Una pagina di follia

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Una pagina di follia
Una scena del film
Titolo originale狂った一頁
Kurutta ippēji
Lingua originalegiapponese
Paese di produzioneGiappone
Anno1926
Durata71 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,33:1
film muto
Generedrammatico
RegiaTeinosuke Kinugasa
SoggettoYasunari Kawabata
SceneggiaturaYasunari Kawabata, Teinosuke Kinugasa, Minoru Inuzuka e Bankô Sawada
ProduttoreKinugasa Eiga Renmei (Unione cinematografica Kinugasa)
Interpreti e personaggi

Una pagina di follia (狂った一頁?, Kurutta ippēji) è un film del 1926 diretto da Teinosuke Kinugasa.

Creduto perduto per quarantacinque anni, fu ritrovato per caso dallo stesso regista e fu diffuso nel 1971. Il film, muto, non contiene didascalie perché le proiezioni cinematografiche giapponesi negli anni '20 prevedevano la presenza nella sala di un narratore (detto benshi o setsumeisha), e manca di un terzo dell'originale del 1926.[1]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

In un manicomio un ex marinaio è stato assunto come portinaio e inserviente. Fra i ricoverati c'è sua moglie, impazzita dopo aver tentato di annegarsi insieme al figlioletto: lei è sopravvissuta mentre il bambino è morto. L'uomo tenta inutilmente di farla evadere, ma la donna è terrorizzata e non è in grado di affrontare la fuga.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Eiko Minami in A Page of Madness.

Il film è ritenuto un capolavoro dell'avanguardia cinematografica giapponese della prima metà del Novecento.

Yasunari Kawabata, premio Nobel per la letteratura nel 1968, collabora alla sceneggiatura adattando, insieme a Kinugasa, Banko Sawada e Minoru Inozuka, un suo racconto breve[2].

Il film si può considerare espressione del movimento letterario giapponese (fondato da Kawabata insieme a Riichi Yokomitsu e ad altri giovani scrittori) chiamato Scuola delle Nuove Percezioni (Shinkankaku-ha) e aperto agli influssi culturali occidentali.[3]

Il film fu girato in un mese, con un budget ridottissimo. Kinugasa, regista e anche produttore, dipinse d'argento le pareti dello studio per compensare la scarsità delle lampade.[4]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

L'opera ottenne un notevole successo.[5]

Tecnica cinematografica[modifica | modifica wikitesto]

Artifici espressivi[modifica | modifica wikitesto]

Gli stati del subconscio, gli incubi, i sogni, le ossessioni sono rappresentati con immagini sfocate o distorte, doppie esposizioni della pellicola, inquadrature oblique e rovesciate, effetti ottici ottenuti con l'uso di lenti deformanti, schermo diviso in diverse inquadrature, panoramiche velocissime, montaggio accelerato.

Elementi di contrasto[modifica | modifica wikitesto]

Per esprimere il dramma della follia e dell'internamento, Teinosuke Kinugasa e Yasunari Kawabata, lo sceneggiatore, hanno costruito il film attorno a una serie di elementi contrapposti: follia/normalità, dentro/fuori, chiuso/aperto, stasi/movimento, ombra/luce... L'effetto è una forte tensione narrativa e formale.

Temi iconografici[modifica | modifica wikitesto]

Ossessivamente nel film ricorrono immagini di sbarre, corridoi, serrature, cancelli, porte che si aprono e si chiudono.[6]

Surrealismo[modifica | modifica wikitesto]

Freddy Buache, conservatore della Cinemateca Svizzera afferma[7]:

«...Al termine di questa straordinaria meditazione sulla follia, incompresa e regolarmente negata, il regista insinua una rivendicazione per la soppressione dell'internamento di coloro che non rientrano nel concetto di cosiddetta normalità: il messaggio antipsichiatrico prende forma in questo affresco in cui si legge in filigrana anche l'imperativo surrealista: Aprite le prigioni, sciogliete gli eserciti![8]»

Modelli di riferimento[modifica | modifica wikitesto]

I realizzatori del film avevano presenti alcuni modelli del cinema occidentale[9] come ad esempio:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Hubert Niogret, Intervista al regista, apparsa su Positif, maggio 1973
  2. ^ Yasunari Kawabata, "Una pagina folle", in Romanzi e racconti, pp.1059-1082
  3. ^ [1]
  4. ^ Robert Cohen, A Japanese Romantic, Teinosuke Kinugasa, Sight and Sound, estate 1976
  5. ^ Robert Cohen, A Page of Madness, in Film quarterly, n. 4, Estate 1976.
  6. ^ Max Tessier, Une page folle, in Écran, n. 35, aprile 1975.
  7. ^ [2]
  8. ^ Antonin Artaud in La rivoluzione surrealista: antologia 1924 - 1929, a cura di Antonio Bertoli, Firenze, Giunti, 2007 ISBN 978-88-09-05102-7.
  9. ^ V. Petric, A Page of Madness, a neglected masterpiece of the silent cinema, in Film criticism, n. 1, 1983.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Brunetta Gian Piero (a cura di), Dizionario dei registi del cinema mondiale, Torino, Einaudi, 2008. ISBN 978-88-06-19070-5
  • Kawabata Yasunari , "Una pagina folle" (trad. di Costantino Pes), in Romanzi e racconti (a cura di Giorgio Amitrano), Milano, Mondadori, 2003, pp. 1059-1082. ISBN 88-045-0320-3
  • Morris G., A Page of Madness, in "Take one", n. 11, settembre 1975.
  • Novielli Maria Roberta, Storia del cinema giapponese, Venezia, Marsilio, 2001. ISBN 88-317-7754-8
  • Tessier Max, Breve storia del cinema giapponese, Torino, Lindau, 1998. ISBN 88-7180-261-6

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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