliano Cremonesi, 1995, pp. 311–314.
  • Pancrazzi O., Ducci S., (a cura di), Ville e giardini nell'Elba romana, 1996.
  • Casaburo S., Elba romana. La villa delle Grotte, 1997.
  • L. Dallai, E. Ponta, E.J.Shepherd, Aurelii e Valerii sulle strade d’Etruria, in S. Menchelli, M. Pasquinucci, Territorio e produzioni ceramiche, 2006, pp. 181–192.
  • L. Alderighi, F. Cambi, M,. Firmati, C. Milanesi, L. Pagliantini, "Portoferraio (LI). Località San Giovanni: campagna di scavo 2012”, in Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, 2013, pp. 478–480.
  • L. Alderighi, M. Benvenuti, F. Cambi, L. Chiarantini, C. X.H. Chiesa, A. Corretti, A. Dini, M. Firmati, L. Pagliantini, C. Principe, L. Quaglia, L. Zito, “AITHALE. Ricerche e scavi all’isola d’Elba. Produzione siderurgica e territorio insulare nell’antichità”, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Serie 5, 2013, 5/2, pp. 169–188.
  • Volpe G., Un patrimonio italiano. Beni culturali, paesaggio e cittadini, 2016, pp. 122–126.
  • F. Cambi, L. Pagliantini, "L'isola d'Elba, i paesaggi antichi di un'isola mediterranea", in Milliarium n. 11, Speciale Elba, 2014, pp. 20/21.
  • L. Alderighi, "La villa romana delle Grotte a Portoferraio", in Milliarium n. 11, Speciale Elba, 2014, pp. 46–61.
  • E. Vanni, L. Pagliantini, Ceci n’est pas une Villa. La ripresa delle indagini archeologiche al sito romano delle Grotte (Portoferraio, Isola d’Elba), in the Journal of Fasti Online, 2022, http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2022-533.pdf.
  • L. Pagliantini, Le terrecotte architettoniche dal complesso monumentale delle Grotte: tra vecchie conoscenze e nuove interpretazioni, in the Journal of Fasti Online, 2023, https://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2023-559.pdf

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