Petronio Arbitro

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(LA)

«Primus in orbe deos fecit timor.»

(IT)

«Fu il timore a creare per primo nel mondo gli dei

Petronio in una rappresentazione immaginaria a stampa del Settecento

Gaio Petronio Arbitro a volte citato come Tito Petronio Nigro (in latino Gaius Petronius Arbiter; Marsiglia, 27[2]Cuma, 66), conosciuto anche semplicemente come Petronio, è stato uno scrittore e politico romano del I secolo, famoso durante il principato di Nerone e presunto autore del Satyricon.

Biografia e opere[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della letteratura latina (14 - 68).

Basandosi su passi del Satyricon e su un riferimento fatto da Gaio Sollio Sidonio Apollinare, alcuni critici hanno ipotizzato che Petronio fosse nato a Massalia (Marsiglia) intorno al 27.[3]

La questione petroniana[modifica | modifica wikitesto]

Sebbene manchi una documentazione sicura, viene plausibilmente identificato con il Gaio Petronio di cui Tacito, nei suoi Annali[4], parla diffusamente:

«A proposito di Gaio Petronio, poche cose vanno dette. Soleva trascorrere il giorno dormendo, la notte negli affari ufficiali o negli svaghi; la vita sfaccendata gli aveva dato fama, come ad altri l'acquista un'operosità solerte; e lo si giudicava non un gaudente e uno scialacquatore, come la maggior parte di coloro che dilapidano il loro patrimonio, ma un uomo di lusso raffinato. Le sue parole e le sue azioni, quanto più erano libere da convenzioni e ostentavano una certa sprezzatura, tanto maggior simpatia acquistavano con la loro parvenza di semplicità. Comunque, come proconsole in Bitinia, e poi come console, egli seppe mostrarsi energico e all'altezza dei suoi compiti. Tornato poi alle sue viziose abitudini - o erano forse simulazione di vizi? - venne accolto tra i pochi intimi di Nerone, come arbitro di eleganza, e Nerone non riteneva niente divertente o voluttoso, nello sfarzo della sua corte, se non avesse prima ottenuto l'approvazione di Petronio. Di qui l'odio di Tigellino [il prefetto del pretorio di Nerone, n.d.a], che in Petronio vedeva un rivale a lui anteposto per la consumata esperienza dei piaceri. Egli si volge quindi a eccitare la crudeltà del principe, di fronte alla quale ogni altra passione cedeva; accusa Petronio di amicizia con Scevino[5], dopo aver indotto con denaro un servo a denunciarlo, e avergli tolto ogni mezzo di difesa col trarre in arresto la maggior parte dei suoi schiavi.»

Segue la descrizione della sua morte:

«In quei giorni Nerone si era spinto in Campania, e Petronio, spintosi fino a Cuma, venne qui trattenuto. Egli non sopportò di restare oltre sospeso tra la speranza e il timore; non volle tuttavia rinunciare precipitosamente alla vita; si tagliò le vene e poi le fasciò, come il capriccio gli suggeriva, aprendosele poi nuovamente e intrattenendo gli amici su temi non certo severi o tali che potessero acquistargli fama di rigida fermezza. A sua volta li ascoltava dire non teorie sull'immortalità dell'anima o massime di filosofi, ma poesie leggere e versi d'amore. Quanto agli schiavi, ad alcuni fece distribuire doni, ad altri frustate. Andò a pranzo e si assopì, volendo che la sua morte, pur imposta, avesse l'apparenza di un fortuito trapasso. Al testamento non aggiunse, come la maggior parte dei condannati, codicilli adulatori per Nerone o Tigellino e alcun altro potente; fece invece una particolareggiata narrazione delle scandalose nefandezze del principe, citando i nomi dei suoi amanti, delle sue prostitute e la singolarità delle sue perversioni: poi, dopo averlo sigillato, lo inviò a Nerone. Spezzò quindi il sigillo, per evitare che servisse a rovinare altre persone.»

Poche altre notizie aveva dato in precedenza Plinio il Vecchio, per il quale «il consolare Tito Petronio, in punto di morte, per odio di Nerone spezzò una tazza murrina che gli era costata 300.000 sesterzi, per evitare che la ereditasse la mensa imperiale»[6], mentre Plutarco riprende da Tacito la notizia del testamento di Petronio indirizzato a Nerone, nel quale rinfacciava «ai dissoluti e agli scialacquatori grettezza e sudiciume, come Tito Petronio fece con Nerone»[7].

Si tende a risolvere la discordanza del praenomen, Gaius (C.) in Tacito e Titus in Plinio e Plutarco, a favore del Titus, ritenendo il Gaius un errore di trascrizione d'un amanuense. Il Rose, in particolare, ritiene di identificare nello scrittore il Titus Petronius Niger che fu console suffetto nell'anno 62 o 63, e poi proconsole in Bitinia nel 64[8].

Muore nel 66 per suicidio, dopo che Tigellino lo accusò di essere coinvolto nella congiura di Pisone.
Né Tacito, tuttavia, né Plinio e Plutarco identificano il personaggio condannato da Nerone con l'autore del Satyricon: lo ipotizzarono per primi l'umanista Giuseppe Giusto Scaligero verso il 1570 e il tipografo e libraio di Orléans Mamert Patisson nel 1575[9]. Le motivazioni addotte a favore di tale identificazione risiedono in una serie di motivi: in primo luogo, il cognomen «Arbiter», presente nei codici del romanzo[10], coincide con l'appellativo di «arbiter elegantiae» del cortigiano; l'esser morto in una sua villa a Cuma, in Campania, conferma, inoltre, la familiarità dello scrittore con questa regione, come si rileva nel romanzo; alcuni personaggi citati - il cantante Apelle, il citaredo Menecrate e il gladiatore Petraite - sono personaggi realmente vissuti nella prima metà del I secolo; la lingua, i riferimenti culturali e anche la situazione sociale che infine emergono dal romanzo rispecchiano i caratteri di quel periodo storico.

Frontespizio di un'edizione settecentesca del Satyricon

Il Satyricon[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Satyricon.

Il capolavoro di Petronio (nonché sola opera giuntaci di lui) è il Satyricon, scritto nella metà del I secolo, durante l'impero di Nerone. Dell'opera, in almeno 16 libri, possediamo frammenti del libro XIV, l'intero XV (identificabile con la coena Trimalchionis[11]), frammenti del libro XVI e sparse citazioni in altri autori. Infatti, cinque epigrammi vengono citati come petroniani da Fulgenzio Planciade[12], altri 14 da Scaligero, 10 da Binet e otto da Baehrens[13]. L'opera era probabilmente molto lunga, e le vicende narrano di un giovane di nome Encolpio, e le sue avventure con un giovane, Gitóne, di cui è innamorato.

  • La prima parte narra del discorso tra Encolpio e un rètore, Agamennone e il loro discorso basato sulla decadenza dell'eloquenza;
  • Dopo il discorso si ha una lite tra Encolpio e Ascilto, anche lui innamorato di Gitone, in una locanda; durante la lite, una sacerdotessa del dio Priàpo dice loro di aver violato i sacri misteri del dio, e li costringe a partecipare a un'orgia;
  • Più avanti, tutti e tre andranno alla cena di Trimalchione, un ricchissimo liberto; la cena di Trimalchione occupa quasi la metà dei frammenti che sono giunti fino a noi, e, nel corso della cena, Trimalchione mette in atto scene spettacolari e grottesche sfoggiando le sue ricchezze. Durante la cena si ha un'altra lite tra Encolpio e Ascilto, perché Gitone ha lasciato il primo per il secondo;
  • Allora, Encolpio, offeso, si reca in una pinacoteca, dove il vecchio avventuriero Eumolpo lo vede osservare un quadro sulla presa di Troia, e gli dà una spiegazione in versi, la più lunga parte in versi di tutti i frammenti.
  • Più avanti si ha un viaggio tra Encolpio, Gitone e Eumolpo, considerato da Gitone come un possibile rivale d'amore; Eumolpo si presenta come padrone di due schiavi. Eumolpo lascia scritto nel testamento che i giovani potranno entrare in possesso dei suoi beni soltanto se ridurranno il suo corpo a brandelli e se ne nutriranno davanti al popolo;
  • Il dio Priapo, in collera con Encolpio, lo rende impotente, e il povero ragazzo deve subire anche l'ira di una ricca amante che si crede disprezzata da lui.

Il genere del Satyricon viene spesso indicato col romanzo: questo richiede delle precisazioni. Non esiste un'opera classica che abbia le caratteristiche che corrispondano a quelle del romanzo moderno. Le caratteristiche simili sono le avventure e le peripezie dei giovani e un amore ostacolato da circostanze sfavorevoli e dalla presenza di rivali; ma non può essere considerato un romanzo in quanto non è scritto interamente in prosa. Il genere si pone quindi in uno stile simile a quello della satira menippea, in quanto è un misto di prosa e versi, e tende alla parodia letteraria, ma anche per la lingua e lo stile variegati, ma può essere collocato anche nell'ambito del realismo comico. È uno stile particolare, duttile, che si adatta alla situazione e al personaggio; il linguaggio prevalente è quello colloquiale, e si notano tantissime differenze tra il modo di parlare di Encolpio, e quello dei suoi amici colti, cui si oppone il Sermo Vulgaris dei personaggi di basso rango, come Trimalchione, che è un linguaggio ricco di errori fonetici, morfologici e sintattici.

Petronio nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Leo Genn interpreta Petronio nel film Quo vadis? del 1951

L'ironia e la raffinatezza che traspaiono dal ritratto di Tacito e, soprattutto, dal Satyricon hanno avuto molto successo soprattutto nel periodo del Decadentismo, come prototipo del personaggio di esteta edonista dei tempi antichi. Marcel Schwob, ad esempio, consacra a Petronio un ritratto fittizio nelle sue Vies imaginaires (1896). Secondo lo scrittore francese, Petronio non si sarebbe suicidato dopo essere stato vittima dell'odio di Tigellino, ma sarebbe fuggito con il suo schiavo Sylus. Prima, e verso i trent'anni, Petronio, avido di questa diversa libertà, iniziò a scrivere il Satyricon, la storia di schiavi erranti e debosciati, di cui riconobbe i costumi con la trasformazione del lusso e le loro idee e linguaggi attraverso i festini brillanti[14].

Petronio è anche il nome di uno dei personaggi principali del romanzo Quo vadis? dello scrittore Henryk Sienkiewicz, ovvero lo zio di uno dei protagonisti, Vinicio (che è invece un personaggio immaginario). Sienkiewicz descrive l'"arbiter elegantiae" come un personaggio complesso: eccentrico, raffinato, ironico, pronto ad aiutare Vinicio e Licia, ma anche distaccato e indifferente; un uomo colto e astuto che si diverte ad adulare Nerone beffandosi segretamente di lui, e ad umiliare Tigellino, evitando però di prendere apertamente posizione contro di loro. Si suiciderà con l'amata schiava Eunice per sfuggire alla repressione neroniana. Lo scrittore immagina anche le parole di scherno che avrebbe messo nell'ultimo messaggio inviato a Nerone da Petronio, messaggio di cui accenna Tacito; egli afferma che peggio dei delitti e della tirannia del principe fu l'aver dovuto ascoltarlo recitare:

«I latrati di Cerbero, quantunque somiglino alla tua musica, mi faranno meno male, perché non sono stato mai amico di Cerbero, e non ho bisogno di vergognarmi del suo abbaiare. Addio, ma smetti di cantare, commetti omicidi, ma non scrivere più versi, avvelena la gente, ma non ballar più, sii incendiario, ma non suonare la cetra. Questo è l'augurio e l'ultimo amichevole consiglio che ti manda l'Arbiter elegantiae

Nel 1970 la rivista d'arte americana Horizon compara Petronio a Fellini attraverso un articolo dello scrittore classicista americano Gilbert Highet. L'adattamento di Fellini del Satyricon, scrive in sostanza lo scrittore, ha creato il proprio «brutto spettacolo» (sic) del mondo pagano com'era ai tempi di Nerone suggerendo un collegamento con quello dell'alba degli anni Settanta del XX secolo.[15] La visione di Petronio, a quanto aveva scritto Umberto Nottola nel suo Disegno storico della letteratura Romana, era quella di chi «volle morire da vero epicureo, com'era sempre vissuto, banchettando e scambiando con gli amici motti giocosi ed anche levia carmina et faciles versus».[16]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Frammento 27 Bücheler. Citato in Dizionario delle sentenze latine e greche, a cura di Renzo Tosi, Rizzoli, 2017. Presente anche in Publio Papinio Stazio (Tebaide, 3, 661).
  2. ^ Da indizi del romanzo, sembrerebbe che l'ambientazione iniziale fosse la colonia di Massalia. Alcuni critici, dunque, hanno fatto Petronio nativo di questa colonia, ma senza argomentazioni convincenti.
  3. ^ Arnaldo Momigliano, Alien Wisdom The Limits of Hellenization, Cambridge University Press, 1990, p. 50, ISBN 9780521387613. URL consultato il 4 February 2022.
  4. ^ XVI, 18-19.
  5. ^ uno dei partecipanti alla congiura di Pisone.
  6. ^ Naturalis Historia, XXXVII 2, 20.
  7. ^ De adulatore et amico, 60E.
  8. ^ V. K. F. Rose, The author of the Satyricon, in «Latomus» (1961), pp. 820-825, mentre sul problema del praenomen cfr. G. Brugnoli, L'intitulatio del Satyricon, in «Rivista di cultura classica e medievale» (1961), pp. 317-331.
  9. ^ «Hic ipse est Petronius de quo Tacitus lib. XVI Annales [...]», citato nell'edizione del Satyricon di Amsterdam, 1715.
  10. ^ Anche in Mario Vittorino III 17 Heinrich Keil, Grammatici latini, VI, p. 138: "Huius tenoris ac formae quosdam, versus poetas lyricos carminibus suis indidisse cognovimus, ut et apud Arbitrum invenimus".
  11. ^ Daniel Holmes, Practicing Death in Petronius' "Cena Trimalchionis" and Plato's "Phaedo", The Classical Journal, Vol. 104, No. 1 (Oct. - Nov., 2008), pp. 43-57.
  12. ^ In Expositio Virgilianae continentiae, per il quale il nome dell'autore è Petronius Arbiterː cfr. Petronio, frr. IX-XIII Heseltine.
  13. ^ In Anth. Lat., 218, 464-479, 690-707.
  14. ^ (FR) George Trembley, Marcel Schwob: faussaire de la nature, Librairie Droz - Histoire des idées et critique littéraire, 1969, p. 92, ISBN 978-2-600-03500-2..
  15. ^ Gilbert Highet, Whose Satyricon - Petronius's or Fellini's?, in Horizon A magazione of the Arts, XII, n. 4, New York, American Heritage Joseph J. Thorndike, Autunno 1970, pp. 42-47.
  16. ^ Umberto Nottola, Disegno storico della letteratura romana, Prefazione Milano 1924, Firenze, G.C.Sansoni, 14 febbraio 1946, pp. 219-225.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • A. Aragosti, L'autore, l'opera, il testo, in Petronio, Satyricon, Milano, Rizzoli, 2004, pp. 5–13.
  • Peter Habermehl: Petronius, Satyrica 79–141. Ein philologisch–literarischer Kommentar. Band I : Satyrica 79-110. (Texte und Kommentare 27/1) Berlin : de Gruyter 2006.
  • Peter Habermehl: Petronius, Satyrica 79–141. Ein philologisch–literarischer Kommentar. Band II : Satyrica 111-118. (Texte und Kommentare 27/2) Berlin : de Gruyter 2020.
  • Peter Habermehl: Petronius, Satyrica 79–141. Ein philologisch–literarischer Kommentar. Band III : Satyrica 119-124. (Texte und Kommentare 27/3) Berlin : de Gruyter 2021.
  • Jonathan Prag,Ian Repath (eds.), Petronius. A Handbook, Malden, Wiley-Blackwell, 2009
  • R. Syme, Tacitus, vol. II, Oxford, Oxford University Press, 1958, p. 387 (nota n. 6) e p. 538 (nota n. 6).
  • K. F. C. Rose, The Date and Author of the Satyricon, Leiden, Brill, 1971.
  • G. Vannini, Petronius 1975-2005: bilancio critico e nuove proposte, in "Lustrum", 49 (2007).

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