Legge 9 luglio 1990, n. 185

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La legge 9 luglio 1990, n. 185 è una legge della Repubblica Italiana che disciplina il commercio delle armi.

Antefatto[modifica | modifica wikitesto]

Prima dell'entrata in vigore la materia era stata regolata dal Decreto n. 1161 dell’11 luglio 1941,[1] firmato da Mussolini, Ciano, Teruzzi e Grandi, che sottoponeva l'esportazione di armi al segreto di Stato, sottraendola al controllo del Parlamento e della società civile.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Venne approvata nel 1990 a seguito di alcune vicende come ad esempio l'irangate nonché di alcuni scandali, quali ad esempio il coinvolgimento di una filiale statunitense di una banca italiana, la Banca Nazionale del Lavoro di Atlanta, nella vendita illegale di armi all'Iraq di Saddam Hussein, ai tempi della prima guerra del Golfo.

La riforma del 2024 affida la responsabilità dell'attuazione della legge al Comitato interministeriale per gli scambi di armamento per la difesa (che era stato abolito nel 1993), presieduto dal presidente del Consiglio con segretario il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il Presidente del Consiglio è tenuto a inviare alle Camere una relazione annuale dettagliata sull'import-export di armamenti.[2]

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

La legge prevede che ogni anno i differenti dicasteri interessati, per quanto di rispettiva competenza, preparino una relazione da presentare al Parlamento italiano entro il 31 marzo, per le operazioni relative all'anno precedente in materia di importazione ed esportazione dei sistemi di armamento da e per l'Italia.

La norma impedisce inoltre che sistemi d'arma italiani possano essere venduti a Stati in guerra, che violano gravemente i diritti umani e che rientrino in quelli che vengono definiti Heavily Indebted Poor Country.

Dati statistici[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2018, l'export dell'Italia è stato pari a un valore di 4 miliardi e 613 milioni, in decremento rispetto ai 7 miliardi e 437 milioni dell'anno precedente. Il primo paese per l'export è stato il Qatar (un miliardo e 923 milioni), seguito dal Pakistan (682,9 milioni), dalla Turchia /(362,3 milioni) e dagli Emirati Arabi Uniti (220,3 milioni).[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Esportazioni di armi: le modifiche alla legge, su osservatoriodiritti.it.
  2. ^ Via libera del Senato al ddl sull'import-export delle armi. Associazioni e opposizione attaccano: "Troppe opacità", su Il Fatto Quotidiano, 22 febbraio 2024. URL consultato il 30 maggio 2024.
  3. ^ Michele Arnese, Leonardo, ecco come Conte silura Di Maio sulla Turchia, su startmag.it, 17 ottobre 2019. URL consultato il 2 marzo 2020 (archiviato il 2 marzo 2020).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • "Armi d'Italia. Protagonisti e ombre di un made in Italy di successo" di Riccardo Bagnato e Benedetta Verrini.
  • "Il caro armato" di Francesco Vignarca e Massimo Paolicelli.
  • "Annuario Armi-Disarmo Giorgio La Pira. Le spese militari nel mondo: il costo dell'insicurezza" di Chiara Bonaiuti e Achille Lodovisi.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]