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Jeanne de Saint-Rémy de Valois

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Jeanne de Valois
La contessa Jeanne de La Motte ritratta da Élisabeth Vigée Le Brun nel 1780 circa
Contessa de La Motte
Stemma
Stemma
In carica1780 - 1791
Nome completofrancese: Jeanne de-Saint-Rémy-de Luz de Valois
italiano: Giovanna di San Remigio di Luz di Valois
TrattamentoSua Altezza Reale
NascitaFontette, Francia, 22 luglio 1756
MorteLondra, Inghilterra, 23 agosto 1791
DinastiaValois
PadreJacques de Valois-Saint-Rémy
MadreMarie Jossel
ConsorteNicolas de La Motte
ReligioneCattolicesimo

Jeanne de-Saint-Rémy-de Luz de Valois, contessa de La Motte (Fontette, 22 luglio 1756Londra, 23 agosto 1791), fu una nobildonna francese, che è ricordata per il suo ruolo nell'affare della collana di Maria Antonietta.

Biografia

Gioventù

Jeanne nacque come secondogenita di Henry de Saint-Rémy, barone di Luz, e di sua moglie Marie Jossel a Fontette. Suo padre proveniva dall'antica nobiltà francese, in quanto discendente di Enrico di Saint-Rémy, il figlio illegittimo di Enrico II e della sua amante Nicole de Savigny. Nonostante ciò, viveva in condizione di povertà. La madre di Jeanne, invece, era una cittadina comune. Nel 1760,[1] per sfuggire dai creditori, i suoi genitori si trasferirono da Fontette a Boulogne, oggi Boulogne-Billancourt, con i due figli maggiori, Jacques (17511785) e Jeanne. Lasciarono invece la seconda e più giovane figlia, Marie-Anne (17571786), presso un contadino locale. Presto Jeanne divebbe orfana: il padre morì nel febbraio 1761 e la madre lo seguì l'anno seguente, dopo aver dato alla luce una terza bambina, Marguerite. Per mantenersi, i fratelli furono costretti a mendicare.

Grazie alla sua discendenza reale, quando aveva 8 anni,[2] Jeanne attirò le attenzioni di Adrienne-Marie-Madeleine d'Hallencourt, marchesa di Boulainvilliers. Nelle sue memorie, Jeanne raccontò una storia commovente in cui, ancora orfana mendicante, incontrò per caso per strada la marchesa. La verità era molto meno drammatica: i tre fratelli bisognosi furono raccomandati alla marchesa d'Hallencourt dal parroco di Boulogne.[3] La nobildonna si prese cura degli orfani e il 9 dicembre 1776,[4] dopo la conferma del loro albero genealogico e della loro discendenza reale, i loro titoli vennero riconosciuti legittimi[5] e fu assegnata loro una pensione del Consiglio reale delle finanze di Luigi XV, come spettava di diritto alle famiglie nobili ma cadute in povertà.[6]

Jacques ottenne un posto gratuito presso la scuola per ufficiali di marina, mentre Jeanne e sua sorella Marie-Anne furono inviate al monastero delle Orsoline di Ligny-en-Barrois a spese di Madame de Boulainvilliers a partire dal 1763.[7] Nel frattempo, la sorellina Marguerite morì di vaiolo. All'età di 14 anni[8] Jeanne iniziò la formazione come sarta in un salone di moda parigino, ma non completò l'apprendistato. Quando aveva 16 anni, lei e sua sorella furono mandate all'abbazia di Notre-Dame d'Yerres,[9] perché le due avrebbero dovuto diventare suore. Dopo due anni si trasferirono nell'abbazia di Longchamp. Nelle sue memorie, Jeanne afferma di essere entrata volontariamente nel monastero per sfuggire alle avance di Anne Gabriel Henri Bernard de Boulainvilliers, marito della sua protettrice. Quando la superiora di Longchamp esortò le due sorelle a prendere i voti religiosi come monache, le due fuggirono dal monastero, rifugiandosi a Bar-sur-Aube, dove, dopo un breve soggiorno in una fatiscente locanda, alloggiarono presso la zia, Madame Clausse de Suremont,[10] moglie del governatore locale. Lì Jeanne conobbe il giovane Jacques Claude Beugnot, in seguito ministro francese, che si innamorò perdutamente della ragazza, ma il padre del ragazzo lo mandò a Parigi per evitare possibili complicazioni. Sempre a casa di sua zia, Jeanne conobbe anche il nipote della famiglia, Antoine-Nicolas de la Motte, ufficiale della gendarmeria e membro della piccola nobiltà della Champagne, che Jeanne sposò il 6 giugno 1780.[11] Sua sorella minore si ritirò poi a nell'abbazia di Jarcy vicino a Brie-Comte-Robert, ritornando alla vita religiosa. Jacques morì nell'isola di Saint-Louis.

Problemi finanziari e l'incontro con Rohan

Il cardinale di Rohan

Il matrimonio non cambiò la difficile situazione finanziaria di Jeanne: suo marito versava in condizioni finanziarie non molto migliori delle sue. Circa dopo un mese dal matrimonio, la coppia ebbe due gemelli. I figli di Jeanne e Nicholas, purtroppo, vennero a mancare dopo poche settimane. La coppia prese il titolo di Conte e Contessa de La Motte e si recò a Lunéville, dove Nicolas de La Motte si riunì al suo reggimento. Tuttavia, la pensione di Jeanne non era sufficiente per lei e suo marito, e così la coppia per mantenersi a galla dovette ricorrere a truffe e prestiti.

Nel settembre 1781 Jeanne incontrò di nuovo a Saverne la sua precedente mecenate, la marchesa di Boulainvilliers.[12] Costei presentò la giovane donna al cardinale Louis-René-Édouard de Rohan. Questo incontro si rivelerà in seguito estremamente redditizio per Jeanne, sia a lungo sia a breve termine: poco dopo essersi conosciuti, grazie alla sua raccomandazione, il marito di Jeanne ricevette un posto nella guardia di Conte Artois nell'ottobre 1781. Il titolo di Conte fu accidentalmente inserito nel certificato di nomina di Nicolas de La Motte, così lui e sua moglie da quel momento in poi si chiamarono ufficialmente Conte e Contessa de La Motte.[13]

La coppia si recò a Parigi alla fine di ottobre 1781 e inizialmente affittò una stanza nell'Hôtel particulier de Reims in Rue de la Verrerie per tentare lì la fortuna. Jeanne voleva sfruttare la sua discendenza reale a Versailles e quindi affittò una stanza in Place Dauphine. Cercò ripetutamente di ottenere un'udienza con i membri della famiglia reale per aumentare la sua pensione. Le sue origini reali avrebbero dovuto favorirla, ma non fu così. La duchessa di Polignac, ad esempio, si rifiutò di concederle un'udienza con la regina nonostante la richiesta scritta di Jeanne. Anche un finto svenimento in presenza della regina stessa non la aiutò ad ottenere un incontro.

La coppia viveva in condizioni estremamente disagiate e accumulava sempre più debiti. Per paura dei suoi creditori, Nicolas si rifugiò temporaneamente anche a Brie-Comte-Robert e nel 1783 i due portarono in salvo i loro mobili a scopo precauzionale perché temevano che venissero sequestrati.[14] Già nel novembre 1782, i coniugi de La Motte dovevano così tanto denaro al loro padrone di casa che, dopo un'accesa discussione, dovettero trasferirsi dall'Hôtel de Reims e trasferirsi in un altro locale in rue Neuve-Saint-Gilles. Sebbene la pensione di Jeanne fosse stata aumentata a 1500 lire il 18 gennaio 1784 per intercessione di Maria Giuseppina di Savoia,[15] le preoccupazioni legate al denaro rimasero incessanti.[16] Nell'aprile dello stesso anno, Jeanne vendette il suo diritto alla pensione annua concessa dal re per 6.000 lire.[17]

Nel frattempo aveva incontrato di nuovo il cardinale Rohan,[18] che dopo la morte della marchesa di Boulainvilliers a volte aiutava Jeanne, completamente squattrinata, con piccole somme di denaro.[19] Jeanne, sebbene non fosse riuscita a conquistarlo al loro primo incontro a Saverne, riuscì a farlo a Parigi nel 1782: alla fine dell'anno era divenuta la sua amante.[18] Ben presto, il rapporto tra i due iniziò a diventare più profondo e lei non fu solo la sua amante, ma anche la sua intima confidente.

L'affare della collana

Lo stesso argomento in dettaglio: Affare della collana.
Jeanne de La Motte

«Aveva tutti gli artifici di una Circe!»

Con lo scopo di estorcere denaro al cardinale Louis de Rohan, Jeanne Valois lo ingannò facendogli credere di avere una corrispondenza con la regina Maria Antonietta. Riuscì, con i soldi che il cardinale credeva destinati alle opere di carità della regina, a guadagnarsi un posto nell'alta società francese e a diffondere l'idea che fosse in ottimi rapporti con Maria Antonietta.

Quando due gioiellieri parigini pensarono di usarla per vendere una preziosissima collana di diamanti alla Regina, Jeanne Valois ne approfittò. Fece credere che Maria Antonietta avesse accettato e che Rohan fosse il suo intermediario.

Lo scandalo scoppiò quando i due gioiellieri si lamentarono con la Regina per il mancato pagamento, e la donna affermò di non aver mai acquistato la collana. Maria Antonietta non fu condannata, ma nell'opinione pubblica si diffuse la convinzione che la regina fosse stata capace di sperperare 1.600.000 livre pur di sfogare il proprio odio nei confronti del cardinale.

Esilio e morte

La contessa de la Motte fu condannata a essere flagellata e rinchiusa nella prigione di Salpêtrière, fu inoltre marchiata a fuoco con la lettera V, iniziale della parola francese "voleuse" che significa "ladra". Riuscì a scappare a Londra, dove pubblicò le sue Mémoires, nelle quali si dichiarava innocente. Morì nella capitale inglese gettandosi dalla finestra del suo appartamento, al secondo piano, nel tentativo di sfuggire agli ufficiali giudiziari.

Nella cultura di massa

  • Non mancano opere sullo scandalo della collana. La collana della regina è un libro di Dumas. Il primo film ispirato allo scandalo della collana è il film francese del 1929 Le collier de la Reine, con Marcelle Chantal che interpreta la contessa De La Motte e Diana Karenne nel doppio ruolo di Maria Antonietta e Oliva. Nel 1946, sempre in Francia, uscì un altro film per la regia di Marcel L'Herbier, con Marion Dorian, Maurice Escande, Viviane Romance e intitolato appunto La collana della Regina. L'intrigo della collana è un film del 2001 diretto da Charles Shyer, con Hilary Swank nel ruolo della contessa; nel film la sua figura è ampiamente rivista e nobilitata.
  • Gabriele D'Annunzio nel 1935 le dedica un significativo passo delle Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire, pubblicato da Mondadori.

Note

  1. ^ Lernet-Holenia, p. 13.
  2. ^ Trowbridge, p. 213.
  3. ^ Lever, p. 73.
  4. ^ Hastier, p. 138.
  5. ^ Campardon, p. 23.
  6. ^ La pensione ammontava a circa 900 livres all'anno per le ragazze, 1000 per il fratello.
  7. ^ Lever, p. 74.
  8. ^ Zweig, p. 168.
  9. ^ Trowbridge, p. 218.
  10. ^ Campardon, p. 179.
  11. ^ Campardon, p. 273.
  12. ^ Haslip, p. 231.
  13. ^ Lever, p. 77.
  14. ^ Campardon, p. 56.
  15. ^ Campardon, p. 57.
  16. ^ Hastier, p. 146.
  17. ^ Lernet-Holenia, p. 56.
  18. ^ a b Haslip, p. 232.
  19. ^ (DE) Évelyne Lever, Marie Antoinette. Die Biographie, Düsseldorf, Albatros, 2004, p. 292, ISBN 3-491-96126-2.
  20. ^ Joan Haslip, Maria Antonietta, Milano, Longanesi, 1999, pp. 193-194.

Bibliografia

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